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Tutte le foto di Claudio Menna.

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San Gennaro, Maradona e gli altri: i graffiti di Jorit a Napoli

Claudio Menna ha fotografato i ritratti dello street artist partenopeo e scambiato due chiacchiere con lui.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT

Negli ultimi cinque anni, anche se è in circolazione da molto più tempo, il nome Jorit è diventato sempre più familiare. La svolta è arrivata quando lo street artist—29 anni, olandese di madre, napoletano di padre—si è specializzato nella realizzazione di giganteschi ritratti realistici che sono a poco a poco spuntati nelle periferie del capoluogo campano, spesso per puntare i riflettori su storie o luoghi ignorati.

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Oggi il suo lavoro è richiesto a Milano, Firenze e un po’ ovunque, anche se ciò che lo ha reso davvero noto è quello che ha realizzato a Forcella, San Giovanni a Teduccio, Ponticelli. In queste zone lavora spesso anche il fotogiornalista Claudio Menna.

La prima volta che Menna ha incontrato Jorit si trovava a Scampia, mentre stava seguendo gli sgomberi delle Vele e il trasferimento di alcune famiglie in quelle che vengono chiamate “le case nuove” lì vicino. In quegli stessi giorni, lo street artist era al lavoro nella stessa zona sul ritratto dell'attivista afroamericana Angela Davis. È lì che Claudio ha scattato la prima foto del suo progetto dedicato a Jorit e le sue opere.

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Il graffito, ancora in fase di lavorazione, di Angela Davis a Scampia.

“La prima volta che sono andato a cercare Jorit, dopo aver sbracciato molto, dall’impalcatura mi ha intravisto e detto di aspettare che con il suo collaboratore facessero pausa pranzo,” mi spiega Menna. “Poco dopo esserci presentati, sono arrivate delle signore che avevano portato delle frittate e delle polpette. Erano le attiviste del gruppo ‘Donne in cantiere’ che si battono per il diritto all’abitare e altre tematiche vicine alla periferia est della città.”

Dalla chiacchierata tra Menna e Jorit è emerso che su Il Mattino era stato recentemente pubblicato un articolo critico nei confronti del lavoro dello street artist. “In pratica si diceva che i graffiti non dovrebbero veicolare nessun messaggio o essere mossi da nessun valore, ma portare solo bellezza ‘gioia e colore’,” mi racconta Menna.

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“Ma, come mi ha ribadito, Jorit non ha mai attribuito un compito salvifico alle sue opere. Più volte ha spiegato che non sono la soluzione ai livelli di disoccupazione e dispersione scolastica altissimi delle periferie napoletane. I suoi lavori sono un modo, uno dei tanti modi, per scuotere le coscienze delle persone o metterle nelle condizioni di rivendicare i propri diritti.”

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San Gennaro all'ingresso del quartiere Forcella. Il volto è di un amico di Jorit.

Del resto, i soggetti scelti da Jorit sono persone con una storia dietro, che hanno lottato per un cambiamento, rappresentano un gruppo poco compreso o un mix tra le precedenti. Possono essere personaggi davvero noti come il Che Guevara realizzato a San Giovanni a Teduccio; simbolici come Niccolò, realizzato nell’ambito della Giornata internazionale sulla consapevolezza dell’autismo, sempre nello stesso quartiere; oppure importantissimi per i napoletani, come San Gennaro (ispirato dal viso di un amico di Jorit) all’ingresso di Forcella.

“Con Jorit ci siamo visti anche una seconda volta, durante la quale abbiamo parlato proprio della sua ‘Human Tribe,’ al cui interno, per l’appunto, possono entrare tutti: persone che nel loro piccolo o nel loro grande hanno fatto la storia,” mi dice Menna. "L'idea della tribù nasce dai ripetuti viaggi che ha fatto in Africa: da lì derivano le influenze sui suoi primi lavori e quelle due strisce rosse sulle guance dei personaggi, che richiamano rituali di passaggio dall’infanzia all’età adulta."

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Maradona e Niccolò a San Giovanni a Teduccio.

Non sempre però tutto è filato liscio. Quando nel 2015 Jorit si apprestava a dipingere il suo 'primo' ritratto, diversi cittadini erano titubanti.

"Si trattava del ritratto di Ael, che in lingua romanì significa 'caduta dal cielo', e lo stava realizzando al Parco Merola di Ponticelli. Poco tempo prima, nei campi rom di zona, dei bambini avevano perso la vita in un incendio," mi spiega Claudio. "Inizialmente il ritratto aveva ricevuto delle critiche, ma poi è stato sempre più apprezzato, ad oggi Ael rappresenta chiunque si immagini lo spettatore.”

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Ael, al Parco Merola di Ponticelli.

Rimanendo sul fronte delle critiche, qualche tempo fa un esponente di estrema destra aveva importunato verbalmente Jorit mentre stava completando il graffito di Ilaria Cucchi in occasione del nono anniversario della morte del fratello nel quartiere Arenella di Napoli. Secondo le ricostruzioni, se la gente per strada non fosse intervenuta, probabilmente lo scontro sarebbe mutato in altro.

"Jorit non è una persona che si fa intimidire, e l’opera era autorizzata da Comune, Regione e commissionata dalla cooperativa 'La Locomotiva,' come parte di un progetto di riqualifica che coinvolgeva le scuole locali," mi spiega Claudio. "Quindi alla fine, il giorno dopo, sui social sono arrivate anche delle scuse da parte di chi aveva provato a bloccarlo."

Il momento dell'inaugurazione del graffito di Ilaria Cucchi, avvenuto nel novembre 2018, però è importante anche per un altro motivo: a livello ufficiale è stata la prima volta che si è visto il volto di Jorit, definito in precedenza da alcuni il 'Banksy italiano.'

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Jorit.

A voler essere esatti, qualche mese prima i dettagli del viso dello street artist si erano intravisti nei fermo immagine dei momenti in cui la polizia israeliana aveva arresto lui e i suoi collaboratori a Betlemme, dopo che avevano ultimato sul muro di separazione il ritratto di Ahed Tamimi, giovane attivista palestinese.

Ma quanto era reale la storia dell'anonimato? "Da un punto di vista mediatico è vero che l'identità di Jorit è diventata pubblica con la conferenza stampa ad Arenella. Ma come mi ha spiegato lui, non è che tenesse il volto coperto per mantenere il mistero, semplicemente per ripararsi dai gas delle bombolette. Infatti, una volta finito di lavorare a qualunque passante poteva capitare di vedere il suo volto", mi dice Menna. "Del resto l'anonimato ai writer serve agli inizi, non quando i loro lavori sono autorizzati o richiesti; e per Jorit, giustamente, era ed è importante che l'opera rimanga sempre la protagonista, non chi la realizza."

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Pier Paolo Pasolini a Scampia.

Tra l'altro, nelle opere di Jorit sono spesso nascoste delle scritte che tendono ad ampliarne e rafforzarne il significato. A classificarle recentemente è stato Vincenzo De Simone, curatore de La gente di Napoli - Humans of Naples. Nel ritratto di Pier Paolo Pasolini, per esempio, sono stati rintracciati ben 16 messaggi, tra cui “L’uomo con il megafono - diritto alla casa” appena sotto la narice sinistra, “Scampia chiede lavoro - lotta di Classe” sotto l’occhio destro e “Jorit era qui 2019” sotto il labbro inferiore. Nel murale dedicato a Niccolò a San Giovanni a Teduccio compaiono invece solo nomi di persone. Jorit avrebbe fatto salire alcuni ragazzi sull’impalcatura per farglieli incidere, anche se tra questi spicca “Tukios 2018” (il tag di uno dei ragazzi che lo aiuta nella realizzazione dei graffiti, e arrestato anche lui a Betlemme la scorsa estate).

Facendo un po’ una rassegna di tutti i messaggi e nomi che si riscontrano nei graffriti di Jorit, non sempre è possibile capire subito a chi o cosa si riferiscano. Ma non significa che questi siano stati messi lì a casaccio. Ed è proprio Menna a confermarmelo: "Quando in fase di editing ho zoomato per la prima volta sul ritratto di Angela Davis concluso, mi è capitato di leggere dei nomi femminili. Carmela, Viola e Anna. Erano quelli delle attiviste con cui avevo pranzato insieme a Jorit.”

Su VICE, Claudio Menna ha pubblicato progetti fotografici sulle detenute di Pozzuoli, sulla vita dei giovani in un Istituto per non vedenti e sui botti (non sempre a norma) che si sparano per Capodanno a Napoli. Inoltre, da luglio scorso, si allena a pugilato nella Basilica di Santa Maria alla Sanità, o meglio nella porzione che è stata adibita a palestra per minori a rischio, seguiti dai due pugili delle fiamme d'oro Vincenzo Picardi e Donato Cosenza. Da lì è nato il progetto R/S boxe – Rione Sanità.

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