
Tutte le foto di Federico Tribbioli
Per me Beppe Grillo è patrimonio mondiale dell’umanità come le Dolomiti, la Costiera Amalfitana o la musica.
On. Roberto Fico
Non date retta a chi ha parlato della manifestazione a sostegno di Beppe Grillo (tenutasi il 18 giugno in Piazza Montecitorio) in termini di “flop” e “fallimento”. È vero: c’erano poche persone, perlopiù avanti con l’età; non si è detto praticamente nulla e non si è concluso alcunché; e, in fondo, si trattava semplicemente di un sit-in a sostegno del Capo, con rimandi nemmeno troppo velati alle pratiche di piazza berlusconiane. Ma c’è stato anche dell’altro.
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Quando arrivo davanti a Montecitorio i sanpietrini sono bollenti, il deputato Alessandro Di Battista è sommerso dalle telecamere e la ggente è abbastanza su di giri. Un simpatizzante grida: “Non si scende da un treno in corsa! Per andare sul treno ci vuole il biglietto!” Un signore di 70 anni, che dice di essere un ex elettore di centrodestra, esclama a voce alta: “Questi nun hanno capito che siamo noi che comandamo!”. Un altro vecchio—quello più viscerale e scalmanato di tutti—brandisce un megafono e ammonisce i giornalisti presenti in piazza: “Voi con quelle telecamere annate nelle borgate, che c’è la fame!” Poi si rivolge direttamente al Parlamento e urla di fronte ai carabinieri dietro le transenne: “Voi siete tutti delle serpi velenose e puzzate più della merda!”
Il primo a parlare nell’”agorà” a 5 stelle è un attivista, che esordisce esprimendo “solidarietà ai nostri portavoce” e attacca il nemico di sempre, la stampa: “I giornalisti si occupano dei nostri piccoli problemi dovuti alla nostra inesperienza. Sicuramente ci sono dei furbetti tra i deputati, ma il MoVimento non perdona.” Nel frattempo, un tizio srotola un cartellone che indica i dissidenti che hanno “tradito la fiducia di nove milioni di elettori.” Una signora, guardando le foto, ribadisce: “Hanno tradito un sogno. Beppe Grillo ha dato un sogno agli italiani. Se vergognassero.“
Questa specie di assemblea si trascina stancamente fino alle 10.45—l’ora esatta in cui si verifica l’Evento, lo Spartiacque nella storia politica del nostro Paese, il Momento in cui il “profeta del condom” Gabriele Paolini prende la parola e completa la sua trasformazione da freak-disturbatore televisivo per antonomasia a tribuno politico di alto lignaggio. Basta guardare il suo applauditissimo intervento—sotto lo sguardo vigile di Nonna Annarella, aggiungo—per rendersene conto.
Eppure non doveva finire così. Nelle linee guida dell’evento postate su Facebook, gli organizzatori avevano auspicato una nutrita partecipazione e stilato una specie di decalogo per arginare eventuali provocazioni dei giornalisti: “Siamo lì per manifestare il nostro affetto a Beppe Grillo e ai nostri deputati e senatori. Il fatto che vi sia aria di dissidenza dev’essere considerato quasi ‘ACCIDENTALE’. […]In soldoni, [bisogna] sminuire i problemi, liquidare con una risata le ipotesi di scissione, accogliere con uno sbadiglio e una scrollata di spalle le previsioni di fine del MoVimento.”
Il problema principale è che “l’aria di dissidenza” all’interno del M5S è tutt’altro che accidentale: è un fatto sempre più concreto, per non dire dilagante. Lo scorso 7 giugno i deputati tarantini Vincenza Labriola e Alessandro Furnari erano passati al gruppo misto perché—a loro dire—il MoVimento avrebbe “voltato le spalle” all’”Ilva, i suoi drammi e il coinvolgimento della nostra Taranto.” Un comunicato del gruppo M5S alla Camera aveva augurato “buona fortuna” ai due fuoriusciti, finalmente “liberi di disporre di tutto il denaro spettante senza dover più adempiere agli impegni presi con il codice di comportamento e col ‘fastidioso’ Beppe Grillo.”
Sempre lo stesso giorno, il deputato Adriano Zaccagnini aveva pesantemente criticato l’operato dell’assemblea del MoVimento, parlando di paralisi del gruppo in Parlamento: “Ormai l’assemblea non discute dei problemi, ma di questioni burocratiche disciplinari interne. Il disagio di alcune persone è evidente. Non solo non vengono alle riunioni, non si presentano neanche ai lavori d’aula, e l’assemblea non se ne prende cura. Io l’ho detto chiaro: o riprende in mano la gestione delle questioni più importanti del gruppo, o il gruppo non c’è più. I casi come Furnari e Labriola aumenteranno.”
L’11 giugno, in un’intervista a SkyTg24, la senatrice Adele Gambaro ha osato l’impensabile: una critica frontale a Beppe Grillo e alla linea post-elettorale del M5S. “Stiamo pagando i toni e la comunicazione di Beppe Grillo, i suoi post minacciosi, soprattutto quelli contro il Parlamento,” ha detto la Gambaro. “Ci siamo avvicinati al Movimento perché pensavamo che fosse una cosa diversa, e adesso la piega che sta prendendo è molto diversa da quella che era agli inizi.” La senatrice ha poi aggiunto: “Credo che altri all’interno del Parlamento abbiano le mie stesse idee. Il disagio c’è ed è evidente, ma non arriva a un dissenso vero e proprio.”
Le reazioni non si sono fatte attendere. In un post sul blog, Grillo (o chi per lui) ha invitato la Gambaro, colpevole di aver “rilasciato dichiarazioni false e lesive nei miei confronti,” a uscire “al più presto dal M5S.” La pagina “Dissidenti M5S Dimettetevi” ha rilasciato un video (che sfonda agevolmente i limiti della paranoia) molto conciliante con i parlamentari non allineati: “Tutto il vostro elettorato è pronto a mettervi alla gogna mediatica nel caso che per venialità o per ambizioni personali prenderete la decisione di rimanere incollati al vostro cadreghino dentro le istituzioni. Non avete più alcun vincolo di mandato, fate una scelta saggia e dimettetevi, eviterete di essere ricordati come dei luridi malfattori.”
Vito Crimi e i cosiddetti falchi hanno spinto per la procedura di espulsione, culminata il 17 giugno nell’assemblea che ha proposto l’allontanamento della senatrice con 79 voti favorevoli, 42 contrari e 9 astensioni. Il giudizio finale sulle sorti della Gambaro spetterà alla Santa Inquisizione Dell’Internets alla Rete, che lo scorso maggio aveva ratificato l’espulsione del deputato Mastrangeli con uno striminzito 89 percento dei voti. Il deputato Manlio Di Stefano ha salutato con entusiasmo la decisione dell’assemblea scrivendo su Facebook: “Spero vivamente che il M5S perda tutti gli elementi nocivi, tutti quegli elementi tossici che possono ‘infettare’, anche solo involontariamente, tutti gli altri. E’ un po’ la legge di Darwin ‘sopravvivono i più forti, i non deboli.”
Nella categoria degli “elementi tossici” fa sicuramente parte la deputata Paola Pinna, che in un’intervista alla Stampa del 15 giugno ha difeso la senatrice Gambaro (“Se la scelta fosse tra Grillo e la Gambaro per me sarebbe una scelta tra schiavitù e libertà. Io scelgo la libertà”) e parlato di un “clima di sospetto” e “controllo dell’attività degli altri” all’interno del M5S. La posizione della Cittadinaportavoce si è ulteriormente aggravata dopo un’altra intervista concessa a Piazza Pulita e lo sfottò di Roberta Lombardi: “Non abbiamo mai visto questa persona alle nostre assemblee. Molti di noi non sapevano neppure della sua esistenza. L’unica assemblea a cui ha presenziato sembrandoci molto coinvolta è stata quella sulla diaria’.’ Stando a quanto riportato dalle agenzie, il deputato Andrea Coletti ha già chiesto di “avviare la procedura di espulsione” per la Pinna. Non è difficile immaginare come andrà a finire.
Negli ultimi giorni, inoltre, diversi quotidiani hanno speculato su una fantomatica scissione del MoVimento, aprendo scenari fantapolitici su nuovi governi PD-Dissidenti Cinquestelle. I parlamentari considerati più critici del M5S hanno categoricamente smentito la circostanza. In tutto ciò, il nuovo capogruppo alla Camera Riccardo Nuti ha denunciato un tentativo di “compravendita” dei deputati a 5 Stelle. Un altro deputato del M5S, Mario Michele Giarrusso, ha espresso una presa di posizione piuttosto dura nei confronti del collega: “Se Nuti ha notizia di una compravendita è suo dovere andare in Procura, altrimenti sono fatti inventati e mi troverei costretto a chiedere la sua espulsione perché così si sta diffamando il Movimento.”
Insomma, è quantomeno borioso ignorare la batosta elettorale alle ultime amministrative e faide interne di simile intensità con una “scrollata di spalle”, oppure addossare tutta la colpa ai media—che pure spesso e volentieri hanno attaccato gratuitamente il MoVimento e i suoi esponenti. Questa volta, infatti, ci sono pochi cazzi: le difficoltà interne del M5S sono state create solo ed esclusivamente dal M5S, e sono state aggravate da una gestione del dissenso da assemblea delle medie.
Per quanto irrilevante in termini numerici e qualitativi, la manifestazione davanti a Montecitorio ha sancito una volta per tutte che per la maggioranza del Movimento il culto della personalità di Beppe Grillo è l’unica, legittima linea politica. Da quella non ci si può discostare. L’adorazione del leader dev’essere granitica: non c’è spazio per tentennamenti o dubbi. E ieri, infatti, le persone hanno difeso Grillo non dagli “attacchi” dei “giudici” o di qualche altro nemico esterno, ma da quelli dei presunti oppositori interni.
In poche parole, il Movimento 5 Stelle è sceso in piazza contro il Movimento 5 Stelle.
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