Questo è il nuovo manifesto dei pro-vita italiani contro l’aborto

È apparso nella giornata di ieri a Roma, in via Gregorio VII, un enorme manifesto di 7×11 metri raffigurante un enorme feto accompagnato da scritte anti-aborto. Il disegno del feto è in CGI, le scritte in un font di dubbio gusto, e il tono tra l’intimidatorio e il mieloso: “Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice. E ora sei qui perché la tua mamma non ha abortito.”

L’iniziativa è promossa dalla onlus ProVita, vicina a Forza Nuova, che si batte da anni contro il diritto all’aborto, “l’ideologia gender” e per la difesa della famiglia tradizionale. Il manifesto, che secondo la stessa ProVita è il più grande d’Italia contro l’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), rimarrà esposto fino al 15 aprile, ma è stato ideato per “celebrare” la ricorrenza dei 40 anni dall’introduzione della legge 194, che cade il 22 maggio. Il sito di ProVita afferma che dovrebbe esserne presto affisso un altro in occasione dell’inaugurazione di una sede della onlus nel centro di Roma.

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Nel comunicato di ProVita riguardante l’affissione si afferma, parlando di “bambini non ancora nati”, che “dal 1978, sono stati più di 6 milioni quelli uccisi dall’aborto, senza contare le vite che si sopprimono in solitudine, tra le pareti domestiche, con le pillole abortive fra le quali la Ru 486, il ‘pesticida umano’, che ha già causato quasi 30 morti anche tra le donne che l’hanno assunta.”

Toni Brandi, il presidente di ProVita, parla poi di “centinaia di milioni di euro di fondi pubblici per finanziare scelte individuali che causano l’eliminazione di esseri umani,” di mancata conoscenza da parte delle donne, per delle “conseguenze provocate dall’aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica.”

Non è nuovo per ProVita usare immagini e contenuti aggressivi per portare avanti la sua missione. In effetti, la maggior parte dei contenuti pubblicati sui social o sul sito della onlus sembra avere la funzione di instillare senso di colpa in chi li fruisce, con un uso spregiudicato della lingua finalizzato a umanizzare gli embrioni nei primi stadi di gestazione e patetizzare il più possibile il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza.

In un post su Facebook, ad esempio, si usa l’immagine dei piedi di un neonato per suggerire che alla settima settimana di gestazione—quando l’embrione non è ancora feto, cioè non possiede forme e caratteristiche pienamente umane—cominci lo sviluppo delle dita dei piedi. La didascalia recita “Il miracolo della vita… come possiamo anche solo pensare di uccidere una persona indifesa?”

Altrimenti si postano anche video cruenti [attenzione: contenuto sensibile] di feti abortiti agli ultimi stadi di gestazione—quando in Italia non è certo permessa l’IVG—per parlare di una fantomatica “verità sull’aborto.” Il tutto accompagnato da post contro il suicidio assistito, l’educazione sessuale a scuola, il Sessantotto, e ovviamente persone transessuali e omosessuali.

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