Un gruppo di scienziati ha scoperto come modificare geneticamente le piante affinché le loro radici crescano più in profondità, così da migliorare potenzialmente la loro capacità di immagazzinare CO2, resistere alla siccità e proteggersi dalle inondazioni.
La ricerca è legata alla Harnessing Plants Initiative del Salk Institute, che mira a usare le piante per catturare anidride carbonica dall’atmosfera e conservarla nel terreno.
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Quando le radici di una pianta si sviluppano di più, contribuiscono a conservare la CO2 più in profondità, dove il terreno è più stabile. Controllare la crescita delle radici di una pianta, però, non è proprio semplicissimo. Gli scienziati sanno da tempo che l’ormone auxina è responsabile del processo, ma, finora, non erano certi di come condizionasse precisamente la forma del sistema di radici. Lo studio in questione, pubblicato la settimana scorsa su Cell, ha usato l’arabetta comune (Arabidopsis) per identificare un gene specifico—EXOCYST70A3—che controlla il modo in cui le radici crescono, alterando quanta auxina arriva alle estremità. Questo gene, o un suo simile, è presente in tutte le piante, il che permetterebbe ai ricercatori di manipolare quasi qualsiasi pianta e munirla di radici più estese.
Come capisci cosa fa un gene? Lo spegni. Per natura, le radici crescono in molte direzioni, ma spesso si correggono per puntare in basso. I ricercatori hanno ipotizzato che il gene EXOCYST70A3 fosse responsabile della direzione presa dalle radici in crescita, così hanno provato a vedere cosa succede quando smette di funzionare. Quando hanno modificato l’attività di EXOCYST70A3, spegnendolo o amplificandolo, le radici della pianta, che in genere sono abbastanza scarse, si sono sviluppate molto più in profondità.
Quando le radici di una pianta crescono, conservano CO2 in carboidrati complessi che non sono facili da spezzare per i microbi del suolo (un processo che rispedisce l’anidride carbonica dritta in atmosfera). La Harnessing Plants Initiative sta lavorando per far sì che le piante trattengano più CO2 nella molecola suberina, una componente fondamentale del sughero. La suberina si trova nelle radici della piante e sembra piuttosto resistente alla decomposizione. Riuscire a far crescere radici in profondità, dunque, significa anche ridurre le probabilità che la CO2 riesca a tornare in atmosfera.
“L’idea non è semplicemente conservare quantità maggiori di CO2, ma di farlo in parti del terreno dove la CO2 è più stabile,” ha detto l’autore principale dello studio, Wolfgang Busch. “Cambiare la biochimica, aumentare la stabilità.”
I ricercatori hanno spiegato che questa tecnica ha un potenziale particolare per i raccolti. Molti di essi (pensate alle pannocchie) sono composti da piante ben più grandi dell’arabetta comune, e possono sviluppare sistemi di radici profonde. E dato che sono coltivate in modo esteso a prescindere, sono una cavia perfetta per questo tipo di manipolazione genetica, ha detto Busch.
Ci sono poi altri benefici. Poiché l’arabetta comune è così piccola e in genere non ha un sistema di radici esteso, le radici superficiali si sono dimostrate utili per farla reggere alla siccità. Ma con un sistema più profondo, molte piante potrebbero sopravvivere con meno acqua—perché anche se il sole brucia la parte più esterna del terreno, le radici possono raggiungere i depositi di acqua più sotterranei. A sua volta, una quantità maggiore di CO2 nel suolo, può aiutare un terreno a trattenere l’acqua, ha detto Busch. Inoltre, può rendere il terreno più stabile, proteggendolo dall’erosione causato dalle alluvioni.
Insomma: non solo le piante possono aiutarci a rallentare il cambiamento climatico, ma potrebbero anche iniziare a proteggersi contro alcuni dei fenomeni atmosferici estremi che il cambiamento climatico causa. I ricercatori intendono testare presto questa nuova tecnica di editing genetico su altre piante, con la speranza che sempre più specie possano catturare e conservare meglio la CO2.
Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.