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Mastequoia Op. 09-13

Gabriele Silli, Giacomo Sponzilli e Carlo Gabriele Tribbioli sono tre artisti romani che da una decina di anni firmano progetti e opere sotto il nome di Mastequoia. È appena uscita la loro ultima fatica cinematografica, e ci abbiamo scambiato due...

Gabriele Silli, Giacomo Sponzilli e Carlo Gabriele Tribbioli sono tre artisti romani che da una decina di anni firmano progetti, opere, perfomance e testi sotto il nome di Mastequoia.

Uno degli aspetti fondamentali delle loro produzioni è il margine di tempo ampio che si concedono per la realizzazione di un progetto. Questo perché non lavorano in vista di una mostra o di un evento, ma lasciano sedimentare gli elementi scelti in maniera filologica e allo stesso tempo in base alle necessità del caso. Che questo dipenda dalla natura della loro formazione, filosofica da un lato e di studi in architettura dall'altro, non lo so e forse neanche è importante, vista la costanza e il metodo che di fatto mostrano nell'affrontare un processo narrativo ogni volta differente.

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La loro ultima fatica cinematografica, dalla gestazione di quattro anni, s'intitola Mastequoia Op. 09-13 e verrà presentata a Milano martedì 11 febbraio. Abbiamo fatto una chiacchierata con Giacomo Sponzilli, di stanza a Tokyo, per farci raccontare cosa vedremo.

VICE: Iniziamo dal titolo e dal sottotitolo, mi spieghi cosa c'è dietro?
Giacomo Sponzilli: Il titolo Mastequoia Op.09-13 segue un semplice principio di catalogazione, autore e anno dell’opera. Mastequoia è il nome che da un decennio firma opere e progetti che sono frutto del lavoro di noi tre insieme. Questo film ci ha accompagnato a lungo: quattro anni, dal 2009 al 2013. Si aggiunge poi il sottotitolo "Rotterdam, Tokyo, Fès” che sono le tre città che costituiscono l'ambientazione e il soggetto del film, composto di tre episodi distinti e indipendenti, con proprio titolo e scrittura autonoma: "La Caduta di Rotterdam", "Lo Sposo Divino" e "Fondazione di Fès".

Cosa succede nelle tre città che avete usato da sfondo per i tre episodi, e in che modo queste si relazionano coi singoli titoli?
La formula del titolo rispecchia le caratteristiche di un’opera vasta e multicentrica che vive nelle coordinate di un triplo ritratto di città. È una sorta di triangolazione in cui confluiscono gli scenari immensi del porto olandese e l'intimità di un interno domestico, rivolte desolanti e immaginari catastrofici per Rotterdam, la missione e la deriva mistica di un inviato in un Giappone opaco e allo stesso tempo animato al suo interno da antichi corpi demoniaci, una trama di rituali insediata nella labirintica Medina marocchina di Fès che giornalmente, dall'alba alla notte, si ripete perenne.

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Il film ha un'estetica legata a un tipo di amatorialità non più propria dei nostri giorni. Come è stato girato?
Il film è stato girato interamente con una videocamera VHS JVC GX-N7E. La videocamera è di caratura semi-professionale, nata per indagini da laboratorio scientifico, e offre un tipo di controllo dell’immagine intuitivo e parametricamente sensibile.

Come mai la scelta è ricatuda proprio su questo tipo di telecamera?
Se l’acquisto della telecamera, un cimelio degli anni Ottanta, è avvenuto in maniera fortuita, la sua adozione è stata una scelta fondamentale: lavorare con nastro magnetico, un supporto fisico, fragile e deperibile, ha significato fare un film a partire da elementi rudimentali, entrare in un campo limitato tecnicamente ma che poi si è rivelato plasmabile in direzioni sorprendenti. È stato un potente motore per un confronto radicale con la produzione dell'immagine.

Quali sono state le fasi di lavorazione di un film del genere? Avevate una sorta di script e lo avete bilanciato sul materiale video ottenuto o vi siete rigorosamente attenuti a un soggetto?
Nel corso degli anni dal 2009 al 2011 abbiamo collezionato circa 64 ore di materiale. Abbiamo passato un’estate a Rotterdam, dove abitavo all'epoca. L’autunno seguente sono andato in missione solitaria a Tokyo con in dono il testo de "Lo Sposo Divino" , mentre l’anno successivo ci siamo ritrovati a Fès, dove abbiamo alloggiato per più di un mese nelle stanze di un palazzo quasi abbandonato. Nuclei tematici e bozze di sceneggiature hanno fornito direttive di massima e spunti di partenza che sul campo si sono poi tramutati in una strategia di ripresa informale, impegnata da una moltitudine di registri stilistici, tentativi liberissimi e invenzioni estemporanee. Allo stesso modo, risorse più accessibili ed eventi contingenti hanno definito un repertorio di materiale smisurato e denso.

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È seguita una seconda fase di studio e traduzione del repertorio, in cui gli elementi di scrittura di partenza sono stati discussi e riformulati, le riprese sintetizzate in un linguaggio filmico, le 64 ore ridotte a 64 minuti.

Il trailer del film.

Credo che anche l'aspetto economico della faccenda sia importante. Come avete fatto a gestire gli spostamenti, la permanenza nelle tre città e la post produzione del video che, visti i mezzi, immagino sia stata onerosa?
La prima fase l'abbiamo finanziata interamente con risorse nostre: il progetto stesso si fondava sull'idea di usare quello che avevamo a disposizione, più prossimo a noi, quindi l'unica necessità effettiva era di stare sul posto e non si sono contemplate vere spese di produzione; per viaggi e sostentamenti ci siamo arrangiati. Diverso il discorso per la fase di edizione: i rudimentali presupposti della cassetta VHS hanno poi richiesto una cura speciale dei processi digitalizzazione perché si mantenesse la qualità più fedele al supporto originale. Questo scarto tecnologico ha segnato degli oneri ben diversi ed è seguita una lunga fase intermedia, di impegno rarefatto e discontinuo: l’obiettivo era ancora ben presente, ma mancava una strategia di attuazione decisiva.

È stata l’assegnazione del premio dello Schermo dell’Arte Film Festival a dare una svolta agli eventi: la scadenza di un anno e l’assegno di produzione hanno ricompattato il progetto, e la fase di postproduzione è stata portata avanti alla BlueFilm e alla Tosky Records. Poi finalmente abbiamo inaugurato il film con proiezioni all'Odeon di Firenze e al Filmstudio a Roma lo scorso novembre.

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