Música

Abbiamo chiesto a Mondo Marcio di fare una classifica dei suoi dischi

Mondo Marcio Nico Maffina

Venerdì 8 marzo è uscito Uomo! di Mondo Marcio. Quell’8, oltre a rappresentare, contro-intuitivamente in un articolo che parla di un disco che si chiama come si chiama, la festa della donna, rappresenta anche il numero di dischi che MondoMarcio, dall’ormai lontanissimo 2004 a oggi ha sfornato.

Nella promozione di questo disco si è spesso parlato di canto del cigno per il Marcio rapper. Anche se sembra difficile che la vena creativa di un Uomo! possa chiudersi a 32 anni, confrontarsi con Marcio sulla sua discografia è stata una scusa per parlare di questa decisione, ma anche di tutte quelle che hanno caratterizzato la sua carriera, dal remix dei Finley al co-sign con Mina.

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Anche se è sempre brutto, ti chiedo qual è il disco che metteresti in ultima posizione, tra i tuoi.
È molto personale, c’è questo meccanismo per il quale, quando crei qualcosa, che sia una canzone o un articolo, nel momento in cui esce dalle tue mani è della comunità, diventa letteralmente un’altra cosa. Pertanto è tuo finché lo stai facendo, quando li pubblichi gli album non sono più figli tuoi, sono adottati dal pubblico. Quindi ti parlerò dei ricordi, delle emozioni che ho vissuto mentre li facevo o quando sono usciti, ma poi ognuno ha una storia diversa da quella che ti racconterò io.

8. Animale in gabbia (2010)

mondo marcio animale in gabbia
La copertina di Animale in gabbia. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

L’ultimo disco, dunque, per quanto ci siamo detti, è questo. Era un periodo di ricostruzione, stavo ricostruendo la mia squadra e riformando in qualche modo la mia struttura. Venivo dal 2007, che era stato un anno pieno di successi, ma anche un anno in cui erano cambiate molte cose intorno a me, a partire dall’etichetta. Ai tempi ero con EMI, e in quel periodo al suo interno cambiarono molte cose, a partire dal fatto che il mio discografico nonché mio manager se n’era andato. Durante Animale in gabbia ero dunque in questo periodo di cambiamenti burocratici e quindi con la testa ero più concentrato sul business che sull’arte. Ha comunque delle chicche, c’è “MP3” lì dentro, un pezzo avanti forse di qualche anno, tutto cantato con l’autotune con dentro un sample degli Ultra Naté. Ho sempre cercato di mettere degli spunti creativi forti, ma in ogni caso ero combattuto tra business e arte e alla fine in queste situazioni ci rimette sempre un po’ la musica.

Pensa io avevo avuto l’impressione che fosse il tuo primo disco “libero”. Vieni da un disco da sensation, un altro che contiene forse uno dei singoli rap più suonati in Italia, quindi da molte aspettative che credo che siano pesanti alla lunga. Qua ci sono brani come “Voglio scrivere un tormentone” o “Un altro Marcio” che mi sembrano un po’ un’auto-critica e un po’ una critica al sistema, come da chi ne è uscito. Mi sbaglio? In questo disco non eri ancora libero da tutte queste cose? Magari è anche questa la gabbia di cui parli…
Mi stavo facendo le ossa, sia creativamente che a livello di farmi da manager da solo. Avevo sì un po’ di esperienza, ma comunque nel 2010 avevo 23/24 anni. Ho avuto un percorso abbastanza anomalo: ho fatto molta gavetta tra i 15 e i 18. Venivo da un periodo in cui l’HH non esisteva, non c’erano le strutture, le piattaforme dove esibirci. Arrivavamo dal nulla, nessuno ci dava i soldi per fare niente. Era una gavetta molto dura, che però ha trovato una grande rivalsa con “Solo Un Uomo” e dopo quello di nuovo mi sono ritrovato a dover ricostruire molte cose. È stato un percorso tra grandi salite e grandi discese e lì stavo ancora imparando a navigare. Col senno di poi un album del genere, anche se lo metto per ultimo — ma solo come legame personale, perché è un disco che poi ho suonato un sacco, al mio zoccolo duro è piaciuto un sacco — ha funzionato.

7. La Freschezza del Marcio (2016)

mondo marcio la freschezza del marcio
La copertina di La freschezza del Marcio. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Questo è un disco che secondo me ha delle chiavi di lettura molto forti, per esempio grazie a pezzi come “Questo cuore, queste stelle” che è un pezzo che è diventato un piccolo classico per chi mi segue. Però, parlandoti dei miei ricordi, creativamente ho avuto un po’ le mani legate. Avevo tante idee, però non è stata una produzione mia al 100 percento, non essendo io il proprietario del master. Ho potuto proporre delle soluzioni sia per i video, che per la creatività in senso lato fino alla comunicazione, ma non tutte sono andate a buon fine. Quando penso a un disco metto sullo stesso piano la musica e il modo in cui viene comunicata, perché mi piace l’idea che a chi sta a casa arrivi un unico grande messaggio e qui ho avuto un po’ le mani legate e per questo lo percepisco come un lavoro un po’ a metà.

Se dovessimo trovare un punto in comune tra questo e Animale in Gabbia forse si potrebbe dire che entrambi sono un ritorno, un modo per dire: “da questo momento in poi le cose cambiano”.
Tendo a cambiare molto spesso. Ho una firma molto riconoscibile però al tempo stesso sono molto curioso, alle volte seguo troppo poco le mode, me ne frego di cosa va di moda e faccio ciò che mi stimola. Non sempre è una scelta giusta, commercialmente parlando, però di buono penso che ci sia che chi mi segue è spinto a essere sempre curioso. Non sono un grande fan degli artisti che ripropongono sempre lo stesso personaggio, anno dopo anno. Quella mi pare una mossa abbastanza paracula, non stai facendo musica, stai facendo marketing. Preferisco sempre scoprire cose nuove.

Questo disco tra l’altro arriva in un periodo molto particolare, in cui non si era ancora capito dove sarebbe andata la scena e tu arrivi con un singolo che è un tributo ai Cypress Hill.
Ci sono un sacco di riferimenti a loro, ma soprattutto a quel periodo. Voleva essere un tributo al rap tra gli anni Novanta e i Duemila, un modo per dire che la musica non ha data di scadenza. “La freschezza del marcio” è perché qualsiasi cosa può essere fresca, basta che sia valida.

6. Generazione X (2007)

mondo marcio generazione x
La copertina di Generazione X. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Questo è un disco che commercialmente è andato bene, ha fatto disco d’oro, quindi dovrei essere soddisfatto. Eppure, qui, stavo iniziando a soffrire della fama. È un disco che mi ha fatto soffrire molto, perché metà della scena italiana, quando ha visto il successo che stavo facendo con Solo un uomo ha ben deciso di tirarmi merda addosso. Il disco prima era forse uno dei boom più grandi della storia del rap italiano, così tre quarti della scena iniziava a darmi del venduto, per poi cercare di fare il mio stesso percorso sei mesi dopo.

La cosa che mi colpì di questo disco è che fosse un concept album non solo a livello di concetto, ma anche a livello sonoro. Penso alla lunga metafora del viaggio. Venivi da due dischi che volendo possono essere considerati concept album, ma questo era un pacchetto completo. E, soprattutto, mostravi un’attenzione per il pop italiano che non tutti allora avevano con un bel campione di Anna Oxa che, volendo, rivelerà poi il tuo cammino futuro.
Be’, l’attenzione al pop c’è sempre stata, perché io sono cresciuto con tanti generi musicali e ho cercato di mettere tutto nel mio disco. Se tu ci pensi tutti i primi tre dischi sono stati dei dischi molto avanti per il periodo in cui sono usciti, sia per il sound che per i contenuti. Ho parlato di cose che all’epoca non erano comuni: la famiglia, la mamma. Fare i pezzi dedicati alla mamma non era cool, era una cosa che a me stava a cuore perché ero cresciuto in casa con lei e basta, era lei il mio supereroe. Adesso va di moda parlare della mamma. Idem la pronuncia masticata. Ai tempi tutti mi chiedevano come cazzo parlassi, adesso tutti quanti si masticano la pronuncia. Se vuoi continuo: per “Solo un uomo” siamo andati a fare il video negli Stati Uniti, sembrava uno spreco. Oggi se non fai il video negli USA sei un fallito. Poi c’era un’altra cosa che mi chiedevi…

Sì, il concept.
Ah, certo. Mondo Marcio e Generazione X sono concept album in tutto e per tutto. Il primo è tipo un incubo, un’allucinazione che finisce quando inizia e Generazione X è questo bad trip che mi faccio su questo aereo. L’idea di fare concept album è quella di fare album che abbia senso ascoltare di nuovo. Sono sempre stato fan del dare valore a ciò che si crea: se io creo qualcosa per te ci tengo che rimanga, che sia qualcosa di prezioso per te. L’idea di fare un concept album è quasi intrinseca con questo pensiero: se io faccio un concept album è un film, è un qualcosa che quando finisce vuoi riscoprire come è iniziato. Solo un uomo, invece, non nasce come concept album, ma musicalmente lo diventa perché ero così compatto e quadrato a livello di sonorità e tematiche che risulta molto coeso come disco.

Non mi aspettavo questa posizione per Generazione X, sinceramente.
Alla fine è un disco che ha funzionato, ma che ha sofferto di tutto ciò che lo circondava. Io, quasi ingenuamente, fin da ragazzino sono stato molto fan della cultura. Tutto quello che facevo era portare l’hip hop in posti in cui non era mai stato. Se ci pensi a TRL, a Top of The Pops o al Festivalbar nessun rapper c’era mai stato. Nessuno neanche se lo sognava. E tutto ciò l’ho sempre fatto per la cultura, la nostra cultura. E vedere che la risposta non era positiva, ma era “pezzo di merda ti sei venduto alle multinazionali” mi ha spinto a pensare per chi stessi facendo questa cosa. Non ho mai fatto musica per accumulare soldi: mi piace guadagnare, ma il rap non è business per me, è una passione.

È qui che iniziano i primi sintomi del “malessere” di cui parlavamo rispetto ad Animale in gabbia?
Sì, poi considera che avevo 20 anni.

Pazzesco! Non si pensa mai a quanto fossi giovane, all’epoca del successo. Hai tipo dieci anni in meno dei tuoi colleghi di quegli anni.
Mondo Marcio è uscito quando avevo 16/17 anni, quindi sì, l’età è stato un valore importante che forse, sì, viene snobbato.

5. Nella Bocca della Tigre (2014)

mondo marcio nella bocca della tigre
La copertina di Nella bocca della tigre. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Questa per me è la cosa più americana che tu abbia mai fatto. Tu prima parlavi di cultura in senso hip hop, che però è una roba che non appartiene all’Italia. Come si fa a trasportarla in Italia? Riprendendo le nostre radici, “distruggendole” e poi ricostruendole con il rap…
Sono d’accordissimo con te, bisogna distruggere per poter ricostruire, in un certo senso. Portare la cantante italiana per eccellenza, Mina, in un contesto hip hop a me gasava tantissimo, mi sentivo un bambino in un negozio di dolci. Era anche la possibilità di alzare moltissimo il livello della conversazione e di rendere più autorevole il nostro genere. Ho passato parte della mia carriera a essere il drogato, il perditempo e i cantanti sono altri, la musica vera è altra. E allora sai che c’è? Io ho fatto il disco con la cantante italiana.

Tra l’altro una persona che non è solita collaborare con gli altri.
Fa letteralmente quello che vuole perché ha venduto più di 150 milioni di dischi. Fare un disco con lei mi sembrava un’ottima prova del nove per tutti i detrattori del genere e della nostra cultura per dimostrare che potevamo stare allo stesso livello del pop, del rock e di tutti gli altri generi che vanno in Italia.

E come si fa a convincere il pubblico italiano che il rap non è una cosa di serie B?
Secondo me ci vorranno altri 20/30/40 anni per farcela davvero. È come insegnare a un bambino a camminare, moltiplicato per 60 miliardi. Dicevi benissimo prima: il rap non fa parte della cultura italiana. È una musica giovane, di protesta, degli afro-americani che muoiono nel ghetto. L’Italia è un paese bianco, di mezz’età e borghese. Soltanto chi ha avuto determinate esperienze personali o può capire i valori dell’hip hop. Però siamo comunque su un’ottima strada.

E tornando a Mina: come nasce questa collaborazione?
Da una canzone. Questa è una cosa che non sa nessuno: le ho mandato una canzone per “Cose dell’Altro Mondo”, che a lei è piaciuto. La sua risposta è stata: “Perché non provi a farne altre?” e allora ho iniziato a concepire quel progetto fichissimo che poteva essere, ho tirato via quel pezzo dal disco e ne ho fatti altri… Così nasce il disco del 2014.

Però dopo tutto ciò che mi hai raccontato, per la tua esperienza personale, con questo disco sei tornato in major. Sembrerebbe un po’ un harakiri. Perché farlo?
In realtà è stata una bella collaborazione, mi sono trovato bene. Qualsiasi multinazionale è fatta di persone, le chiacchiere che avevo fatto per questo disco mi piacevano, i presupposti mi soddisfavano e per cui abbiamo lavorato bene. Per un artista come me, poi, è meglio lavorare come indipendente piuttosto che con una multinazionale per il semplice fatto che in una multinazionale ci sono troppe dinamiche, mentre io sono abbastanza un’accentratore.

Ok, dobbiamo andare avanti con la classifica…
Sì, prima ci tendo a dire per un’ultima volta che mi dispiace molto mettere questo disco quinto, ma è tutta una questione di cuore. Tra l’altro non tutti sanno che, e questa cosa ci tengo che esca, questo disco ha fatto cambiare il regolamento di Sanremo.

Ovvero?
Grazie a questo progetto adesso sul palco dell’Ariston si possono portare i sample. Prima non si poteva: quindi se adesso un artista rap volesse portare un campione sul palco di Sanremo, grazie a Nella bocca della Tigre può farlo.

Tu però non hai partecipato, no?
No, però me lo avevano proposto. E per potercelo proporre hanno cambiato il regolamento, che non accettava il campionamento.

4. Cose dell’altro Mondo (2012)

mondo marcio cose dell'altro mondo
La copertina di Cose dell’altro mondo. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Questo è stato il disco della mia rinascita. Arrivavo da un disco in cui non avevo stimoli e non ero in forma. Ero deluso dalla risposta della scena, come dicevo prima. Nella scena rap italiana c’è un po’ la sindrome del cazzo corto.

Senti, magari mi manderai a cagare, però non sei il primo artista HH italiano che arriva al disco della rinascita dopo un dissing. Prima di questo disco c’è stata la faida tra te ed Entics, ti è servita in qualche modo per riprendere un po’ di sicurezza in te stesso?
Sicuramente ha fatto tanto hype. C’è ancora tanta gente che mi scrive gasata. È anche il motivo per cui qualche anno fa le sfide di freestyle andavano un casino: al di là del fatto che alla gente piace il sangue, ti esce fuori una carogna che ti fa venire i superpoteri. Ci metti ancora più impegno perché ne va in qualche modo della tua credibilità. È stata una cosa che mi ha fatto gioco.

Però non ha sbloccato nulla a livello personale?
No, non ti direi che mi ha soddisfatto così tanto. Più che altro era una risposta a Entics, con il quale non c’era un rapporto umano, proprio non sapevo chi fosse, né musicalmente, né umanamente. È stata una risposta a uno sconosciuto.

Questo disco celebra un po’ anche il tuo “ritorno” al rap, il tuo riprenderti da una scottatura, no? Considerando anche che dopo esce anche l’EP con Bassi Maestro.
Sì, non è che io abbia mai abbandonato quella strada, non ho mai fatto paraculate. Anche il pezzo con i Finley, se uscisse oggi sarebbe un coronamento. Non ho mai usato scorciatoie, e se anche volessimo considerare quel remix un trucchetto, ti dico che uscì che io avevo già fatto disco d’oro. Ha lanciato loro, però a me ha cambiato zero, perché stava già andando tutto alla grandissima. Più che ritorno al rap, ti direi ritorno all’ispirazione positiva. Se crei devi stare bene, qua stavo bene. Secondo me è un disco che spacca.

3. Uomo! (2019)

mondo marcio uomo
La copertina di Uomo!. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Ok, lo metto qua solo perché mentre parliamo non è ancora uscito.

È il tuo ultimo disco, immagino di un certo tipo di carriera. Non penso tu voglia smettere del tutto con la musica…
Sinceramente non lo so, ci sono dei giorni in cui apro Instagram e mi chiedo cosa ci faccio in questo mare. E non sto parlando della Dark Polo Gang, loro mi piacciono. Non sto parlando della trap, sto parlando di un certo tipo di attitudine, degli influencer, dei fashion blogger, di chi inizia a rappare e dopo cinque minuti pensa di farsi una carriera dissando tutti. Quando ho iniziato c’era la ricerca della felicità, c’era la ricerca della propria affermazione. Arrivavamo da un contesto che era il nulla e volevamo qualcosa per noi. Adesso è attenzione, moda, devi solo sfruttare il successo del genere. A parte certi rari casi, non si ha davvero quel bisogno di fare questa musica. Io voglio fare il rapper perché è più fico stare sul palco che stare a guardare i video. Dieci anni fa facevi soldi per poter fare rap, oggi fai rap per fare i soldi.

Oggi non c’è più nessuno che costruisce, se arriva un nuovo fenomeno vuole distruggere tutto il passato. Anche al di là del rap, siamo nell’epoca del delivery, non mi devo sbattere per avere niente, ho tutto comodamente dal divano. Quindi faccio per fare, non per costruire. Se in Italia giocassimo per il gioco di squadra, staremmo molto meglio, invece di porci ogni volta come la bella del ballo se fai più di altri, staremmo molto meglio. Dopo 15 anni in questo ambiente penso di potermi permettere di dirlo.

Parliamo un attimo del disco, però.
Questo è il disco con il messaggio più forte che io abbia mai fatto. Si chiama così in contrapposizione con quello che sta accadendo ora. Vorrei abbattere tutto questo messaggio dell’apparenza. Se vuoi essere il fenomeno del momento quella sarà la durata della tua carriera: un momento. E musicalmente è una bomba: è il disco che ho prodotto in collaborazione con gli USA più di altri. C’è il suono di Casanova, di 50 Cent… Musicalmente sono contentissimo, è il disco che mi ha preso più di tutti. Non ci avevo mai messo tre anni a scrivere un disco. Questo è l’ultimo disco della mia prima vita. Per ultimo disco intendo che molto probabilmente se non cambieranno delle cose la vedo difficile uscire con un altro album.

Ma insisto: non credo che per come sei tu possa smettere di fare musica. Mi sbaglio?
Ho una vena creativa che sicuramente non si chiude a 32 anni, quindi sicuramente continuerò a creare. Cambieranno un po’ di cose nella mia vita personale dopo questo album, a partire dalla città in cui vivo. Cercherò nuovi stimoli. In questa vita ho detto tutto quello che potevo dire e un disco migliore di questo sicuramente non potevo farlo, sia musicalmente che a livello di contenuti, di scrittura, di suono. Indipendentemente da come andrà, sono sicuro di aver messo una bandiera che mi renderà orgoglioso di quanto ho fatto. Vediamo cosa succede.

2.bis Fuori di qua (2004)

Questo mixtape dobbiamo inserirlo. È vero che è un mixtape, però è speciale. È concepito come un disco, l’ho chiamato così perché volevo qualcosa di molto street. Lo metterei quasi a pari merito con…

2. Mondo Marcio (2004)

mondo marcio mondo marcio
La copertina di Mondo Marcio. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Il disco ha un taglio molto inedito, molto personale, estremamente cupo, soprattutto perché era concentrato sul mio periodo adolescenziale che come avrai notato dai miei primi… otto dischi, è stato molto tormentato. “Tieni Duro” l’ho scritta pochi anni dopo averla vissuta, l’ho scritta a sedici anni.

Una cosa che mi piace molto di questo disco, al di là di tutti i discorsi personali, è il passaggio di testimone — o forse sarebbe meglio dire l’incoronazione — da parte di Bassi Maestro. Un altro milanese che rappa e produce.
Bassi è stato l’unico co-sign che ho avuto nella mia carriera. O meglio: Bassi e Mina. Che è stilosa come cosa [ride]. Non è da tutti avere al proprio angolo il re dell’hip hop e la regina della musica italiana. Mi ripeto: Mondo Marcio e Fuori di qua secondo me sono delle mine atomiche, il primo per i contenuti avanti dieci anni, il secondo per i contenuti e per il sound, perché era tutto improntato sullo stile americano, sulla mia rappata americana, che è stato un esempio per tanti. Adesso non voglio prendermi nessun merito, ma dire che non ho fatto tanto per la scena hip hop sarebbe dire una cazzata.

Colgo l’occasione al volo per togliermi un dubbio: ma il tuo modellare la parlata su una cadenza tipica dello slang americano non è stata un po’ un’arma a doppio taglio?
Arma a doppio taglio direi di no. Mi è spiaciuto che venisse attaccata una cosa che in realtà voleva essere stilosa, ma mi ha fatto gioco, perché che se ne parlasse bene o male, rendeva il tutto ancora più riconoscibile, perché comunque ero l’unico a fare quella parlata così masticata. Poteva essere una cosa stilosa, che alzava il livello della competizione, e invece no, hanno dovuto dire “ha la patata in bocca”. Non ci ho perso il sonno, ecco.

Quindi in prima posizione…

1. Solo un uomo (2006)

mondo marcio solo un uomo
La copertina di Solo un uomo. Cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Sì, non tanto perché è un disco che riascolto — premesso che non riascolto nessuno dei miei dischi — ma perché è stato il precedente che ha lanciato la nuova ondata di rap italiano.

Succede tutto qualche mese prima di Fibra, no?
Sì, un anno scarso.

Purtroppo, anche se ne abbiamo già parlato, dobbiamo tornare su quello che chiunque si chiede su questo disco: il pezzo coi Finley. Anche se non era nel disco ma nella repack, anche se era un remix, due parole dobbiamo spenderle. Secondo te è una di quelle cose che poi ti creerà i problemi di cui abbiamo parlato lungamente o per te non ha mosso niente, né in positivo, né in negativo? Ci sono dei lati negativi, dei lati positivi? E ancora: voleva essere una mossa à la Jay-Z e Linkin Park?
Bah, per me rimane sempre una roba marginale. Uno perché è all’ordine del giorno, quindi nel caso eravamo semplicemente avanti. Due perché a me ha cambiato zero. Non ho fatto platino con il remix, era una cosa che ci divertiva, me l’hanno proposta e io ho detto ok, perché non mi sono mai fatto nessuna paranoia. Ero “Dentro alla scatola” ma ragionavo fuori dalla scatola. Perché dovevo ottenere l’approvazione di qualcuno per fare una canzone? Però di tutte le cose che Solo un uomo ha fatto è assurdo ricordarsi di un remix, no? Cioè il pezzo originale aveva dei contenuti che non si sono MAI sentiti in radio, forse solo con De André, e che ancora adesso non li senti, comunque.

E come ci arriva questa roba in major?
Con Mondo Marcio. Sentono quel disco e, nella persona di Fabrizio Giannini, mi contattano. I problemi del 2007 con EMI sorgono proprio perché Fabrizio se ne va da lì e rimango in major senza manager.

E un’altra cosa che mi chiedo è: com’è stato il tuo rapporto con una stampa tradizionalista completamente vergine al tema, vedendo oggi, dopo 13 anni, che casini fanno?
È stato come essere il primo cowboy che sale sulla collinetta per combattere gli indiani: si piglia tutte le frecce, torna indietro e dice agli altri “Oh raga ce n’è un botto dall’altra parte”. Non penso che qualcuno mi debba ringraziare, ma, ecco, non mi sarei aspettato tutte quelle critiche. Questo disco è stata la prova che certi contenuti potevano andare in radio e che certi soldi, cifre che ai tempi erano impensabili, potessero essere investiti in un disco rap. È stato l’effetto a catena che ha causato nell’industria musicale. A me scoccia fare questa parte, ma nessuno ha detto che Solo un uomo ha fatto tutto ciò che ha fatto. E se nessuno lo dice, lo devo dire io. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.

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