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È tutto un complotto

Abbiamo incontrato Riccardo Sindoca, ex-spia, massone, politico di estrema destra e memoria vivente dell'Italia degli ultimi 25 anni.

Lo spionaggio è da sempre uno dei temi preferiti di Hollywood, che ce l'ha propinato in tutte le salse distorcendolo in maniera più o meno estrema e rendendolo inevitabilmente molto più glamour di quanto sia in realtà. Questa differenza sembra essere particolarmente vera per l'Italia, dove lo spionaggio è forse ciò che di più distante esiste rispetto ai fighi del cinema che si buttano senza paracadute da elicotteri in picchiata. Una delle ultime notizie che in qualche modo ci ricorda la questione riguarda Gaetano Saya, leader del Partito Nazionale Italiano, massone, crociato islamofobo ed ex agente del SISDE, che venerdì 5 ottobre è stato condannato per apologia del fascismo. Saya è salito agli onori della cronaca per cose tipo questa, o questa, o questa, ma del suo essere spia non si è mai parlato.

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Per saperne di più ho voluto parlare con qualcuno capace di spiegarmi il nesso tra 007, massoni e fascisti e ho incontrato Riccardo Sindoca, ex-agente, politico di estrema destra, massone e memoria vivente dell'Italia degli ultimi 25 anni.

Riccardo vive a Lugano, in Svizzera, ha una passione per i diplomi in teca e un orso polare di peluche che tiene in camera. Oggi ha 44 anni, un figlio e una futura moglie, Sonia. Negli anni ha lavorato in Italia, Somalia, Kosovo e un sacco di altri posti di cui non mi ha voluto parlare (segreto NATO). Ha partecipato a Gladio, l’operazione segreta NATO italiana, ha lavorato con SISDE, SISMI e SID e ha ricevuto encomi dal Vaticano. Nel 2005 è stato imputato ed arrestato per associazione a delinquere finalizzata a usurpazione di funzioni (in altre parole, per aver aver creato un dipartimento di spionaggio super segreto senza dirlo a nessuno, con lui lo stesso Saya). Oggi le accuse sono cadute perché il Governo era a conoscenza di tutto, e di segreto, a quanto pare, c'era ben poco.

Riccardo è un massone pubblico.

VICE: Ciao Riccardo. Raccontaci chi sei e cosa fai ultimamente. 
Riccardo Sindoca: Oggi sono un imprenditore, e nel sociale mi occupo di cooperazione Internazionale umanitaria come Generale di Divisione dei Corpi Sanitari Internazionali di Soccorso. A volte mi occupo ancora di intelligence, ma come perito e consulente, solitamente per Governi e multinazionali. Cosa intendi tu per "intelligence"?
Di fondo è una questione economica, intelligence significa monitorare i flussi economici. Tutto nasce da un’informazione, poi c’è lo spionaggio e il controspionaggio, il primo è offensivo, con il secondo ci si difende. Hai ricevuto un addestramento sul campo?
Sì, sono stato addestrato sia negli Stati Uniti che in Israele, e mi sono specializzato in ‘antiterrorismo’. E lì hai cominciato a collaborare con CIA e Mossad.
Così dicono.

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Riccardo e il figlio Giorgio.

Negli anni Ottanta hai militato nel Fronte della Gioventù Fascista, cosa ti è rimasto di quei tempi?
Negli anni Ottanta c’era qualcosa, oggi no. Allora c’erano icone, figure, oggi non c’è più nulla, neanche tra i più organizzati, come Casa Pound. Ho sempre avuto idee di destra. Nel 2002 ho ricostituito con Saya il Nuovo MSI - Destra Nazionale ispirato a una destra repubblicana conservatrice. Eravamo filo-israeliani e sentivamo la mancanza di una destra repubblicana di stampo americano. Mi puoi parlare delle tue vicende giudiziarie?
Si alzarono un mattina e mi dissero che del Dssa, l’ente di cui ero Vice Direttore Generale, non avevano mai sentito parlare, poi gli atti giudiziari chiarirono tutto. Polizia e Governo sapevano benissimo di me, anzi, Libero arrivò a definirci "la sponda italiana al sequestro Abu Omar." Tutti sapevano tutto. Da una parte c’era chi di comodo ci dava dei pataccari, e chi dall’altra ci affibbiava il sequestro Omar. Oggi ho chiesto i danni, ora vedremo. Hai fatto causa all’Italia?
Si, per ingiusta detenzione. Ho fiducia nei magistrati italiani ma non credo che il processo potrà realmente cambiare le cose. In Italia è sempre tutto una farsa. Non sono d’accordo con chi accusa la magistratura di comunismo, Otello Lupacchini o Piercamillo Davigo non sono certo comunisti. Una delle cose che non perdonerò mai a Berlusconi è il suo voler evitare a tutti i costi la magistratura. Gli uomini affrontano i problemi. Io ho affrontato tanti processi e sono un uomo di estrema destra, se fossero tutti comunisti non sarei qui. Di cosa ti occupavi quando sei stato arrestato?
Di analisi e studi strategici, il nostro gruppo si occupava di terrorismo di matrice islamica. Tra di noi c’erano esperti di Maghreb, ‘gladiatori’ e agenti del SID. Avevamo contatti con diverse strutture sovranazionali. Fummo i primi a scoprire l’esistenza delle moschee sotterranee.

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Il tesserino di riconoscimento di Gaetano Saya come Direttore del Dssa.

Come hai conosciuto Saya?
Ci siamo conosciuti per motivi di servizio nel 1994. Avete lavorato insieme?
Diciamo che abbiamo frequentano gli stessi ambienti. Vi sentite ancora?
Certo. E un paio di settimane fa è stato condannato.
Sì, per quello che nel terzo millennio viene ancora considerato un reato, l’apologia del fascismo. Se Saya si rifà a icone fasciste cosa mi dite delle aquile romane del palazzo dei marescialli a Roma? Dovremmo processare anche il consiglio superiore della magistratura? È una presa in giro. Dovrebbero abolire il reato di apologia del fascismo?
Certamente. Il fascismo ha fatto cose terribili ma ha anche governato legittimamente. In tanti mi danno del fascista, ma non è così. Sono nato nel ’68, e il fascismo non è la mia storia. E se uno ti da del fascista?
Mi incazzo, perché mi sento un conservatore, non un fascista. Il fascismo è un momento storico chiaro che ha avuto un inizio, un apice e una fine. Datemi del nazionalista, non del fascista. Per quanto mi riguarda essere nazionalista significa essere patriottico. Mentre Saya si definisce fascista?
Assolutamente no, io non glie l’ho mai sentito dire. Semmai nazionalista, e patriota, perché prima di tutto valgono i tre valori fondamentali: Dio Pater Familia. Il caso di Saya ha tutta l’aria di voler essere il monito di una Repubblica sempre meno democratica. Aver puntato un Gaetano Saya in quanto nazionalista è assurdo, perché in Italia esistono movimenti politici molto più violenti. Tipo?
Forza Nuova. La differenza è che ai vertici di Forza Nuova troviamo un uomo che ha già avuto condanne per terrorismo, Saya no, Saya è un uomo dello Stato, ha militato nelle forze di polizia e nelle forze di intelligence. Saya era quello che andava a prendere chi commetteva reati. D’altra parte in Italia le verità sono scomode e quando emergono diventano un atto eversivo. Lo dimostrano i miei arresti, mi bloccarono perché ai tempi ero in corsa, io per la camera e Saya per il senato.

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Riccardo e la futura moglie, Sonia.

Hai mai pensato di rimetterti in politica?
Me lo chiedono in tanti, ma non ne sono sicuro. Mussolini diceva che "governare gli italiani non è impossibile, è inutile," io la penso come lui. Amo la mia patria, e per lei sarei pronto a morire, ma l’Italia non ha più valori, lo zio Sam li ha annullati tutti. Gli Stati Uniti?
Esattamente. L’Italia è sempre stata una colonia americana, e l’idea di ‘annullarci’ ha sempre fatto parte dei loro piani, di questo ne ho le prove. A quando risalgono questi piani?
All’unificazione, quando la CIA era qualcosa di diverso e la Sicilia doveva decidere se annettersi all’Italia o diventare uno stato americano. Il risultato è quello che vediamo tutti i giorni, ci ritroviamo in mezzo a una vera e propria guerra, una sorta di terza guerra mondiale, non cruenta ma logorante. Era molto più facile quando le guerre erano dichiarate, c’era una temporalità e un’economia, oggi non più.

Un ricordo della Somalia.

Nel tuo lavoro qual è stata la situazione più complessa in cui ti sei trovato?
La Somalia. Si trattava di una guerra in una guerra. Noi facevamo parte di un’unità ombra e davamo la caccia a diversi personaggi. Ti trovavi in Somalia per conto della NATO?
Sì. Facevamo parte di un’operazione di spionaggio internazionale denominata Hirina. E di Gladio cosa mi puoi dire?
Gladio era il nome convenzionale di una branca Italiana della rete NATO Stay Behind net. Qualcuno ha detto che Gladio non esiste più dal ’99, che è stata sciolta dall’ammiraglio Fulvio Martini. È come se si fosse voluto convincere l’opinione pubblica che la rete di spionaggio NATO non esistesse più. Come si fa a credere una cosa simile? Come sta l’intelligence italiana?
Credo che dopo il terremoto Sismi, la mia vicenda e tutto quello che è successo, si siano dati una regolata. Ritengo che lo spionaggio italiano manchi di tecnicità. Il problema in Italia è che gli agenti coinvolti sono sempre i soliti poliziotti raccomandati e mandati ad operare sul campo. Qual è la forza di intelligence più avanzata del mondo?
Diciamo che l’Italia non primeggia, non è la peggiore ma non è sicuramente la migliore. Gli israeliani sono i migliori. Anche la CIA è sempre ai vertici, anche perché si porta dietro una struttura informativa tra le più estese del mondo. I cinesi sono avvantaggiati, nascono da un sistema completamente diverso. La Cina nasce da una cultura di intelligence. In Cina sono tutti sentinelle, dal nord al sud, dalle campagne alle città. Si potrebbe dire che la qualità dell’intelligence rispecchi l’andamento del sistema internazionale.
Sì, in qualche modo. Poi ci sono le eccezioni, come il caso Bin Laden. La sua posizione fu segnalata la prima volta dall’Italia, nel 2003, dalla scrittrice Mary Pace, ex agente del SID. Poi non si sa come ma l’informazione non lasciò mai gli uffici del ministero, almeno fino a otto mesi prima dell’operazione americana, quando Mary Pace si rivolse direttamente alla CIA. Tant’è che adesso ha denunciato il Ministero degli Interni per concorso in terrorismo e ha richiesto il riconoscimento della taglia.

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Riccardo e un sogno d'infanzia diventato realtà.

Perché gli italiani non passarono l’informazione?
Non lo so, forse per il passato di Bin Laden. Era un agente della CIA, poi si staccò e si mise in proprio, un po’ come Abu Omar, un altro agente della CIA. Non è un caso che gli americani siano venuti a prenderselo in tutta fretta, non volevano che parlasse con noi. Quanti agenti si mettono in proprio?
Credo in tanti, poi dipende a che livelli e come. Puoi farmi qualche esempio?
No, non posso, mi piacerebbe ma non posso. Posso dirti che fino a qualche anno fa era più facile. Oggi ci sono molti più controlli. Un tempo il nostro lavoro era più semplice, e forse più efficace. Avevamo più libertà d’azione e le cose le portavamo a termine. Ancora una volta tutto questo è legato alla politica, più è forte la politica più è possibile una copertura, oggi la politica è debole e le istituzioni non coprono più. Cossiga non avrebbe mai permesso di toccare un gladiatore della cosiddetta 'Gladio Bianca', ma quei tempi sono finiti. Ti hanno mai coperto?
Non ho mai operato a livelli tali da dover necessitare di coperture politiche, almeno fino al 2005 con la Dssa. Lì un po' di copertura mi sarebbe servita, ma ormai era troppo tardi. Cosa mi puoi dire sulla massoneria?
Sono un massone pubblico e per questo non ho mai violato la Legge Anselmi. Anche questo si coniuga poco con la destra ‘istituzionale’. Licio Gelli aveva ragione, ha sempre saputo quello che sarebbe successo. Quello che mi stupisce è che molti dei suoi adepti non hanno voluto ascoltarlo, a partire da Berlusconi. Non credo che ogni massone sia un farabutto, ma è possibile che dietro ad ogni massone si celi un farabutto, i burattinai.

I ringraziamenti del Vaticano.

Di chi parli?
Non lo so, la massoneria ebraica americana continua a detenere un qualche potere, ma oggi l’Oriente detta legge in ogni campo e il sistema è cambiato. Conosci Licio Gelli?
Certo, se hai bisogno posso metterti in contatto con lui. Be' grazie. Come sei diventato massone?
A 17 anni e sei mesi, attraverso la presentazione di un alto ufficiale dell’arma dei carabinieri, contatti insomma. Cosa pensi dell’Italia di domani?
Quello che vedo nel prossimo futuro è l’instaurarsi di un Monti-bis, almeno fino a quando una serie di forze sovranazionali non prenderanno il controllo. Ti parlo degli americani, nello specifico dei repubblicani di Romney. Se fossimo in altri tempi ti farei parlare con Francesco Pazienza, l’unico uomo che riuscì ad influenzare l’elezione di un Presidente americano orchestrando lo scandalo di Billy Carter e favorendo l’elezione di Ronald Reagan nella campagna elettorale del 1980. Ora vivi in Svizzera, tornerai mai in Italia?
In Italia non avevo più un futuro, ovunque andassi venivo identificato come il male totale. Ho dovuto andarmene, anche la mia famiglia era minacciata. Per ora non ho intenzione di tornare, fosse stato per la mia patria oggi sarei morto. Intanto la Dssa è ferma, è riconosciuta ma immobile, e né io né Saya possiamo fare il nostro lavoro.

Segui Giorgio su Twitter: @giorgio_sm