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Molestie, insulti e minacce: le cose peggiori che Weinstein avrebbe fatto alla Miramax

Di recente alcune inchieste hanno portato alla luce le molestie e le aggressioni del produttore, ma non sono cose nuove.
Harvey Weinstein. Foto via Flickr/

David Shankbone

L'articolo, comparso su VICE US, è stato integrato dalla redazione italiana.

Chiunque abbia gravitato nell'orbita di Harvey Weinstein o ne abbia esaminato la carriera ormai finita sa che l'espressione "segreto di Pulcinella" non è molto adatta al produttore hollywoodiano: la storia di molestie sessuali e stupri recentemente rivelata da due inchieste del New York Times e del New Yorker non era affatto un segreto. Eppure ora sono arrivate anche le denunce di diverse figure del mondo dello spettacolo, apertamente schieratesi dalla parte delle donne che sarebbero state sue vittime—la cui lista continua a crescere e al momento include Ashley Judd, Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Rose McGowan e Asia Argento.

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Nel caso di Asia Argento, scrive Farrow nell'articolo del New Yorker, il fatto si sarebbe svolto nel 1999, quando l'attrice aveva ottenuto una parte nel film B. Monkey - Una donna da salvare, distribuito da Miramax. Argento era stata invitata a una festa della Miramax in un hotel di Cap-Eden-Roc, in Costa Azzurra, ma una volta arrivata lì aveva scoperto che non c'era nessuna festa—trovando invece Weinstein da solo e in accappatoio, che le aveva chiesto di fargli un massaggio. Ieri, dopo l'uscita delle nuove rivelazioni su Weinstein, Asia Argento ha postato su Twitter una scena tratta dal suo primo film, Scarlet Diva, spiegando di averla scritta ispirandosi alla violenza subita da Weinstein.

Ma la fama di Weinstein quale testa calda ubriaca di potere è qualcosa di ben noto fin dal 1979, quando col fratello Bob ha fondato la casa di produzione Miramax. Un sacco di persone a Hollywood—da Spike Lee a ex impiegati della Miramax come quelli citati nell'articolo del New York Times—avevano già parlato di lui e delle sue abitudini: le minacce fisiche, gli accessi d'ira, il fatto che fosse solito spegnere sigarette in vassoi di salmone affumicato. Nel suo libro Down and Dirty Pictures: Miramax, Sundance, and the Rise of Independent Film—da cui sono tratte le citazioni e gli aneddoti raccontati in questo articolo—Peter Biskind ha raccontato in modo meticoloso e dettagliato le aggressioni, i comportamenti inopportuni e le reazioni che hanno causato nel corso di 20 anni di carriera di Weinstein. Il libro è stato pubblicato nel 2004, poco prima che i fratelli Weinstein lasciassero la Disney per fondare The Weinstein Company—dalla quale Harvey è stato licenziato domenica scorsa.

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Due delle storie di violenza che sono diventate di dominio pubblico dopo la pubblicazione dell'articolo del New York Times erano già contenute nel libro di Biskind. Una è quella della giornalista di The Cut di Rebecca Traister, che ha raccontato di una festa la sera della vigilia delle elezioni presidenziali del 2000 in cui Weinstein avrebbe avuto un accesso di rabbia contro Traister e chiuso il suo collega e fidanzato di allora Andrew Goldman in uno sgabuzzino gridando "Adesso lo porto fuori e lo ammazzo!" (Traiser era andata alla festa per ottenere un commento di Weinstein riguardo all'uscita di O, l'adattamento in chiave moderna dell'Otello prodotto dalla Miramax nel 2001 e posticipato successivamente alla sparatoria nella scuola di Columbine.)

L'altra è quella di Nathan Lane, risalente allo stesso anno, secondo cui Weinstein l'avrebbe sbattuto contro un muro e poi minacciato di morte durante una festa che il produttore aveva organizzato in onore di Hillary Clinton e in cui Lane faceva il gran cerimoniere. Pare che in quell'occasione lo scatto d'ira di Weinstein fosse arrivato dopo una battuta fatta da Lane sul parrucchino dell'allora sindaco di New York Rudy Giuliani. Alla stessa festa un assistente, a cui era stato dato il compito gestire il tavolo del produttore, sarebbe stato licenziato in tronco davanti a Jimmy Buffet, Harrison Ford e alla sceneggiatrice Melissa Mathiessen quando Harvey avrebbe trovato i tre seduti al suo tavolo, dove invece avrebbe voluto cenare in compagnia della sola Julia Roberts (che comunque l'avrebbe poi rimbalzato per cenare con Matt Damon). L'assistente sarebbe stato poi riassunto la mattina dopo.

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Molti ex dipendenti della Miramax hanno riferito che lavorare per Bob e Harvey Weinstein era come far parte della mafia—con tanto di capi che cercavano sempre di fare i duri e si saltavano alla gola ogni due per tre. A Hollywood (come in molti altri ambienti) le giornate di lavoro interminabili e le richieste folli a cui i dipendenti devono sottostare sono la prassi, ma secondo gli ex dipendenti l'atmosfera alla Miramax era insostenibile. "Qualsiasi cosa di male sia stata detta su di loro è vera," ha detto Amy Hart, che ha lavorato nel marketing dell'azienda per tre anni. A suo dire, qualsiasi oggetto Harvey avesse intorno poteva diventare un'arma da lancio: telefoni strappati dai muri, posacenere, libri, videocassette e persino foto di famiglia con tanto di cornice.

"La Miramax era governata col terrore. Ti intimidivano, urlavano sempre, schiumavano dalla bocca," ha detto Stuart Burkin, che è entrato in azienda nel 1991 per lavorare nella post-produzione. "Non c'è neanche una donna che abbia lavorato lì senza piangere almeno una volta," ha detto Mark Lipsky, ex capo della distribuzione. "Quando [ Harvey] se la prendeva con te lo faceva in modo brutale. Andava sul personale."

Un ex dipendente ha raccontato che Weinstein una volta gli aveva detto: "Sei un coglione! Sei un coglione. Dillo: 'sono un coglione!'" Un altro racconta di essere stato insultato così: "Odio il rumore che fai quando respiri." "Ogni anno che stavi alla Miramax invecchiavi di un decennio per lo stress e gli abusi emotivi," ha detto a Biskind Mark Gill, ex direttore dell'ufficio di Los Angeles dell'azienda. "Per lavorare lì dovevi essere in grado di rinunciare completamente alla tua visione di ciò che è giusto e sbagliato e adottare la loro," ha detto David Steinberg, un avvocato che ha lavorato nel team legale dell'azienda per due anni.

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Nel 1997 l'ispettorato del lavoro ha condotto un'indagine di sette mesi sulle condizioni alla Miramax. Nella primavera del 1998, l'avvocato Merri Lane—la cui figlia Stacey aveva lavorato alla Miramax—ha convocato 35 persone per convincerle a intentare una class action da 1,4 milioni di dollari per gli straordinari non pagati. "Era calato un silenzio di tomba," ha detto l'ex assistente marketing Peter Kindlon descrivendo il clima nella stanza dopo che Lane aveva fatto la sua proposta. "La maggior parte delle persone in quella stanza, tutte tranne me, avevano paura di ritorsioni, paura di essere associate a qualsiasi iniziativa contro la Miramax."

"Intimidivano tutti," ha detto Lane a Biskind. "Nessuna delle persone che lavoravano lì avrebbe mai partecipato a un'iniziativa del genere. Erano convinti che sarebbero stati licenziati, ricattati, che gli sarebbero successe cose terribili… Il padre di una ragazza che lavorava lì aveva preso a chiamarmi continuamente per dirmi che la figlia avrebbe voluto partecipare ma era troppo spaventata e che dovevo garantirgli che non le sarebbe successo niente." Alla fine la causa si era risolta con un patteggiamento per una cifra non resa pubblica. Kindlon ha detto di aver ricevuto 12 mensilità (25mila dollari) e Amy Hart ha detto di aver preso una cifra tra i 7 e 10mila dollari.

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"Ti prendevano in giro, ti sfruttavo, ti distruggevano. Harvey ti diceva un sacco di cose terribili solo per farti stare male, anche piccole cose solo per dimostrarti che eri totalmente in capace e totalmente nelle sue mani," ha detto Jack Foley, ex capo della distribuzione. "Quando moriranno, la gente parlerà di che grandi persone sono state. Ma non lo sono, sono persone crudeli e malate. Disprezzano l'umanità," ha proseguito Foley, che si è dimesso dopo un litigio riguardante alcuni test di proiezione di Scream nel 1996.

C'è almeno una testimonianza di attenzioni inopportune rivolte da Weinstein a una giovane impiegata, un'assistente assunta nel 1986 e subito presa di mira. "Sembra che non passasse giorno senza che lui la tampinasse, "ha detto Lipsky. Queste attenzioni, che in principio includevano cose come farle trovare rose sulla scrivania, poi sarebbero degenerate tanto da spingere i colleghi di Weinstein ad affrontarlo e a dirgli, "Non puoi comportarti così, questo è un ufficio, non il tuo parco giochi sessuale." La ragazza si chiamava Eve Chilton. Alla fine Weinstein l'avrebbe posta a capo della divisione bambini della Miramax, per poi sposarla l'anno dopo (la coppia ha poi divorziato nel 2004).

Dalle molte testimonianze dirette raccolte da Biskind, l'abitudine di Weinstein di perdere il controllo—guidato da quella che lui chiamava la sua "passione per i film"—e poi di cercare il modo di scusarsi (spesso con mazzi di fiori accompagnati da messaggi spediti via fax) sembra essere una costante. "Usava sempre quella scusa," ha detto una fonte anonima che ha lavorato a College femminile, film di Sarah Kernochan che la Miramax aveva comprato e condannato poi all'oscurità per una disputa creativa. "Poteva mentire, uccidere tuo figlio, dirottare un aereo ma era la passione per i film che glielo faceva fare! I raptus di follia temporanei erano una delle sue tecniche di manipolazione. Cercava di spaventare le persone il più possibile e il giorno dopo gli mandava dei fiori."

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A quanto pare il bersaglio più comune di questo genere di comportamenti erano i registi, con cui Weinstein sembra litigasse spesso per questioni di tagli in post-produzione—tanto da essersi guadagnato il soprannome di "Harvey mani di forbice." Dopo una proiezione di Ad occhi aperti, il primo film di M. Night Shyamalan, "Harvey aveva fatto piangere Night. L'aveva distrutto davanti a tutti," ha detto l'ex capo della produzione della Miramax, Paul Webster.

E il regista non era stato l'unico a mettersi a piangere. Rosie O'Donnell, che aveva avuto una piccola parte nel film, aveva telefonato a Weinstein per difendere Shyamalan. "C'erano dei momenti in cui potevi vedere veramente il fumo uscire dagli occhi di Harvey. Quello era stato uno di quei momenti. Era completamente uscito di testa," ha raccontato Cathy Konrad, tra i produttori del film. La gente nella stanza racconta di averlo sentito gridare a O'Donnell, "Non sei una cazzo di artista! Sei la cazzo di conduttrice di un talk show! Dovresti saperlo! Puttana! Stronza!" Secondo Konrad, "Rosie era scoppiata a piangere." Una fonte ha raccontato a Biskind che Weinstein aveva chiamato O'Donnell "una vacca grassa di merda." Weinstein ha invece affermato di non aver usato le parole "stronza" e "vacca." A quanto pare, O'Donnell avrebbe ricevuto dei fiori la mattina dopo.

Todd Haynes, che aveva lavorato con la Miramax per la distribuzione di Velvet Goldmine, per quella di Lontano dal paradiso avrebbe invece scelto USA Films. Stando al libro di Biskind, Weinstein si sarebbe incazzato con lui: "Piccolo pezzo di merda, sei solo un povero coglione e pensi di essere un genio. Prima donna di merda, arrogante del cazzo." Secondo Haynes, Weinstein l'avrebbe minacciato di spendere 10 milioni di dollari per impedire a Julianne Moore di essere nominata agli Oscar per quel film. (Dopo, Haynes avrebbe ricevuto un cesto di scuse e un fax.)

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In Down and Dirty Pictures è raccontato anche un altro aneddoto simile che riguarda un test di proiezione di Frida: a quanto pare Weinstein avrebbe stracciato le statistiche sull'audience e sbottato contro Julie Taymor quando lei aveva messo in discussione i tagli da lui proposti dicendole, "Sei la persona più arrogante che ho mai incontrato… Venditelo da sola questo cazzo di film." Poi se la sarebbe presa con l'agente di Taymor, Bart Walker ("Vai fuori dai coglioni", con il partner di Taymor e autore della colonna sonora del film Elliott Goldenthal ("Non mi piace quello sguardo. Perché non difendi tua moglie, così posso prenderti a mazzate?") e con i dipendenti della Miramax che avevano lavorato al film ("Sei licenziato, anche tu, anche tu, anche tu").

Dopo l'incidente di Frida, così come dopo una serie di altre scenate del genere, pare Weinstein si fosse comportato come faceva di solito dopo le scenate. "La mattina dopo la lite con Julie ho parlato con Meryl Poster [ co-presidente della produzione Miramax] e le ho detto, 'Dobbiamo lavorare con la mia gestione della rabbia. Mando a puttane tutti i film per colpa della mia personalità. Ho un carattere di merda, devo cambiare. Dio, che stronzo sono stato."

Dopo i litigi con i suoi rivali, invece, Weinstein era meno propenso a scusarsi. Quando Scott Greenstein, che all'epoca era vicepresidente di Miramax, aveva lasciato l'azienda per passare alla concorrente October Films, Weinstein avrebbe chiamato il co-fondatore di October Films John Schmidt. "Harvey aveva passato 45 minuti a gridare oscenità, insulti e altre scempiaggini tipo, 'I nostri missili sono puntati su dite! Li lanceremo! Non saprai cosa ti faremo! Per ognuno dei tuoi film noi ne faremo tre! Ti manderemo in bancarotta." L'altro co-fondatore dell'azienda, Ray Bingham, ha detto di aver ricevuto in quell'occasione il miglior insulto della sua vita: "E Bingham, inutile pezzo di merda, pensi di essere bravo in qualcosa? Fottiti. Fai schifo, potrei soffiarti via con una mia scoreggia."

Certo, Weinstein ha anche dei sostenitori come Ben Affleck (il quale per, dopo le ultime rivelazioni, ha anche lui cambiato tono). In Down and Dirty Pictures Affleck racconta, "il comportamento di Harvey è quello di un sovrano assoluto. Io lo trovo affascinante. Magari non è molto affascinate se sei la sua vittima, ma Harvey è un duro e le sue capacità relazionali non sono molto sviluppate. Non ha freni inibitori. Ma non è cattivo. Le persone si comportano diversamente a seconda di chi hanno davanti, e io ho sempre visto solo il suo lato migliore."

Il regista di American Hustle - L'apparenza inganna David O. Russell ha invece raccontato di non aver mai sopportato Weinstein. "La sua sete di potere e successo gli hanno fatto male. Se non puoi divorarti ti mette da parte. Si è messo tutti contro." Spike Lee si è espresso in termini più diretti: "Si è comportato di merda per tutta la sua carriera, gli tornerà nei denti. È un grosso ratto bastardo."

Alla fine, il consiglio d'amministrazione della Weinstein Company sembra aver seguito la logica di uno dei suoi dirigenti che, restando anonimo, si era espresso così nel libro di Biskind: "Ha fatto una stronzata di troppo. Quando il cane fa la cacca butti la cacca, ma se la cacca diventa più grande del cane butti via il cane."

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