Salute

Come funziona quando decidi di donare il midollo osseo

La donazione del midollo osseo è la principale opzione di cura per diverse malattie; oggi, nell'80 percento dei casi avviene con un prelievo dal sangue.
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Illustrazione di Taras Livyy via A

“Non pensavo che un gesto che può sembrare complesso, con cui si può salvare una vita, si risolvesse stando sdraiati una mattinata,” scherza Davide Borghero parlando della sua donazione di midollo osseo. È il 2017, lui ha da poco compiuto 18 anni e vuole diventare donatore di sangue: “La dottoressa che sovrintendeva i controlli previsti mi ha chiesto se volessi iscrivermi anche per donare il midollo osseo, spiegandomi come funzionava la cosa, e ho accettato.” Dopo poche settimane, Borghero riceve una chiamata: è compatibile con una persona in attesa di trapianto.

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Come molti, prima delle spiegazioni del medico del centro trasfusionale, Borghero non aveva troppe informazioni sulla donazione di midollo osseo né conosceva persone che l’avessero fatta—sapeva solo che c’è chi resta in lista per anni, senza mai essere chiamato. “Per questo sono rimasto sorpreso, quando dopo poche settimane ho ricevuto la telefonata.”

La donazione di midollo osseo—o, più correttamente, delle cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo o dal sangue—serve per il trapianto in una persona che abbia bisogno di normalizzare la produzione e la funzionalità delle sue cellule ematiche. È la principale opzione di cura per diverse malattie: tumori come leucemie e linfomi, ma anche alcuni tumori solidi; malattie genetiche come talassemie, anemia falciforme, alcune malattie dei sistemi metabolici; e nel caso di alcune mielodisplasie che potrebbero sfociare in malattie tumorali.

Se la persona in attesa di trapianto non trova un potenziale donatore all’interno della famiglia, se ne può cercare uno tra gli iscritti e le iscritte al registro nazionale dei donatori di midollo osseo, l’IBMDR.

Per sensibilizzare e informare sulla donazione del midollo osseo e delle cellule staminali emopoietiche, fino al 25 settembre è in corso la campagna nazionale “Match it Now”, promossa tra gli altri dal Ministero della salute, e attraverso la quale siamo entrati in contatto con le persone intervistate in questo articolo.

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IL REGISTRO PER DIVENTARE DONATORI DI MIDOLLO OSSEO

“I donatori da registro possono donare dai 18 ai 55 anni,” spiega la dottoressa Aurora Vassanelli, del dipartimento di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e coordinatrice della commissione SIMTI per la tutela del donatore. “C’è un limite però per l’iscrizione al registro, che può essere fatta fino ai 35 anni.”

In Italia, in media, c’è una donazione per ogni 500 persone iscritte, ma la probabilità di trovare un donatore compatibile tra la popolazione generale è di 1 a 100.000, dice Vassanelli.

Definita dalla legge come un atto volontario, gratuito e anonimo, la donazione prevede due momenti. Uno, diciamo preliminare, in cui ci si iscrive all’IBMDR: si raccolgono le informazioni di salute, si sottoscrive un consenso informato e si effettua un prelievo di sangue o di saliva per essere “tipizzati”, ovvero per identificare il codice individuale (HLA) con cui si potrà definire la compatibilità con un ricevente, in qualsiasi parte del mondo. Il secondo momento, invece, è quello che può portare alla donazione vera e propria, e inizia quando viene identificata la compatibilità con un paziente. 

La donazione non ha quindi una periodicità: si fa una sola volta, raramente due, e per un singolo ricevente ben identificato, ricorda Vassanelli. Esistono due tipi di procedure, scelte caso per caso: rispetto al passato, oggi soltanto due volte su dieci le cellule vengono raccolte con un ago specifico, in sala operatoria e sotto anestesia, dalle creste iliache del bacino—una zona dove le cellule sono abbondanti, facilmente accessibili e lontane dagli organi vitali. Nell’80 percento dei casi, invece, vengono prelevate dal sangue. 

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COME AVVIENE LA DONAZIONE DI MIDOLLO OSSEO

Questo è quello che è successo anche a Borghero. “[Dopo la chiamata] Ho dovuto fare ulteriori controlli che confermassero la mia compatibilità, mi è stato nuovamente chiesto se fossi convinto di donare il midollo, dopodiché è stata programmata una data,” racconta. “Per qualche giorno prima della donazione ho dovuto fare delle punture, il [cosiddetto] fattore di crescita, che stimolassero la produzione da parte del mio corpo delle cellule staminali necessarie. Poi sono andato in ospedale la mattina, [e il procedimento è stato] simile alla donazione del plasma: da un braccio prelevavano il sangue, che entrava in una macchina in grado di separare le cellule, e mi veniva re-iniettato nell’altro braccio.” In giornata, è tornato a casa.

Il prelievo dal midollo del bacino—quello che fino a 30 anni fa si faceva nella totalità dei casi e dura circa 40 minuti—richiede invece il ricovero la notte precedente per motivi organizzativi e può comportare qualche fastidio, anche legato all’anestesia. “Un po’ di mal di schiena nel punto del prelievo, come aver preso una pallonata o essere caduti dai pattini. Passa in due giorni, solitamente,” rassicura il medico. Per questo tipo di donazione “prescriviamo sempre cinque giorni di riposo, che non sono di malattia ma fanno parte della donazione, che comprende il giorno del prelievo e i giorni previsti per il recupero.” Questi giorni, insomma, sono giustificati (e riconosciuti come regolari giornate retribuite) a scuola e a lavoro.

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Tornando alla donazione attraverso il sangue: a Borghero non è successo, ma prima del prelievo, il fattore di crescita può causare dolori ossei, simili a quelli influenzali. “Nel sangue queste cellule normalmente non ci sono, devono essere in qualche modo indotte a uscire dal midollo [ed entrare in circolo] per essere prelevate,” spiega Vassanelli. A questo serve il farmaco. Post-donazione, i giorni di recupero previsti sono due. “Una volta su cinque circa c’è bisogno di ripetere la procedura anche il giorno successivo, ma si fa al massimo due volte—mai una terza,” aggiunge la dottoressa.

Uno di quei casi su cinque è quello di Tiziana Vivenzi, mamma e insegnante di nuoto, che ha donato nel 2015. Insieme al marito si era convinta a iscriversi al registro dei donatori grazie a un amico di famiglia, clown di corsia, che aveva perso il fratello a causa di una leucemia. “Finché non conosci qualcuno che ne parla magari non sei consapevole di questa possibilità. C’è ancora tanta paura dovuta all’ignoranza, le persone non sanno come avviene, che è semplice e costa pochissimi sacrifici,” dice.

Vivenzi si è tipizzata in piazza, nel 2013, durante una giornata di sensibilizzazione promossa da alcune associazioni. “Dopo due anni mi è arrivata una chiamata in cui mi si diceva che ero risultata compatibile con una persona in attesa di trapianto e mi hanno chiesto se ero ancora intenzionata a donare,” ricorda.

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A quella chiamata ne segue un’altra e poi visite, elettrocardiogramma, ecografie, esami del sangue per accertare il suo stato di salute. “I controlli sono stati tanti e molto scrupolosi, mi sono sentita molto tutelata,” dice. Anche lei ha donato tramite prelievo del sangue.

Le cellule staminali del midollo hanno una grandissima capacità di rigenerazione che permette al donatore di recuperare tutta la piccola quota della donazione in pochi giorni, chiarisce la dottoressa Vassanelli. I controlli previsti sono a un mese, a tre mesi, a sei mesi e a un anno, per dieci anni—nella prima settimana sono previsti due ulteriori controlli per chi dona attraverso prelievo di sangue, poi si prende lo stesso ritmo.

PERCHÉ È IMPORTANTE DONARE DA GIOVANI

Coinvolgere i giovani è particolarmente importante: “Sappiamo che più bassa è l’età del donatore e più favorevole è l’andamento del trapianto,” dice la dottoressa Vassanelli, facendo inoltre notare che molti di loro arrivano a donare entro due anni dall’iscrizione all’IBMDR. Chiunque sia interessato a registrarsi, consiglia, può collegarsi alla piattaforma del registro ed effettuare una pre-iscrizione online per essere contattato; oppure rivolgersi al centro donatori più vicino o alle associazioni di settore, come ADMO e ADOCES.

Vassanelli spiega che la riservatezza è una tutela sia per il donatore che per il ricevente: “È facilissimo purtroppo creare un legame, che lì per lì sembra una cosa bella, ma ha un rischio altissimo di assumere dinamiche negative e poco controllabili.” Nel caso di una seconda donazione, per esempio, non possiamo rischiare che si creino pressioni per il donatore o il ricevente, avverte—e anche emotivamente, aggiunge, si possono instaurare dinamiche complicate.

Borghero e Vivenzi, ovviamente, non sanno chi ha avuto le loro cellule [e qui riportiamo i loro nomi perché sono già comparsi all’interno di articoli e campagne, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli che potrebbero identificarli presso la persona ricevente]. Attraverso il registro donatori, hanno accettato di ricevere un messaggio di ringraziamento, in forma anonima. “È stato bello ricevere anche questo riscontro, ma l’avrei fatto a prescindere,” commenta Borghero. “La donazione lascia tantissimo, è una cosa che ti porti dentro,” dice Vivenzi. “L’idea che i medici abbiano detto alla persona ‘abbiamo trovato un donatore ed è disposto a donare’ è quello che mi fa venire i brividi di cui parlavo.”

Per sapere di più sulla campagna Match It Now e la Settimana nazionale per la donazione di midollo osseo e cellule staminali emopoietiche, visita il sito.