Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!
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Qualche settimana fa, Volkswagen ha ammesso di aver truccato i suoi motori diesel istallando un software in grado di alterarne le prestazioni in fase di test. Sembrava che lo scandalo che ne è derivato avrebbe rappresentato la fine di un’era per l’industria automobilistica mondiale—e invece che cos’è cambiato finora?
Nei giorni immediatamente successivi all’ammissione della truffa da parte di Volkswagen, giornali e televisioni si sono lanciati nei soliti sensazionalismi: l’Economist ha messo in copertina l’ipotesi della “morte del diesel,” mentre secondo Business Insider lo scandalo avrebbe avuto effetti devastanti su tutto il mondo dell’auto—sulla base delle considerazioni contenute in un rapporto diDeutsche Bank che parlava dei rischi legati a nuove e più dure regolamentazioni imposte al settore dopo lo scandalo.
A detta di Nick Molden—fondatore e CEO di Emissions Analytics, una società di analisi sistematica dei dati sulle emissioni automobilistiche—tutte le compagnie automobilistiche con catene produttive simili avrebbero partecipato in varie forme, più o meno gravi, a simili raggiri. Solo l’anno scorso infatti, sulla base di oltre mille test realizzati da Molden, l’International Council for Clean Transportation aveva dimostrato che un’auto diesel media circolante in Europa ha emissioni da quattro a sette volte più alte rispetto al limite legale: una volta portate su strada, il 90 percento delle nuove auto diesel europee mostralivelli pìù elevati di quanto previsto dai regolatori.
Non è un problema da poco, visto che l’inquinamento ha effetti sulla vita delle persone: i gas delle emissioni infiammano i polmoni, scatenavano asma e bronchiti e aumentano il rischio di malattie cardiovascolari e infarti. Solo in Gran Bretagna, ogni anno si registrano almeno 23mila morti premature legate a questo tipo di inquinamento, e secondo il New York Times le emissioni non rilevate grazie alla truffa di Volkswagenpotrebbero aver causato la morte di 106 persone l’anno. Ancor più dura l’analisi di Vox, secondo cui gli 11 milioni di veicoli coinvolti nello scandalo potrebbero aver aumentato del 22 percento il numero di morti direttamente collegabili alle emissioni.
Che numeri si ottengono se si moltiplicano queste stime per il numero di cause automobilistiche i cui veicoli hanno emissioni sopra la media? Si tratta di una domanda importante, perché costituisce la linea di demarcazione tra un caso isolato e un problema sistemico. Nel primo caso bastano le dimissioni dei dirigenti coinvolti, come avvenuto nel caso di Volkswagen. Nel secondo, è difficile uscirne senza una revisione delle regole esistenti e senza lo sforzo da parte dei consumatori di fare scelte che rendano il futuro maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale.
Eppure, nonostante le inchieste si stiano allargando a macchia d’olio—negli Stati Uniti sono sotto indagine Chrysler, General Motors, Land Rover e Mercedes Benz—la multa di 18 miliardi ipotizzata inizialmente per Volkswagen sta venendo pian piano ridimensionata. Allo stesso tempo, chi fa le leggi non sembra essere particolarmente preoccupato dalla questione—tanto che proprio in questi giorni la Commissione Europea ha deciso di concedere ai produttori automobilistici due anni in più per mettersi in regola con gli standard di emissioni: i nuovi modelli avranno tempo fino al 2019, le nuove automobili basate su modelli vecchi fino al 2020.
Una scelta che sembra andare in netta contrapposizione rispetto all’obiettivo, fissato nel 2012 dalla stessa Commissione, di implementare rigorosi controlli su strada—e non solo in laboratorio—entro il 2017. Ma la cosa ancora più sconcertante è che la prima regolamentazione per introdurre i test su strada in Europa risale al 2007, e da allora numerosi parlamentari europei hanno lamentano continui rinvii all’effettiva messa in pratica della legge a causa di interventi lobbistici a Bruxelles.
Sempre secondo il Financial Times, a tutto questo si aggiungerebbero le preoccupazioni dei governi di Spagna e Italia—due paesi specializzati in componentistica e in generale in settori produttivi a basso valore aggiunto. Il timore è che un’eventuale riorganizzazione produttiva dell’industria automobilistica volta a rispettare le nuove regole porti a meno posti di lavoro, una cosa decisamente pericolosa a livello elettorale.
D’altro canto, gli elettori stessi non sembrano minimamente scandalizzati dallo “scandalo” Volkswagen. A settembre, in Inghilterra si è registrato il record di immatricolazioni automobilistiche—in aumento del 4,1 percento e del 12,3 percento per le auto diesel e benzina; mentre negli Stati Uniti, le vendite di Volkswagen sono aumentate del 6,3 percento.
La verità, forse, è che a noi consumatori dell’ambiente, della salute e delle emissioni ce ne importa solo fino a un certo punto—come si può notare guardando i trend di ricerca Google per “volkswagen usata,” come mostrano un picco proprio a settembre 2015.
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