La marcia della morte

Tutte le foto di Federico Tribbioli

Una donna anziana è seduta su un muretto alla fine dei Fori Imperiali, sotto il Colosseo. Le sue gambe sorreggono un cartellone con un’immagine di Gesù Cristo e la scritta “No Abortion”. Di fianco a lei, un signore di mezza età tiene in mano un cartello conciliante: “On. Bonino / Mani insanguinate”. Il terzetto lo completa un altro uomo, che regge un’enorme croce tempestata di feti di plastica.

Benvenuti alla terza edizione della “Marcia per la vita”.

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È l’Anno del Signore 2013 e la vita umana è sotto attacco. “Nuovi strumenti di morte minacciano la sopravvivenza stessa del genere umano: Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo ecc.,” si legge sul sito della marcia. “Da oltre trent’anni una legge dello Stato (la 194/1978) regolamenta l’uccisione deliberata dell’innocente nel grembo materno e i morti si contano a milioni.

Alla marcia del 2012 non erano mancate le polemiche, alimentate soprattutto dalla presenza di sigle fanatico-integraliste (Militia Christi, Legionari di Cristo e altri) e neofasciste (Forza Nuova e gli ultra-nazionalisti ungheresi dell’HVIM, Movimento Giovanile delle 64 province). Quest’anno le polemiche sono iniziate prima del corteo. Il 9 maggio, infatti, la Questura di Roma ha vietato la contromanifestazione—organizzata da collettivi di sinistra e movimenti femministi—in ricordo di Giorgiana Masi, la studentessa diciottenne uccisa in piazza dalla polizia il 12 maggio del 1977 mentre si celebrava la vittoria del referendum sul divorzio.

Per le migliaia di persone radunate sotto il Colosseo, tuttavia, Giorgiana Masi e concetti insidiosi quali “avanzamento della civiltà umana” e “diritti civili” semplicemente non esistono. Quando arrivo sotto il palco il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha appena finito di parlare, Paola Binetti stringe mani, Giorgia Meloni sorride davanti alle macchine fotografiche e Lorella Cuccarini lancia il suo endorsement su Twitter.

Sì, sarà una splendida giornata.

Virginia Coda Nunziante, la portavoce della Marcia, tuona contro la “dittatura del relativismo” che “impone leggi anti-naturali e anti-cristiane e colpisce e discrimina chi resiste a questo processo di degradazione morale.” Sopra le teste dei manifestanti svetta un grosso stendardo pseudo-medievale, retto da un gruppo di distinti signori vestiti in giacca, cravatta e drappo rosso sulle spalle.

Sono i membri di “Tradizione, Famiglia e Proprietà“, associazione presente in più Paesi e fondata nel 1960 in Brasile dal politico cattolico-reazionarioPlinio Corrêa de Oliveira. Quest’ultimo è anche l’autore di un libro chiamato Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (1959), in cui si condanna la “Rivoluzione” e si elogia la “Controrivoluzione”, cioè la “restaurazione dell’ordine. E per ordine noi intendiamo la pace di Cristo nel regno di Cristo, ossia la Civiltà Crisiana, austera e gerarchica, fondamentalmente sacra, anti-egualitaria e antiliberale.” Nel 1995, una commissione d’inchiesta del Parlamento francese aveva inserito TFP tra i “movimenti settari”. Io preferisco vederla come la Casta in monocolo dei movimenti tradizionalisti cattolici.

Julio Laredo, membro di TFP, mi descrive brevemente l’attività dell’associazione: “Portiamo avanti un ampio ventaglio di azioni per applicare la dottrinale morale della Chiesa.” Naturalmente, in cima alla lista delle loro priorità c’è la cancellazione totale della legge 194, o quantomeno “il ritorno alla normativa legale precedente. Certo, la perfezione sarebbe rendere l’aborto del tutto illegale.” Chiedo se ci sono forze politiche in grado di portare avanti il loro programma. No, risponde Laredo: “Purtroppo manca il coraggio.”

Poco distante dal gruppo di TFP c’è un cinese che era stato presentato sul palco come una specie di dissidente cattolico perseguitato dal regime comunista. Si fa chiamare “Joseph” (“meglio non usare i nomi cinesi”), proviene da “una famiglia cattolica cinese,” collabora con una Ong in Cina e studia bioetica a Roma. “Joseph” mi spiega che “Essere pro-life non è un obbligo solo per un cristiano, ma per chiunque. La vita deve essere rispettata sin dall’inizio, cioè il concepimento. Non è una conclusione religiosa, ma scientifica, basata su dati certi. Quando si parla dell’aborto si tratta senza dubbio di omicidio. È una violazione della vita umana.”

“Joseph” pensa che la politica del figlio unico imposta dal Partito sia “sbagliata, terribilmente sbagliata. La Cina si descrive come un paese ‘responsabile’, ma uccidere 400 milioni di bambini innocenti non lo è affatto.” Nel suo Paese d’origine, continua “Joseph”, la vita per un cattolico “è molto difficile”: “sicuramente è lasciato un certo spazio alla vita cristiana. Ma è pur sempre una vita sottoposta a un controllo molto stringente. Se non si seguono certe regole ti mettono subito fuorilegge.” Prima di congedarci, “Joseph” tiene a ribadire che “l’embrione è vita umana” e che “l’aborto va fermato.” Gli chiediamo se possiamo fargli una foto. Lui preferisce di no, e alla fine troviamo questo compromesso.

Ormai manca poco alla partenza del corteo. Io e il fotografo ci guardiamo attorno, e realizziamo che in piazza c’è davvero di tutto.

Ci sono frati e suore.

Preti in posa epica.

Cardinali.

Ginecologi e ostetrici.

Barbudos che stanno con Cristo per la vita.

Ragazzini che tengono in mano cartelli del genere.

Ragazzine che reggono cartelli, come dire, piuttosto disturbanti.

Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, con tanto di moglie e nutrita prole.

E infine padri di famiglia che espongono fieri il tatuaggio di Benito Mussolini sul bicipite destro.

Sono quasi le dieci ed è arrivato il momento di sfilare per le strade della Capitale e raggiungere San Pietro in tempo per l’Angelus.

Nonostante teoricamente sia una marcia “per la vita”, i cartelloni trasudano morte a ogni parola. Alcuni esempi: “L’aborto è violenza / l’aborto è omicidio”; “Aborto: già un miliardo di vittime”; “Aborto = abominio”; “194, già 5 milioni di morti”; “Eluana Englaro voleva e doveva vivere”; e così via.

Inizialmente, la sfilata sui Fori Imperiali si svolge in un clima abbastanza surreale. La maggior parte della strada, infatti, è occupata dai campi da pallavolo allestiti per la festa del Minivolley ed è intasata da turisti, famiglie e ragazzini. I manifestanti pro-life intonano slogan e sventolano foto raccapriccianti di feti abortiti al quinto mese; turisti e genitori guardano esterrefatti; i bambini rimangono imbambolati, senza capire bene cosa stia succedendo. Alla testa del corteo, oltre alla croce con i feti di plastica, svetta un cartellone che recita: “Molti ospedali sono campi di sterminio”. Raggiungo l’uomo che lo sta tenendo in mano per fargli qualche domanda, ma lui agita il rosario che stringe nella mano destra per scacciarmi via e non risponde.

La parte centrale del corteo sembra essere riservata a estremisti e complottisti, che a dir la verità non sono poi tantissimi. I militanti di Militia Christi (che si presenterà alle prossime elezioni comunali di Roma) sembrano essere quelli più decisi e organizzati. I loro nemici, come recita il sito, sono i “poteri occulti, iniziatici, mondialisti (fortemente anticristiani), […] il sionismo (costituito solo da una parte degli ebrei) e la massoneria.” E l’aborto, ovviamente. Dal megafono partono a getto continuo cori quali “ogni aborto / è un bambino morto” e “ma quale diritto / ma quale libertà / ogni aborto è un’atrocità.” La gente non li segue più di tanto.

Subito dopo Militia Christi c’è Azione Katéchon, un nuovo movimento cattolico che politicamente si rispecchia nei neofascisti di Forza Nuova, ha uno slogan molto semplice (“Rivoluzione è Tradizione”) e un obiettivo ambizioso: “l’edificazione del Regno Sociale di Gesù Cristo.” Il nome del movimento deriva dal greco “Katéchon”, termine usato da San Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi per indicare “l’ostacolo, l’impedimento, colui che ostacola e che impedisce la venuta dell’Anticristo.”

La pagina Facebook di Azione Katéchon è notevole, soprattutto grazie ai manifesti. In uno s’invocano “10 100 1000 Campo de’ Fiori” per i “giacobini bestemmiatori”; in un altro si stabilisce che è “meglio un rogo di mille parole”; e in un altro ancora si sogna l’inquisitore spagnolo Torquemada a Campo de’ Fiori, pronto a impartire una sonora lezione agli infedeli. Sì, sono leggermente ossessionati dalle fiamme.

A chiudere lo spezzone centrale del corteo c’è Forza Nuova con uno striscione enorme (“Dio è vita”) scritto in caratteri pseudo-runici alla Ludwig. Qualche giorno fa i camerati di FN si sono fatti notare per aver attaccato davanti alla sede Pd a Macerata un manifesto contro il Ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge (“Kyenge torna in Congo”).

Dietro lo striscione di Forza Nuova c’è un cartellone di cui inizialmente mi sfugge il senso. C’è scritto “Viva viva ogni bambino / M il Bilderberg / Con la Bonino.”

Chiedo lumi sul significato a chi lo regge, ma nessuno me lo sa dire. A un certo punto mi viene incontro Mario, volontario del “Movimento per la vita” e ideatore dello slogan. Mi spiega così la sua creazione: “Il cartellone è contro coloro [cioè il gruppo Bilderberg] che hanno voluto l’aborto, e vogliono l’aborto per il controllo demografico. Il controllo demografico lo vogliono attuare attraverso la pianificazione familiare, cioè contraccezione e aborto, incremento dell’omosessualità, eutanasia e creando e gestendo crisi economiche mondiali al fine di creare una depressione cronica.”

Mario mi dice che tutte le cose che ha detto si possono trovare in un memo scritto nel 1969 da Frederick Jaffe, all’epoca vicepresidente di Planned Parenthood. Per i complottisti pro-life e la destra teocon, quel documento di quarant’anni fa costituirebbe la prova inoppugnabile della volontà di dominio planetario/eugenetico dei poteri massonici del NWO. In realtà, la questione è molto meno torbida di quanto appaia su Internet. Come ha spiegato il figlio di Jaffe, l’autore del memo si era semplicemente “limitato a catalogare le proposte di terzi, e non di Planned Parenthood, in merito al controllo demografico.”

Dall’inizio del 2013 i movimenti pro-life e cattolici-conservatori sono scesi in piazza parecchie volte (la manifestazione più imponente si è registrata lo scorso 13 gennaio a Parigi), riuscendo a imporre il loro frame su alcuni diritti che ormai si davano per acquisiti e, di conseguenza, a riaprire il dibattito politico sugli stessi.

La retorica “per la vita”—scrive Chiara Lalli, giornalista e autrice di diversi saggi sui temi etici—non fa altro che spingere chi non condivide la posizione dei pro-life “in un angolo ombroso, quello di chi si oppone alla ‘vita’ ed è perciò necessariamente a favore della morte o di qualcosa che ha la stessa aria di famiglia.” Inoltre, non viene mai operata alcuna distinzione tra mezzi abortivi e contraccettivi, che d’altra parte diventano “dettagli irrilevanti quando l’intento è la difesa degli innocenti.” Insomma, “la posta in gioco è talmente alta che sembra puntiglioso voler distinguere o pretendere la coerenza.”

L’assenza piuttosto palese di coerenza della “Marcia per la vita” è perfettamente ritratta in questa foto, scattata quando il corteo (30mila persone secondo gli organizzatori, cifra francamente eccessiva) è ormai arrivato a San Pietro. Il medico sta raggiungendo la piazza; con il braccio sinistro regge un manufatto incredibile; con la mano destra agita un volantino pieno di feti abortiti.

Lo osservo mentre sparisce nella folla dell’Angelus, e l’unica cosa a cui riesco a pensare è che i pro-life sono tra noi. Sono determinati. Sono insospettabili. E sono molto più numerosi di quanto avessimo mai immaginato.


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