12 milioni di ragioni per credere all'esistenza dei rettiliani
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12 milioni di ragioni per credere all'esistenza dei rettiliani

“Le persone vogliono vedere il mondo secondo i propri termini. Vogliono credere che siamo governati da forze maligne.”

Secondo un sondaggio circa 12 milioni di americani credono nella possibilità che una congrega di rettiliani domini segretamente il mondo—lucertole mutaforma di origine intergalattica nascoste in parlamento e in televisione. La teoria delle lucertole travestite da esseri umani, comunque, è una delle meno popolari nella nazione; secondo lo stesso sondaggio, infatti, sono 21 milioni le persone che credono che lo sbarco sulla Luna sia un fake. 116 milioni poi, pensano che il cambiamento climatico sia una bufala.

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Ridete pure di queste statistiche se volete, ma c'è una cosa da sapere sulle teorie cospirazioniste: sono teorie solo finché le ipotesi che sostengono non si rivelano reali. Come ha spiegato lo stimato ricercatore Joseph Uscinski a The Atlantic la settimana scorsa, "penso che ognuna di esse abbia una possibilità superiore allo zero percento di essere vera." Chiedetelo a uno qualsiasi degli attivisti che frequentava gli "incontri senza cellulari" prima che si scoprisse che l'NSA è in grado ascoltare da remoto le nostre conversazioni. Immaginate cosa avreste risposto nel 2011 a chi sosteneva che Facebook avrebbe condotto esperimenti psicologici sulle persone.

Eppure nella cultura popolare i teorici delle cospirazioni sono sempre stati dipinti come malati mentali; gli psicologi e gli accademici hanno spesso liquidato la categoria come "lunatici del paranormale," una sottocultura affetta da una mentalità delirante in modo patologico. Lo stereotipo dominante nell'epoca di internet è quello di un tizio bianco con gli occhi spalancati seduto nel suo seminterrato che monta i video di sorveglianza in slow-motion e ne evidenzia determinate parti con delle frecce rosse tremolanti.

Ma negli ultimi anni il modo in cui i ricercatori riflettono sulle teorie cospirazioniste—e sulle menti che ne sono ossessionate—è cambiato.

"Non c'è una gran differenza, davvero, tra i teorici delle cospirazioni e il resto delle persone," dice Rob Brotherton, autore del libro Suspicious Minds, in uscita il mese prossimo.

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Secondo l'autore, che ha conseguito un PhD all'università di Londra e che al momento insegna a Barnard, le qualità che ci spingono a credere che la verità sia nascosta "sono presenti in noi tutti… Sono pregiudizi radicati nei nostri cervelli," che sia il modo in cui ricordiamo l'incontro con altre persone o il fatto di pensare che Osama bin Laden sia davvero morto.

Il libro di Brotherton copre un ampio spettro di comuni fenomeni psicologici, inclusi i bias di intenzione—la tendenza a vedere motivi celati dietro oggetti animati o inanimati—e la tendenza naturale del nostro cervello a individuare schemi, persino dove si fa fatica a trovare una relazione lineare.

"Forse la dimostrazione definitiva del potere del bias di conferma," scrive l'autore, è il cosidetto "backfire effect," un fenomeno analizzato dal professore di scienze politiche della Dartmoth Brendan Nyhan.

Non stupisce che gli afroamericani a conoscenza dell'esperimento di Tuskegee siano maggiormente propensi a credere alle teorie cospirazioniste sul governo degli Stati Uniti

Fondamentalmente, il backfire effect è ciò che accade quando si cerca di far ragionare le persone rispetto alle credenze che sostengono: è il motivo per cui spiegare Obamacare non è sufficiente per convincere le persone che il governo non voglia istituire una commissione della morte nel futuro prossimo e che, nonostante tutte le prove a sostegno del contrario, i vaccini non causano l'autismo.

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Versioni così radicali di bias di conferma non riguardano solo i pazzi, però. L'anno scorso il ricercatore intervistato da The Atlantic, Joseph Uscinski, e il suo co-autore Joseph Parent hanno pubblicato un libro che rappresenta uno degli studi più esaustivi sul pensiero cospirazionista mai scritti. Lavorando contro l'idea che internet abbia inaugurato un'età senza precedenti per le teorie cospirazioniste, hanno studiato oltre 12.000 lettere all'editore inviate al New York Times e al Chicago Tribune tra il 1890 e il 2010, così come le discussioni online e i post di news che dibattono teorie cospirazioniste prima e dopo le elezioni presidenziali del 2012. Inoltre, hanno condotto estesi sondaggi di opinione.

La loro ricerca ha trattato un fantastico numero di teorie, da quelle più note (JFK è stato assassinato dalla CIA) a quelle più oscure (un piano del congresso per uccidere i cani domestici). Suggerisce inoltre non solo che le teorie cospirazioniste fossero già popolari allora come—se non di più—lo sono nell'epoca di internet, ma anche che le persone che credono nelle cospirazioni fossero piuttosto eterogenee, demograficamente parlando. Ovviamente, il genere di cospirazioni a cui le persone credevano era diverso ma, come scrivono gli autori, "permeavano ogni parte della società americana, a prescindere da genere, età, razza, status sociale, credo politico, educazione e stato lavorativo."

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"Sulla base di ciò," concludono, "Si può affermare che praticamente chiunque crede ad almeno una teoria cospirazionista e molti di noi credono a più di una." Il discorso generale degli autori è che una delle cause più importanti del pensiero cospirazionista era data dallo squilibrio dei poteri percepito, un modo di vedere il mondo che è un po' più politico che patologico.

La ricerca di Uscinski e Parent è stata integrata da altri lavori recenti sul modo in cui le cospirazioni fanno leva sul nostro naturale talento nel vedere schemi e sulla nostra paranoia, in particolare nei momenti in cui sentiamo di avere poco potere sulle cose. L'anno scorso, un sondaggio condotto in Olanda da Jan-Willem van Prooijen ha scoperto che la convinzione relativa ad una cospirazione inventata—in questo caso, un insabbiamento operato dal consiglio comunale di Amsterdam—era più alta nei soggetti in cui era stato innescato un sentimento di mancanza di controllo nei confronti del contesto circostante. Quando le persone si sentono senza potere (salve, collegio elettorale) cercano spiegazioni più semplici, spesso di proporzioni mitiche.

Le cospirazioni tendono a raggiungere un picco di pura epicità quando sono usate per spiegare enormi eventi geopolitici come l'11 settembre; sia Uscinski che Brotherton sottolineano l'importanza dei bias di proporzione, ovvero la tendenza a dare per scontato che eventi monumentali debbano avere cause monumentali.

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Ovviamente, per complicare le cose ulteriormente, le forze del male esistono senza dubbio, e le cospirazioni abbondano nel mondo moderno. Nel suo libro, Brotherton fornisce un esempio particolarmente macabro: l'esperimento della sifilide a Tuskegee, un'iniziativa del Public Health Service portata avanti dagli anni Venti agli anni Sessanta, che infettava deliberatamente persone di colore con la malattia con la scusa di curarle dal "sangue cattivo," per poi privarle delle cure e studiare gli effetti a lungo termine del morbo letale.

Non stupisce che gli afroamericani a conoscenza dell'esperimento di Tuskegee siano maggiormente propensi a credere alle teorie cospirazioniste sul governo degli Stati Uniti—per esempio, quella secondo cui avrebbero inventato l'AIDS.

"C'è un fondo, se non di verità, di plausibilità nella maggior parte delle cospirazioni," dice Brotherton. "Ci sono legittimi timori rispetto alla militarizzazione della polizia, rispetto al potere del governo."

Se non altro, l'immagine del teorico delle cospirazioni dipendente da Reddit è più il prodotto dell'avanzamento nelle telecomuncazioni che un indice di crescita del numero di persone che credono a questa roba. È interessante notare come la paranoia (o se preferite, lo scetticismo) tenda a restare salda in certi tipi di persone: è stato dimostrato che chi crede ad un certo insieme di teorie cospirazioniste è probabile che creda anche a un altro, anche se le due ipotesi si contraddicono. Per esempio: è più facile che una persona creda che la principessa Diana sia ancora viva, se crede anche che sia stata uccisa dalla famiglia reale.

Internet "ha probabilmente cambiato il carattere delle teorie cospirazioniste," dice Brotherton, permettendo loro di svilupparsi in tempo reale, come nel caso delle bombe alla maratona di Boston—"quando dovevi scrivere un libro intero sulla tua teoria, dovevi comunicarla in modo esteso." Ma non ha, come certi sostengono, facilitato un cambiamento significativo nella quantità di persone che credono alle cospirazioni.

A questo punto, dove sta la linea di demarcazione tra un ragionevole livello di paranoia e il puro pensiero cospirazionista? Probabilmente, dipende da quanto in alto credi che la cospirazione si estenda, e se la tua intera visione del mondo si fonda interamente sul credere a circostanze misteriose piuttosto che, mettiamo, la logica della realtà. Ma, se vogliamo fidarci di Brotherton e colleghi e del lavoro che compiono per fugare i miti sul pensiero cospirazionista, i modi in cui queste teorie fanno leva sui nostri sensi sono abbastanza universali.

Come dice Brotherton, "le persone vogliono vedere il mondo secondo i propri termini, bene contro male. Vogliono credere che siamo governati da queste forze." Al centro del pensiero cospirazionista, dice, c'è persino un messaggio speranzoso (benché forzato): "[Dice], Possiamo individuare queste persone, e combatterle."