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Il sottile confine tra Siria e Libano

La situazione siriana è un problema anche per Beirut, dove gli sconti tra le fazioni pro e anti Bashar al-Asad si fanno sempre più violenti.

Dodici anni fa, le forze armate israeliane lasciavano il sud del Libano. Questo evento avrebbe dovuto segnare un nuovo capitolo di pace per il Paese, ma nella realtà è andata un po' diversamente.

Alcune cose, in Libano, sono certe come la morte e le tasse. E nonostante la guerra civile sia ufficialmente finita, il Paese è profondamente diviso. Con le varie fazioni di sunniti, sciiti, cristiani e drusi in lizza per il potere, ai giovani basta poco per scatenare sparatorie in una versione levantina e ultraviolenta de I nuovi guerrieri.

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Questa volta i problemi arrivano da fuori, dai confini con la vicina Siria. Gli scontri tra le forze del regime di Bashar al-Asad e l’Esercito Siriano Libero continuano da ormai un anno, e il conflitto ha inevitabilmente cominciato a sconfinare in Libano. Il regime siriano è intervenuto negli affari libanesi per decenni, utilizzando il Paese come pedina nel suo gioco di dominazione politica sulla regione.

Il 20 maggio, Sheikh Ahmed Abdul-Wahid (una figura religiosa di tendenze anti-Asad) e la sua guardia del corpo sono stati uccisi dall'esercito libanese presso un posto di blocco militare nel nord del Paese. Il fatto non è passato inosservato, con serie implicazioni per l’esercito e le fazioni politiche al potere. I funerali di Abdul-Wahid hanno raccolto migliaia di persone, e ovunque sventolava la vecchia bandiera siriana—quella usata prima che il partito Ba’ath salisse al potere e la cambiasse. Le bandiere libanesi erano invece assenti, a riprova di quanto siano intrecciati i sentimenti politici degli abitanti della regione.

Al funerale di Abdul-Wahid non si è vista nemmeno una bandiera libanese.

Abdul-Wahid è solo l’ultimo nome di una lunga lista di assassinii politici verificatisi in Libano negli ultimi anni, il più importante dei quali è stato l'ex primo ministro libanese e capo del Movimento per il Futuro, Rafiq al-Hariri, ucciso in un agguato bomba nel 2005.

Dalla morte di Abdul-Wahid, il Libano è stato teatro di innumerevoli scontri tra le fazioni favorevoli e contrarie al regime siriano. Nel quartiere beirutino di Tariq al-Jadideh le sparatorie sono legate al nome del politico pro-Asad Shaker al-Berjawi. Dopo che i sostenitori di Berjawi hanno aperto il fuoco sui manifestanti pacifici contrari ad Asad—provocando la morte di due uomini—gruppi di giovani sunniti hanno risposto con la forza, rendendo necessario l’intervento dell’esercito per allontanare Berjawi dalla zona.

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Finora, il Movimento per il Futuro, di tendenze anti-Asad e appoggiato dall’Occidente, ha cercato di mantenere l’ordine tra le sue fila, ma sono sempre più le persone pronte a reagire con violenza a quella che percepiscono come una minaccia siriana alla loro indipendenza. Il rischio di una guerra civile è sempre in agguato, e nonostante la sua posizione a pochi passi dalla polveriera siriana, il Libano è per lo più ignorato dai media.

Tra le città colpite dagli scontri ci sono anche Tripoli e Beirut.

Per scoprire di più, ho parlato con la dottoressa Khatoun Haidar, consulente dell’Istituto delle Donne Progressiste e della campagna “Accendi una candela" a favore delle famiglie libanesi colpite dalla guerra. La dottoressa Haidar è un’attivista per i diritti delle donne, profondamente coinvolta nelle iniziative popolari durante la guerra civile libanese.

VICE: Qual è il suo punto di vista sulla morte di Ahmed Abdul-Wahid?
Khatoun Haidar: Il modo in cui è morto è una vera tragedia per il Paese. Era diretto a una manifestazione per commemorare gli eventi che hanno segnato Beirut nel 2008, quando Hezbollah ha preso il controllo di diversi quartieri della città e incendiato gli uffici del canale televisivo Future TV terrorizzando i cittadini. Sheikh Ahmed non era un salafita né un militante islamico jihadista, era solo un uomo di religione molto attivo nel sostegno ai rifugiati siriani fuggiti in Libano.
La sua morte è il risultato di una lunga campagna intimidatoria dell’esercito libanese nei confronti di coloro che offrono aiuto ai rifugiati siriani. Sarebbe molto pericoloso per il Libano se l’esercito continuasse a operare in questo modo.

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Chi è responsabile delle recenti violenze di Beirut e Tripoli?
Non credo che le lotte siano fra fazioni diverse, si tratta più che altro del risultato delle provocazioni da parte dei sostenitori di Bashar al-Asad nei confronti della popolazione libanese. Queste provocazioni non sono una novità, e i tentativi del Movimento per il Futuro di tenere sotto controllo la situazione iniziano a scricchiolare. La gente è arrabbiata e comincia a guardare a una leadership in grado di difendere il popolo.

Quanta di questa violenza dipende dalla Siria?
Se si guarda oltre le apparenze, è chiaro come la Siria abbia interessi nel vedere un peggioramento della situazione in Libano. Asad ha dichiarato ai media che in caso di crollo del suo regime la regione e l'Europa vivranno grossi problemi. Quello che ha tenuto a bada la situazione finora è il fatto che i sostenitori dell’Iran non stanno supportando attivamente il regime siriano. Hezbollah teme che, in caso di una guerra civile, non sarebbe capace di arginare il flusso dei sunniti. Non dimentichiamo che questi ultimi sono ancora una maggioranza in Libano e che molti sciiti stanno iniziando a prendere le distanze dalla posizione di Hezbollah. La Primavera siriana si sta trasformando in un’orribile primavera sanguinosa.

Qual è la posizione di sciiti e cristiani nel conflitto?
La popolazione sciita è molto preoccupata per il futuro. Percepiscono l’ostilità alimentata dalle manovre di Hezbollah e dell'alleato cristiano (ex comandante dell’Esercito libanese e leader politico) Michel Aoun. Hezbollah sta cercando di tenersi lontano dal malcontento sunnita—sono meno convinti dell’utilità della strategia siriana in Libano, ma alla fine seguono la posizione iraniana. Non possono sopravvivere senza il supporto dell'Iran.

La popolazione cristiana è preoccupata e divisa, e la posizione pro-siriana assunta dal Patriarca maronita ha scosso non poco i credenti. Il popolo è contrario ad Asad, ma è anche preoccupato per la tendenza islamica assunta in alcuni casi dalla Primavera araba. Sul campo, Aoun sta perdendo consensi: l'appoggio ad Asad gli sta costando caro. Tuttavia, alcuni dei suoi sostenitori sono convinti che la sua alleanza con Hezbollah sia un deterrente contro l'eliminazione dei cristiani libanesi da parte dell'Iran.

In pratica, il conflitto è più politico che religioso. Ed è proprio questo che molti, in Occidente, sembrano non comprendere.

Crede che la situazione stia peggiorando? Quali sono i possibili esiti?
La situazione può peggiorare, e non è escluso che ciò avvenga. L’Europa e gli Stati Uniti hanno assecondato per troppo tempo il regime siriano. Purtroppo questo ha permesso ad Asad di sentirsi forte e capace di raggiungere i propri scopi a suon di minacce. Oggi siamo testimoni dello stesso atteggiamento. È vergognoso che gli osservatori stiano assistendo a veri e propri crimini contro l’umanità, massacri dei bambini, intere famiglie uccise dal regime, e non facciano assolutamente niente. Ovunque si parla di Al-Qaeda, come fosse l’uomo nero. Questo comportamento non fa che avvantaggiare gli estremisti. L’Islam moderato nato durante la Primavera Araba ha realmente attratto le popolazioni arabe. È triste constatare come, col tempo, la stupidità e l’incompetenza della cosiddetta comunità internazionale si nutriranno del risentimento e della disperazione, alimentando in questo modo l’estremismo.