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La polemica su Kung Fu Panda è la prova che Adinolfi è alla disperata ricerca di attenzioni

Ieri Mario Adinolfi ha affermato che Kung Fu Panda farebbe il "lavaggio del cervello gender ai bambini." Ma le sue ultime uscite sono tutte su questa linea, e rispondono a una strategia molto precisa.

Kung Fu Panda.

Ormai, almeno per quanto mi riguarda, consultare gli account social di Mario Adinolfi è diventato un po' come controllare le previsioni del tempo. "Cosa dice oggi Adinolfi?" è la domanda mattutina associata alla comparsa del suo nome tra i Trending Topic. Nel caso odierno, la risposta è: "accusare un cartone animato di propaganda gender."

Ieri infatti Mario Adinolfi, in un post sulla sua pagina Facebook, ha affermato che il cartone animato Kung Fu Panda 3 "fa il lavaggio del cervello gender ai bambini" perché il suo protagonista "ha due papà." Come prevedibile, la notizia ha fatto subito il giro monopolizzando la parte di attenzione collettiva che corrisponde a quell'area del cervello deputata alle cose divertenti da postare in bacheca. E infatti le reazioni sono state prevalentemente di questo tipo, con gente che commentava incredula la notizia e si chiedeva se il post non fosse un fake.

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Stamattina poi si è aggiunto anche Fabio Volo—uno dei doppiatori della versione italiana di Kung Fu Panda 3—che durante la sua trasmissione su Radio Deejay ha chiamato Adinolfi per "spiegargli perché il Panda Po ha un padre biologico e uno adottivo." La cosa è finita con una discussione accesa, con Volo che ha detto che "Adinolfi ha trovato nella religione una casa confortevole per le sue patologie" e Adinolfi che ha ribattuto dedicando alla vicenda un altro post sull'argomento—il terzo.

Il tutto, appunto, per un cartone animato. Ma se mettiamo da parte questo aspetto, per quanto assurdo, non sarà difficile notare come lo schema dell'ultimo Adinolfi-gate possa essere facilmente utilizzato per analizzare tutte le sue recenti uscite pubbliche. Ovvero, molto semplicemente: Adinolfi cerca di sparare nel mucchio o dice qualcosa di grosso su un tema in grado di creare dibattito, finisce in TT, risponde, e mentre tutti parlano di lui (me compreso) non è difficile immaginarlo già alla ricerca del prossimo argomento su cui esprimersi.

In effetti, basta scorrere la timeline della sua pagina Facebook per rendersi conto di come nell'ultimo periodo Adinolfi abbia commentato tutti gli argomenti del giorno, dicendo la sua sul ritiro della candidata del M5S alle elezioni comunali di Milano, o elogiando la vittoria dell'estrema destra in Germania, ricollegandosi ove possibile agli elementi chiave della sua campagna.

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Questa strategia è stata particolarmente evidente nel modo in cui si è occupato dell'omicidio di Luca Varani a Roma: in un primo post ha denunciato un presunto complotto della "lobby Lgbt" per insabbiare il dettaglio dell'omosessualità dei due presunti assassini nei resoconti della vicenda, mentre il giorno dopo ha scritto un altro post in cui non solo rafforzava quest'ipotesi—"Io affermo che agisce nella comunicazione una lobby omosex che edulcora ogni notizia che danneggia l'immagine della comunità Lgbt e dà enorme risalto a ogni notizia che può far apparire la comunità Lgbt come vittima di discriminazione"—ma arrivava a ipotizzare che Varani fosse stato scelto come vittima proprio perché contrario al matrimonio gay.

Finora questa strategia gli ha garantito un'attenzione costante, e non solo per merito delle sue esternazioni: a volte sono addirittura i suoi avversari ad aiutarlo, fornendogli l'assist per montare ad arte un caso sul nulla—come per il finto manifesto di D&G comparso la scorsa settimana a Torino, in cui si vedeva Adinolfi a torso nudo con una boccetta di profumo e lo slogan "Eau Di Nolfi - Le vrai homme." Dopo quella provocazione, per esempio, Adinolfi ha colto l'occasione per denunciare un'"ennesima violenza" nei suoi confronti: "L'utilizzo del mio volto e del mio corpo (quello comunque non è il mio) è l'ennesimo atto vile di questi violenti teppistelli," aveva scritto commentando la vicenda.

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Mi auguro che Dolce&Gabbana smentiscano rapidamente di avere a che fare con questa ennesima violenza — Mario Adinolfi (@marioadinolfi)10 marzo 2016

Se tutto questo in un certo senso ricalca il modo di fare di molti politici (con un filone di cui Salvini è maestro), nel caso di Adinolfi l'attività di commentatore si affianca a una rilevanza che dal punto di vista politico è del tutto trascurabile.

Ma a ben vedere potrebbe stare proprio qui la ragione di questo nuovo stile comunicativo: la necessità di catalizzare quanta più attenzione possibile sul nuovo partito presentato da Adinolfi solo pochi giorni fa, il Popolo Della Famiglia. Ora che l'onda lunga del Family Day e della discussione sulle unioni civili sembra passata, Adinolfi deve trovare un modo di far rimanere quegli argomenti al centro del dibattito italiano così da poter rimanere rilevante.

Anche il modo in cui lo sta facendo, del resto, è indicativo di quanto sia importante per lui e per il suo neonato partito questa operazione: esporre teorie risibili e andare incontro alla derisione di una parte degli italiani—che, però, coincide con quella parte degli italiani che non voterebbe mai il Popolo Della Famiglia—è parte del programma.

L'assemblea costituente del PDF si è tenuta solo pochi giorni fa, nel Palazzetto delle Carte Geografiche di Roma. La sala aveva 300 posti e a questi 300 fondatori Adinolfi ha rivolto un discorso tanto epico quanto prevedibile tracciando un parallelismo tra il movimento e l'eroismo dei 300 spartani alle Termopili. "Noi questo passo dovevamo farlo," ha detto Adinolfi, "c'è un dovere civico che va oltre ogni considerazione sulle possibilità di vittoria e sui voti che riusciremo a prendere." Stando a quanto dichiarato dal suo fondatore, il nuovo movimento—monotematico e ancora senza un programma definito fatta eccezione per lo slogan "prima la famiglia"—si presenterà alle elezioni comunali in diverse città, tra cui Roma, dove sarà candidato lo stesso Adinolfi.

Dalle parole di Adinolfi si può capire come lui stesso comprenda bene quanto sia improbabile la sua nuova creatura politica e quante poche possibilità di successo abbia. Effettivamente c'è una grossa dimensione di rischio in un'iniziativa del genere concentrata su un solo tema, anche perché stando a recenti sondaggi la maggioranza degli italiani sarebbe favorevole a estendere alle coppie omosessuali gli stessi diritti e doveri di quelle etero. Adinolfi è perfettamente consapevole di parlare a una nicchia e proprio per questo forse non gli interessa che la pubblicità al suo movimento sia positiva o negativa.

Probabilmente ha ragione e probabilmente tutti coloro che lo criticano, che lo prendono in giro o semplicemente che (come me) impiegano il loro tempo ad analizzarne i comportamenti non fanno altro che il suo gioco. L'unica cosa che mi consola è che fuori dal parlamento e dalla piazza, lo spazio dedicato a queste idee è sempre più limitato a un paio di bacheche di Facebook, dove basta qualche click per non dover più vedere neanche per sbaglio simili idiozie.

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