Foto di Niccolò Berretta e Milos Skakal.
Nello stesso giorno in cui sono usciti gli ennesimi, catastrofici dati sulla disoccupazione—12,5 percento quella generale, in rialzo di 1,6 punti su base annua, e 40,4 percento quella giovanile—il movimento che era sceso in piazza lo scorso 19 ottobre ha deciso di tornare a portare l’“assedio” per le strade di Roma. Dopo la fine dell’acampada a Porta Pia e il deludente incontro con il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi del 22 ottobre 2013, i movimenti per il diritto all’abitare si sono radunati in piazza Montecitorio con l’intento di arrivare a via della Stamperia, dove si tiene la Conferenza Unificata Stato-Regioni sulle politiche abitative.
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Luca Fagiano, attivista del Coordinamento Cittadino Lotta per la Casa, mi spiega le ragioni della protesta del 31 ottobre: “Chiediamo soprattutto il blocco, la moratoria generalizzata degli sfratti che comprenda anche le ‘morosità incolpevoli’, cioè le persone che non ce la fanno più a pagare mutui e affitti impossibili. Chiediamo ovviamente che la moratoria serva a congelare anche l’emorragia quotidiana di sfratti, di tensioni sociali che trasformano la casa in un problema di ordine pubblico e nel frattempo si finanzi un piano di case popolari, soprattutto recuperando e non vendendo il patrimonio esistente.”
Proprio nei giorni scorsi, una serie di sfratti ha evidenziato ancora una volta che l’emergenza abitativa è un problema sempre più
pressante e diffuso. Il 29 ottobre, a Palermo, 16 famiglie sono state sgomberate da uno stabile (disabitato da 28 anni) che avevano occupato qualche mese prima. Durante lo sgombero, un uomo ha anche minacciato di buttarsi dal quinto piano. Il giorno dopo, a Roma, una famiglia di migranti (tra cui tre bambini minorenni) è stata sfrattata da una palazzina di Centocelle. La polizia ha ritenuto di mandare sul luogo un imponente contingente di sei blindati e otto volanti. La donna, Samia, è stata accompagnata da un’ambulanza al policlinico Casilino “in seguito allo choc subito per le modalità di intervento delle forze dell’ordine.” La giornata stessa del 31 ottobre, inoltre, è iniziata in varie parti d’Italia (tra cui Castelfranco Emilia, Torino, Milano, Brescia, Roma) con picchetti, occupazioni e blocchi anti-sfratto.
Il corteo, composto da qualche migliaio di persone (molti gli stranieri), comincia a muoversi verso mezzogiorno. La zona intorno a Palazzo Chigi è presidiata massicciamente dalle forze dell’ordine, che hanno chiuso con dei blindati via del Tritone. Molti negozi hanno abbassato le saracinesche. La tensione si alza quando le trattative tra manifestanti e polizia falliscono e l’accesso a via della Stamperia viene chiuso definitivamente. Partono i primi lanci di uova e fumogeni; gli agenti rispondono con delle brevi cariche.
I manifestanti però non arretrano, restano compatti e cercano di sfondare lo sbarramento dei carabinieri. Verso l’una, alcuni manifestanti cominciano ad arrampicarsi sul tetto di un blindato, e altri cercano di rovesciare le camionette.
Poco dopo, come si può vedere da questo
video pubblicato dalla Questura di Roma, gli agenti sparano diversi lacrimogeni sulla folla, riuscendo a disperdere (per qualche istante) il corteo. Due donne, riporteranno poi le agenzie, accusano un malore a causa dei gas e vengono assistite da un’ambulanza del 118. Una di loro sarà poi trasportata in ospedale. Nove persone sono fermate dalle forze dell’ordine negli scontri in via del Tritone.
I fronteggiamenti tra polizia e manifestanti continuano in via dei Crociferi, una strada parallela vicino alla fontana di Trevi. Il corteo, sotto gli sguardi sia divertiti che preoccupati dei turisti che affollano il centro, converge nuovamente in piazza Montecitorio, determinata a rimanere lì fino alla fine della Conferenza Unificata e al rilascio dei nove fermati.
Parlando con i cronisti in piazza, Paolo di Vetta dei Blocchi Precari Metropolitani dichiara che “la sollevazione è permanente e l’assedio è soltanto cominciato.” Poi, a una domanda sugli scontri in via del Tritone, Di Vetta risponde così: “Noi non siamo pacifici, siamo pieni di rabbia. E questa rabbia la stiamo esprimendo per le strade della città e con l’assedio. È finito il meccanismo che le cose si chiedono con il sorriso sulle labbra. Questo movimento vuole ciò che gli è stato tolto e se lo riprenderà. Contro questo inferno ci vuole questa rabbia.” L’attivista prosegue rivolgendosi ancora ai giornalisti: “Dentro questo paese stanno succedendo cose che trasformano le persone. Quando uno si vede buttato per strada da 100 uomini che arrivano e gli invadono il palazzo, e invece di portare i suoi figli a scuola deve mettersi in una tenda e sperare che l’amministrazione finalmente arrivi e dia una risposta, cosa pensate che si metta a fare?”
Le prime notizie sulla Conferenza Unificata arrivano alle quattro di pomeriggio. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi annuncia che dal primo gennaio 2014 partiranno due fondi operativi per far fronte all’emergenza abitativa: “Il primo sarà costituito da 100 milioni di euro, per il supporto del pagamento degli affitti per i non abbienti, l’altro invece verrà dotato di 40 milioni per le cosiddette ‘morosità incolpevoli’.” Il Governo, sempre secondo quanto dichiarato da Lupi, starebbe inoltre lavorando a una bozza di decreto per varare un terzo fondo da 17,8 milioni di euro che saranno reperiti dalle “risorse sequestrate alla criminalità organizzata.”
In piazza, tuttavia, non c’è troppa soddisfazione per l’esito della Conferenza. Luca Fagiano mi dice che una simile misura “non è sufficiente” perché si tratta solo di “qualche briciola”: “non c’è ancora una scelta chiara per il recupero del patrimonio esistente, per mettere in campo uno stock di case popolari che possa dare una risposta a chi vive in emergenza ma anche produrre un effetto di calmieramento nel mercato degli affitti. Niente di niente.” La verità, continua Fagiano, è che “questi palazzi sembrano impermeabili ai problemi delle persone e ai problemi che loro stessi creano.”
Mentre davanti al Parlamento si fanno timidamente avanti—accolti con una certa freddezza—alcuni parlamentari di Sel e del Movimento 5 Stelle, i manifestanti aspettano la conferma definitiva del rilascio dei fermati (che arriverà alle sette di sera). Approfitto dell’attesa per chiedere a Fagiano qualche delucidazione sul movimento riunitosi in piazza qualche settimana fa: “Il 19 ottobre non era solo una grande opera, casa e reddito per tutti, era molto di più. C’erano gli studenti, tante facce della precarietà che oggi pervade ogni aspetto delle nostre vite. Deve crescere un movimento che ha nella sua agenda una cosa semplice: sovvertire questo sistema che schiaccia le nostre vite.”
La mobilitazione, spiega l’attivista, continuerà ad oltranza finché non si riuscirà a ottenere un risultato tangibile: “Noi siamo sempre stati convinti che bisogna uscire fuori dall’idea della manifestazione rituale. Bisogna costruire dei processi quotidiani, e dove le risposte non arrivano dai palazzi bisogna riuscire direttamente a riprendersi quello che ci spetta. Abbiamo capito che non si può più avere fiducia, che bisogna fare tutto da noi.” Le aspettative sono comunque molto alte: “Il 19 ottobre sembra che sia saltato un tappo, che si sia sbloccata questa situazione così chiusa in cui ognuno di noi aveva paura di scendere in piazza, di rendere pubblici i propri problemi, di manifestare per i propri diritti oggi sia saltato. La prospettiva e la forza che secondo me ha questa piazza è il fatto di mettere insieme queste figure sociali che tornano a parlare un linguaggio comune e a costruire insieme.”
È chiaro che è ancora troppo presto per capire come, e dove, andrà a finire questo tipo di mobilitazione. A differenza del 19 ottobre, che come ricorderete era stata presentata come una specie di Apocalisse “black bloc”, il 31 ottobre è stata una giornata totalmente sottovalutata dai media. Eppure, rileva correttamente Giulio Finotti nel suo blog sull’Espresso, la giornata di ieri ha dimostrato che “negli anni a venire l’Italia dovrà fare i conti con pressioni sempre maggiori che verranno dai ceti più poveri e deboli della società,” ossia una fascia della popolazione in aumento costante.
Del resto, l’Italia sta precipitando sempre di più, come ha scritto Roberto Orsi sul sito della London School of Economics, in una condizione di “desertificazione economica, tracollo demografico, ‘terzomondializzazione’ galoppante, crollo della produzione culturale e un totale caos politico-costituzionale.”
E continuare a concentrarsi ossessivamente su voti palesi, interpretazioni strampalate dei regolamenti parlamentari, Dudù e quant’altro avrà un unico risultato: quello di far esacerbare ulteriormente gli animi e alzare al massimo il livello dello scontro sociale.
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