Salvini. Salvini Salvini. Salvini Salvini Salvini. Da più di un anno a questa parte in Italia non si parla d’altro che di Salvini, Salvini invitato in tv tutti i giorni, Salvini che si sta mangiando i social, Salvini ministro dell’Interno plenipotenziario che si occupa di tutto e sta sempre in campagna elettorale, la Lega di Salvini che macina consenso e nei sondaggi adesso è il primo partito preparandosi a far cadere il governo e far diventare premier Salvini. Salvini Salvini Salvini Salvini.
In tutto questo un’attenzione particolare è stata dedicata alla propaganda di Salvini sui social. Da una parte c’è chi si è sperticato in analisi della potenza della “Bestia”—che non si è ancora capito cosa sia di preciso, ma a cui andrebbe il merito del successo di Salvini—e del genio di Luca Morisi, lo spin doctor di Salvini, invitato come ospite speciale a conferenze di strategia politica.
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Dall’altra parte invece ci sono quelli secondo cui Salvini e la sua comunicazione verranno presto a noia agli italiani. Quel che è certo è che, con la sua presenza distribuita tra Facebook, Twitter, Instagram e ovviamente i giornali online, Salvini copre buona parte dello spettro delle attività di una persona online. Tanto che, chi lo volesse, potrebbe decidere di non uscire mai dalla sua ombra e sperimentare internet soltanto attraverso i suoi canali. Ma cosa succede quando vieni esposto 24 ore su 24 alla sola comunicazione di Salvini?
Ho deciso di replicare un esperimento che avevo già fatto qualche tempo fa con la macchina della propaganda del M5S e informarmi solo sulla sua pagina Facebook per una settimana.
LUNEDÌ
Appena iniziato l’esperimento mi rendo subito conto di quanto sia difficile indicare quale sia il tema del giorno caro a Salvini. La mattina di lunedì 10 dicembre mi sembra che a stargli particolarmente a cuore sia lo sgombero dell’Ex Penicillina a Roma, a cui dedica diversi post—uno stile breaking news in cui dice che sta andando personalmente sul posto, uno che è un video in diretta dello sgombero, e un post più elaborato in cui si dice “orgoglioso di questo intervento di legalità, pulizia e sicurezza.”
Ma poi il suo interesse si sposta: un post “da papà” sulla strage di Corinaldo, un commento su un prete che l’aveva attaccato durante la messa, un commento ironico all’intervista di Pamela Anderson su Repubblica in cui se la prende con lui, una foto di Roma dal cielo (condivisa da Instagram, dove il Capitano non ha ancora molti fan). La quantità di contenuti è davvero impressionante, ti sommerge.
Il pomeriggio è dedicato alla conferenza stampa di Salvini di fronte ai rappresentanti della stampa estera, che viene trasmessa in diretta streaming perché “all’estero c’è grande interesse per quello che stiamo facendo al governo, cercherò di spiegarlo con parole chiare.” È il momento in cui noto la prima caratteristica della propaganda social di Salvini: più che avere un tema del giorno di cui parlare, spara nel mucchio toccandoli un po’ tutti sperando di trovare quella cosa—una dichiarazione sopra le righe, una gaffe o la foto di una carbonara—che buca lo schermo e finisce per far parlare di Salvini anche fuori dalla sua bolla nelle 24 ore successive.
In quel caso è la dichiarazione su “un nuovo asse Roma-Berlino” con Angela Merkel per cambiare l’Europa dall’interno. È una sparata fine a se stessa che però mi fa riflettere su un’altra questione: quella dei segnali costantemente lanciati dalla propaganda di Salvini all’estrema destra. L’accenno all’asse Roma-Berlino, i suoi “me ne frego” e “molti nemici molto onore” hanno la doppia funzione di sparate per attirare l’attenzione scandalizzando i suoi avversari politici e di (finta?) gomitata amichevole all’estrema destra di cui la Lega porta nel mainstream diverse istanze. Salvini riesce a dire contemporaneamente “guardate sti scemi di sinistra che vedono fascisti ovunque” e “guardate che sotto sotto sono un po’ fascista come voi.”
È il motivo per cui anche quando tradisce le promesse fatte in campagna elettorale i suoi seguaci non lo abbandonano delusi ma si mettono a concepire elaborate giustificazioni, si convincono di essere di fronte a una complicata tattica politica, a un bluff e—in definitiva—a una prova della loro fede. Un esempio è la reazione di Alberto Bagnai, il celebre economista no-euro imbarcato dalla Lega, al mutato atteggiamento di Salvini nei confronti di euro e Unione Europea: Salvini non ha tradito, in realtà è tre mosse avanti, siamo noi che non possiamo capire il suo gioco.
È una dinamica da culto che potrebbe ricordare quella di QAnon negli Stati Uniti—quella complessa teoria del complotto nata su 4chan secondo cui l’indagine sui legami tra Trump e la Russia in realtà sarebbe una copertura per consentire a Trump di prepararsi a fare un giro di vite contro Clinton, Obama e i democratici.
MARTEDÌ
La prima cosa che ho visto martedì mattina è stato questo selfie di Salvini in partenza per Gerusalemme che augura buona giornata ai suoi amici: ho così appreso della sua visita ufficiale in Israele.
In Israele Salvini era già stato un paio di anni fa (da semplice leader della Lega, e accompagnato da Lorenzo Fontana e Giancarlo Giorgetti). In quell’occasione il punto più alto del viaggio era stata la tappa al valico di Kerem Shalom, sul confine tra Israele e striscia di Gaza, con annesso tweet sui “trentamila soldati di Hamas (finanziati da chi?) che tengono in ostaggio milioni di persone.”
Questa volta invece si trattava di un viaggio ufficiale—con tanto di incontro col premier israeliano Netanyahu, critiche da parte del giornale di sinistra Haaretz (che l’ha definito un “sapiente comunicatore che ha spesso citato l’occhio a sostenitori di estrema destra citando frasi di Mussolini e sostenendo che il fascismo ottenne anche molti risultati positivi”). La quota “tweet provocatorio sul terrorismo islamico” comunque non è mancata nemmeno stavolta.
Salvini l’ha dedicata al partito libanese Hezbollah—la cui ala militare è considerata un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Israele e Unione Europea. Appena arrivato in Israele ha fatto un breve tour del confine nord con il Libano, “dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare” Israele, “il baluardo della democrazia in questa regione.” L’aver dato dei “terroristi” a Hezbollah gli ha fatto ricevere le critiche del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, secondo cui quelle parole potevano mettere in pericolo la sicurezza dei soldati italiani impegnati proprio in Libano all’interno di una missione di pace dell’ONU.
Ma la vera conseguenza della provocazione è stata un’altra: far litigare tra loro i fan del Capitano. Per diverse ragioni, infatti, l’elettorato di Salvini non sembra avere una posizione univoca su Israele: c’è chi sulla linea della destra americana lo considera “l’unica democrazia del Medio Oriente,” chi rileva la posizione di Hezbollah a sostegno di Assad nel conflitto in Siria, chi è proprio antisemita e se la prende perché (riassumo) “Salvini è andato a prendere ordini dagli ebrei.”
Osservare tutto questo casino mi ha fatto capire una cosa su Salvini, l’estrema destra che lo supporta e le sue divisioni interne. Certo, la Lega è supportata dall’estrema destra perché ha sdoganato nel mainstream politico alcune delle sue idee, ma questo supporto è piuttosto volatile—a tratti Salvini è visto come un moderato o peggio, un possibile opportunista. Secondo punto: il luogo comune secondo cui la destra sarebbe un blocco politico granitico mentre la sinistra è quella sempre divisa i cui esponenti perdono tutto il loro tempo a litigare sul nulla è, appunto, un luogo comune.
MERCOLEDÌ
Mercoledì ricordo distintamente di aver pensato al viaggio di Salvini e a quanta poca attenzione avesse ottenuto fino a quel momento: in pratica non era ancora riuscito a imporsi nel dibattito italiano. Ricordo proprio di essermi chiesto cosa si sarebbe inventato per far parlare di sé questa volta.
In realtà la giornata social di Salvini è partita piuttosto lenta: una foto sgranata del sole che sorge, uno status in cui ringrazia i carabinieri per una serie di arresti, un altro in cui annuncia l’espulsione di un richiedente asilo del Gambia che “spacciava morte,” una foto con Netanyahu, un video della sua visita allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto.
Ed è stato proprio durante quest’ultima tappa che Salvini ha fatto una “gaffe” nella dedica sul libro degli ospiti del museo, dove ha scritto “Xché questo non accada più.” Ecco, ovviamente il “Xché” di Salvini è diventato il tema del giorno, tra gente che faceva battute al riguardo, che si lamentava della pochezza intellettuale della politica italiana, che si indignava perché quello non è un linguaggio degno di un ministro. In pratica la trovata ha funzionato e Salvini è riuscito a dominare il ciclo delle notizie italiano anche mentre faceva altro e si trovava in un altro paese.
Alla fine di questa giornata, mentre guardavo il selfie con cui Salvini augurava la buonanotte ai suoi fan (chiedendomi, tra l’altro, perché si stesse bevendo un caffè all’una di notte), ho realizzato che ormai ero talmente calato nella comunicazione salviniana da riconoscere a colpo d’occhio i tre/quattro modelli di base a cui sono riconducibili tutti i suoi post.
Ho cominciato a pensare che il suo modo di usare i social era incredibilmente simile a quello che facevo io con la finta pagina Facebook ultra-cattolica che ho gestito per scherzo un paio d’anni fa—dove mi bastava postare qualsiasi cosa avesse dentro la foto di Gesù o della Madonna per ricevere centinaia di like e commenti con scritto solo “amen.” Sarebbe questa la famosa “Bestia”?
GIOVEDÌ
A quanto pare, spiegano su TPI, negli ultimi mesi il numero dei post sulla pagina di Salvini sarebbe aumentato del 30 percento. Questo aumento di produttività, al di là di speculazioni sulla minore capacità di raggiungere il pubblico che lo motiverebbero (del resto, l’algoritmo di Facebook colpisce anche lui), si sposa benissimo con quello che a questo punto ero arrivato a identificare come il senso profondo di tutta la strategia comunicativa del Capitano: fare casino.
Tirare fuori quanti più temi, polemiche e selfie possibile per non lasciare spazio a reazioni un minimo elaborate tra una sparata e l’altra. Quanto ci sia di studiato e quanto invece di casuale non è chiaro, ma senza stare a scomodare Vladislav Surkov—il consigliere politico di Putin che su questa strategia ci ha costruito la sua carriera—è evidente che, se davvero quello è l’obiettivo, la cosa funziona.
Prova ne è il fatto che a questo punto io stesso ero talmente bombardato che i contenuti che mi passavano davanti agli occhi a una media di uno ogni mezz’ora-un’ora non mi stimolavano più alcuna reazione o riflessione: ormai i miei appunti si riducevano a un elenco di cose e persone con cui se l’era presa Salvini quel giorno. Tipo: Fornero (due post), i “9 esponenti dei centri a-sociali” arrestati a Milano per aver favorito l’occupazione delle case a Giambellino (due post), Eugenio Scalfari, quella rivista di “ultrasinistra” che è Famiglia Cristiana (due post).
Quella sera ho deciso di staccare un attimo e sono andato a vedere il Milan. Appena acceso la televisione mi è comparso di nuovo davanti Salvini (era volato apposta ad Atene per andare allo stadio). A quanto pare la mia esposizione al suo faccione sorridente doveva andare avanti, e quella notte ha fatto la sua prima vittima, ovvero la qualità del mio sonno: sono andato a dormire e—giuro—ho sognato Salvini.
VENERDÌ
Brutto sogno a parte, l’ultima giornata del mio esperimento (che, come ho scoperto da un post, era anche il compleanno della figlia di Salvini) è passata tra video di cortei contro Salvini (in uno dei quali hanno anche bruciato un manichino con la sua faccia) e un paio di post su Cesare Battisti, di cui il neo-presidente brasiliano Bolsonaro aveva ordinato quel giorno l’arresto. Anche in questo caso, con i suoi post Salvini è riuscito a imporre il tema nell’agenda mediatica—tant’è vero che lunedì mattina in prima pagina sulla Stampa c’era una specie di “Indovina chi” con i possibili travestimenti adottati da Cesare Battisti per non farsi catturare dalla polizia brasiliana.
Per quanto mi riguarda, in tutto questo la de-sensibilizzazione datami dal bombardamento di status su radical chic, zecche dei centri sociali, immigrati che spacciano morte, etc non aveva fatto che acuirsi ed ero arrivato a scorrere i suoi post praticamente senza vederli, andando col pilota automatico. Ero in uno stato di prostrazione tale che non trattenevo più nulla, praticamente guardavo solo le immagini senza nemmeno far caso al testo che le accompagnava.
Per fare un esempio, quando ho visto questa foto di Salvini che taglia il formaggio l’ho accettata come un contenuto perfettamente normale—solo un paio di giorni dopo, mentre facevo altro, mi sono fermato improvvisamente a pensare che forse non è il tipo di cosa che dovrei dare per scontato di vedere sulla pagina del ministro dell’Interno.
Non posso fare a meno di chiedermi se questo tipo di reazione—la fruizione totalmente passiva della comunicazione di Salvini, priva di razionalità, concentrata sulle immagini trascurando completamente i contenuti—non sia ciò che il bombardamento di foto, status e link sempre uguali ambisce a provocare.
Se persino io che mi considero un forte oppositore di questo governo sono stato tramutato nel giro di sette giorni in un NPC che non fa una piega qualsiasi cosa gli metti davanti, quale può essere l’effetto di questo processo su chi invece lo sostiene?
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