Il collettivo di digital artists Clusterduck si definisce come “un gruppo di cazzutissimi internettuali a cui piace sprecare tempo online; il ragazzo inquietante che ti fissa dalla parte opposta del cortile virtuale della scuola,” probabilmente le migliori premesse per curare una mostra chiamata #MEMEPROPAGANDA.
La galleria virtuale sarà aperta dall’8 maggio al 30 giugno e sarà ospitata da greencube.gallery. Il progetto, che si prefissa l’obiettivo di riflettere sulla crescente influenza dei meme e dei contenuti memetici sulla società digitale, sarà articolato in due fasi: durante la prima, sei artisti creeranno un set di poster iconici che avranno come protagonisti i personaggi dell’immaginario meme (chiamati meme characters), come i Rage Comics, Pepe the Frog e Gondola; la seconda parte, che avverrà in un forum, funzionerà come una imageboard in cui tutti potranno disegnare personaggi originali o modificare i contenuti già esistenti, il tutto confrontandosi e parlando di meme con gli altri utenti.
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Il collettivo si compone di ragazzi e ragazze dalle conoscenze trasversali: tra le loro fila contano filmmaker, web designer, semiotici, esperti in machine learning e persino un pappone digitale; queste competenze sono state messe a frutto nella genesi di “Internet Fame”, una esibizione virtuale ospitata alla Wrong Digital Biennale in cui numerosi artisti hanno proposto una riflessione sulle implicazioni della fama su Internet.
È stato per me un piacere, e un onore, raggiungere i ragazzi di Clusterduck per fargli qualche domanda sul loro nuovo progetto.
Davide Bettelli, MOTHERBOARD: Come è nato #MEMEPROPAGANDA? A quale bisogno ha risposto questo progetto?
Clusterduck: Quello che abbiamo notato è che vi sia un forte desiderio di rivalsa da parte di tutte quelle frange di memers che non si identificano con movimenti Alt-right, Edgy, o Incel: comunità che coltivando un presunto elitismo memetico usano l’ironia come mezzo per sdoganare misoginia, razzismo e tutto un pesante corollario di ideologie politiche profondamente reazionarie.
Il nostro progetto esprime l’urgente bisogno, da parte di chi non appartiene a queste categorie, di riappropriarsi di quel linguaggio potentissimo che sono i meme e di creare un luogo dove incontrarsi e creare qualcosa insieme. Clusterduck è un collettivo che deve moltissimo al suo network, e le nostre iniziative sono in buona parte una risposta ai movimenti che osserviamo nei gruppi e sulle piattaforme in cui ci muoviamo.
La cura e l’attenzione per la meme community ci paiono ancora più urgenti in questi giorni, quando ormai anche la politica si è accorta del potere di questa forma comunicativa: in modo non dissimile dalle tecniche di propaganda nate a cavallo delle due guerre, oggi vediamo nuove possibilità di manipolazione e gestione del consenso. Pensiamo che sia necessario confrontarsi con questi fenomeni, studiarli e capirli, in modo da avere gli strumenti per creare e difendere narrazioni alternative a quelle dominanti.
Chi sono gli artisti che partecipano alla mostra e come sono stati scelti?
Proprio per sottolineare la nostra volontà di andare oltre l’elitismo memetico, abbiamo scelto sia artisti che producono meme costantemente, sia disegnatori che sono completamente estranei alla meme culture: abbiamo una digital artist, Nicole Ruggiero, proveniente dalla cultura Tumblr e da un’estetica post-internet; artisti underground con background profondamente diversi rispetto alla meme culture e alle sottoculture digitali, come Shay Ariely e Simon Villaret; un classico disegnatore come l’italiano Dr. Pira, che seguiamo da tempo, e che ci ci affascina per il modo in cui i suoi personaggi, pur non essendo meme, ne richiamano fortemente l’estetica e lo spirito; veri e propri meme artist come David III e infine designer e studiosi di meme come Jules Durand.
I poster degli artisti verranno diffusi sia in rete che nel mondo reale, il che fa di #MEMEPROPAGANDA una mostra transmediale. Perché questa scelta?
In parte abbiamo già risposto: il network e la partecipazione sono alla base di tutta la nostra ricerca e del nostro operato. In questo caso c’era inoltre la richiesta concreta da parte dei nostri partner della greencube.gallery di confrontarci con il concept che ha ispirato il loro progetto, che prevede il confronto ed il dialogo costante fra la dimensione URL/ATK (At The Keybord) e quella IRL/AFK (Away From Keybord).
Ci sono poi almeno altre due ragioni altrettanto importanti e complementari: il nostro desiderio come Clusterduck di confrontarci con la fisicità di Internet, intesa sia come manifestazione delle culture digitali nel mondo reale, che come studio delle realtà socio-politiche ed infrastrutturali soggiacenti alla rete; e l’auspicio di affrontare questa mostra con uno spirito duplice, ad un tempo scientifico-sperimentale e situazionista. Vorremmo che #MEMEPROPAGANDA fosse allo stesso tempo esperimento scientifico, happening artistico e gesto politico.
La mostra sarà a partecipazione collettiva; questa, nel mondo dei meme, è una scelta quasi politica. Cosa volete affermare?
Quello che stiamo facendo non è solo una mostra a partecipazione collettiva, ma un’operazione collettiva presentata come una mostra. Ci sembrava impossibile avvicinarci ai meme come si farebbe con qualsiasi altra forma d’arte, individuando degli autori e selezionando delle opere per poi creare una cornice concettuale e materiale in cui esporle.
C’è poi un altro aspetto importante: quello inerente al ruolo e alla natura dei meme characters. Questi sono un tipo di format memetico ben definito ed estremamente particolare: da un lato, per la loro caratteristica di essere associabili ad uno stato d’animo o a un sentimento ben precisi richiamano l’origine e la storia stessa dei meme; dall’altro sono assimilabili ad archetipi narrativi universali, che evocano personaggi e categorie tipiche della narrazione fiabesca: eroi, anti-eroi, antagonisti, aiutanti e così via. I meme characters permettono una sorta di cartografia dell’inconscio collettivo digitale, riflettendo desideri, pulsioni ed aspirazioni dei gruppi e delle comunità che li hanno creati. Questa mappatura a nostro avviso non può che essere il prodotto di uno sforzo collettivo e partecipato.
Come si pone Clusterduck nei confronti della controversia sul carattere artistico del meme? Può un meme essere arte?
Se dovessimo rispondere a questa domanda con un sì o un no, la risposta sarebbe indubbiamente affermativa. Tuttavia ci pare che l’essenza della questione vada cercata altrove: i meme sono un linguaggio le cui potenzialità e specificità sono oggetto di uno studio e una rinegoziazione continua. In maniera non dissimile da forme espressive come il cinema o il fumetto, nate in contesti popolari e propri della cultura di massa della società moderna, anche i meme stanno vivendo una loro evoluzione.
Non ci stupirebbe vedere i meme svilupparsi lungo un percorso simile, pur con tutte le inevitabili differenze che discendono dalla peculiarità dei meme rispetto ad altri tipi di linguaggio. Per citare alcune delle più importanti: l’immaterialità, l’autorialità collettiva e la conseguente difficile monetizzabilità, che richiedono e richiederanno indubbiamente forme di studio e diffusione completamente diverse dal passato.
#MEMEPROPAGANDA è aperto! Visita la galleria virtuale fino al 30 giugno su greencube.gallery.