paura di andare al ristorante
L'autrice al ristorante prima del Covid-19. Foto per gentile concessione di Andrea Marzocchi
Cibo

I ristoranti riaprono. Ma perché io non ho voglia di tornarci?

Andare al ristorante non sarà più la stessa cosa di prima, per un sacco di tempo.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

"Ora che devo alzare il telefono e prenotare, mettermi la mascherina, disinfettarmi le mani e stare a distanza dal cameriere… non so se ne ho voglia"

Da lunedì 18 maggio in Italia riaprono i ristoranti (fatta eccezione per regioni come la Campania e Piemonte). Dovrei essere felice. E invece sono confusa.

Prima della crisi Covid-19 andavo spessissimo al ristorante. Almeno un paio di pranzi o cene a settimana per lavoro, e minimo un’altra uscita insieme al mio ragazzo. Le uscite al ristorante sono qualcosa che ha scandito la nostra relazione dagli inizi, un appuntamento settimanale che poteva assumere diverse forme, dall’hamburgeria trucida al bistrot fighetto. L’altro giorno lui era contento all’ipotesi di poterci tornare e iniziava a programmare le prime uscite, in città e fuori città. E io invece ero - com’ero? Dentro di me si agitavano sensazioni molto contrastanti.

Pubblicità

"La percezione del rischio è soggettiva per ognuno di noi. Non è detto che andare al ristorante sia più pericoloso che andare al supermercato, ma essendo un'attività 'superflua' le persone la investono di maggior cautela."

Molti italiani hanno paura di tornare al ristorante. E io, lo ammetto con vergogna, sono tra di loro. Secondo un'indagine di The Fork il 57% degli italiani pensa di ridurre o addirittura annullare i pasti fuori casa. ⁠Il 43% degli intervistati è frenato dall’andare al ristorante per paura del contagio. È davvero il caso di svolgere un'attività superflua come andare a cena fuori, dice una vocina nella mia testa? Come faccio ad essere sicura che verranno mantenuti gli standard di distanziamento e sanificazione? Questo, però, è un ragionamento che andrà applicato a ogni nuova attività che ci verrà permesso fare. Ogni nuova "concessione" significhera soppesare rischi e voglie, responsabilità individuale e senso civico.

"Ovviamente mangiare al ristorante non è solo l'esperienza del nutrirsi. È un atto investito dei valori di socialità, convivialità, condivisione"

"La percezione del rischio è soggettiva per ognuno di noi," mi spiegala psicoterapeuta Lara Ferrari. "Andare al ristorante è un'attività non necessaria e completamente rimandabile. C'è chi ha paura; chi pensa si trasformerà in un'attività di prigionia, e non di svago, tra plexiglass e mascherina; e anche chi si sente tranquillo, almeno dai colloqui che sto facendo io, pensa più alla possibilità di cenare ai tavoli all'aperto che al chiuso. Non è detto che andare al ristorante sia più pericoloso che andare al supermercato. Ma essendo un'attività 'superflua' le persone la investono di maggior cautela."

Pubblicità

Infatti il problema non è tanto la paura. La sensazione prevalente è soprattutto un’altra. I ristoranti a cui avevo voglia di andare non sono gli stessi di adesso. I piatti potranno essere gli stessi. La gentilezza e l'efficienza del servizio pure. Idem la carta dei vini. Ehi, i bagni saranno più puliti!, e il distanziamento sociale sarà un modo per stare lontani da eventuali vicini rumorosi. Ma qualcosa, nell'essenza profonda del recarsi al ristorante, è cambiato. E non so se, e quando, tornerà lo stesso di prima. Sempre dall'indagine di The Fork, il 27% degli intervistati sostiene invece che con tutte le disposizioni di sicurezza che verranno applicate, l’esperienza sarà poco piacevole.

Qualche ristoratore ha trovato soluzioni divertenti per il distanziamento sociale. I tubi da piscina sulla testa, i manichini seduti ai tavoli, perfino i pupazzi di panda. Sicuramente soluzioni che possono essere divertenti se ci rechiamo al ristorante con gli amici. Ma sono appropriate per una cena romantica (qualunque sia la vostra definizione di romantico, non credo includa un cameriere che finge di parlare con un manichino al tavolo a fianco)? O per un pranzo di lavoro. Aspetta, si possono ancora fare i pranzi di lavoro?

"E tutto questo mi fa sentire in colpa. Orribilmente in colpa. Perché io lo sento come un dovere morale, quello di tornare al ristorante"

Altri ristoratori stanno invece mettendo in pratica soluzioni di oggettiva bruttezza: tende da doccia fra i tavoli, pannelli di plastica, per citarne alcuni. Non che io frequenti solo ristoranti di un certo livello, intendiamoci, ma avere un divisorio di plastica è oggettivamente alienante anche quando ci si sfonda di ravioli in un cinese trucido. "Ovviamente mangiare al ristorante non è solo l'esperienza del nutrirsi. È un atto investito dei valori di socialità, convivialità, condivisione," aggiunge Lara.

Pubblicità

E tutto questo mi fa sentire in colpa. Orribilmente in colpa. Perché io lo sento come un dovere morale, quello di tornare al ristorante. So bene di quale portata sia la crisi nera che sta investendo il settore: leggo, mi informo, parlo con amici chef e ristoratori. Molti non riapriranno. Chi lo farà avrà i coperti ridotti e sarà reduce da due mesi di zero entrate, o quasi. Era facile aiutarli da casa, ordinando il delivery. Ora che devo alzare il telefono e prenotare, mettermi la mascherina, disinfettarmi le mani appena entrata, stare a distanza dal cameriere, non so se ne ho voglia. Però lo farò.

Andare al ristorante per me non sarà scoprire posti nuovi, togliermi sfizi e curiosità, godermi l'atmosfera. Andare al ristorante sarà rivedere i posti a cui sono affezionata. Tornarci e pensare: ci sono. Sono ancora lì. E io sono qui per voi. Siete stati coraggiosi a riaprire e io voglio darvi una mano.

Avrò l'ansia di disinfettarmi le mani. L'atmosfera sarà post-apocalittica. Ma ci andrò. E se posso dare un consiglio: se in questo momento è una scelta che potete permettervi, economicamente e logisticamente, andateci anche voi. Alcuni ristoranti hanno fatto la scelta di non aprire finché non ci saranno più necessità di distanziamento sociale e non potranno farlo "alle loro condizioni". Altri invece si stanno organizzando per riaprire. Ma non possiamo pretendere che tutti i locali che amiamo siano ancora lì, quando vorremo andarci, se nel mentre non gli avremo dato una mano. Sempre secondo l'indagine di The Fork, l’86% degli utenti tornerà al ristorante entro 3 mesi dalla riapertura, facendo più attenzione al conto.

"Quest'esperienza ci ha tirato fuori il senso di comunità. Non in tutte le circostanze, certo, basti pensare a chi dal balcone denunciava i runner," conclude Lara. "Ma io sono sicura che arriverà il senso di solidarietà e ci daremo tutti una mano a rimetterci in moto. Però all'inizio è normale che prevalga l'istinto di sopravvivenza individuale e le abitudini più rassicuranti che ci siamo costruiti in questi mesi, come il delivery."

Segui Giorgia su Instagram

Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram