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McDonald's ha mandato a quel paese Slow Food

E purtroppo ha pure ragione. La polemica tra McDonald's e Slow Food ha occupato le ultime ore, ma il punto è un altro: si tratta di due grandi gruppi che si punzecchiano su un terreno che non è il loro già in partenza.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Lo scorso fine settimana sono stato ad Expo per realizzare un tour gastronomico dei ristoranti più economici della manifestazione. Nonostante abbia setacciato praticamente ogni metro quadrato dell'oltre il milione che fanno parte dell'esposizione alla ricerca dei posti che offrissero anche i piatti più fetenti a prezzi bassi, ho scelto consapevolmente di non entrare nel piccolo edificio sul fondo del parco che se ne sta incastrato fra i padiglioni del Qatar e del Turkmenistan: McDonald's.

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Il motivo è presto detto: per me, partecipare a un'esposizione sul cibo e le cucine di tutto il mondo per poi finire a mangiare in una catena fast food che puoi trovare ormai ad ogni angolo non ha alcun senso.
Soprattutto considerato il fatto che per raggiungere McDonald's—se si passano i tornelli dell'esposizione dalla parte in cui praticamente lo fanno tutti i visitatori—devi percorrerti tutto il complesso, che è disseminato di chioschi e furgoncini street food che offrono cibo diverso praticamente agli stessi prezzi. Prezzi che fra l'altro McDonald's avrebbe aumentato per l'occasione.

A quanto pare, però, per altri un senso ce l'ha: perché ogni giorno McDonald's serve 6000 pasti ad Expo. 6000.

Negli ultimi giorni si è parlato parecchio del fast food di Expo, perché martedì il presidente di Slow Food, Carlin Petrini, ha dato vita ad un'accesa polemica riguardante la presenza della multinazionale all'interno dell'esposizione. "Quando Giuseppe Sala dice che a Expo c'è posto per tutti, che ospita Slow Food e McDonald's insieme, a me viene un'aritmia. Perché davanti a chi vende un panino con la carne a un euro e venti come si fa a spiegare il valore e i prezzi di chi alleva e produce secondo certi criteri?"

La polemica era contenuta all'interno di un discorso più ampio sull'occasione mancata dell'esposizione, ma alla fine si è praticamente concentrata solo sulla rivalità fra l'associazione non profit e il franchising di fast food. Anche perché, come prevedibile, alla dichiarazione di Petrini è seguito un comunicato stampa in cui McDonald's ha rimpacchettato tutte le critiche e le ha rispedite indietro correlate da osservazioni sprezzanti sul progetto e il padiglione di Slow Food.

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"Noi siamo soddisfatti e orgogliosi di servire in Expo 6000 pasti giornalieri di qualità e a un prezzo accessibile, con ingredienti che provengono dagli agricoltori italiani, migliaia di persone ci scelgono liberamente, magari dopo essere passate a visitare l'immenso, triste e poco frequentato padiglione di Slow Food."

Slow Food a Expo. Foto via Facebook.

Nella risposta McDonald's ha poi definito la filosofia di Slow Food approssimativa e "condita di retorica terzomondista", sostenendo che ormai anche l'associazione è diventata una specie di multinazionale, e che è triste pensare che abbia bisogno di polemiche del genere per trovare un'identità.

Ora, c'è un punto su cui McDonald's può aver ragione: ormai anche Slow Food è semplicemente un'associazione internazionale relativamente svincolata dalle realtà di cui si vorrebbe fare portavoce. Il contesto è simile a quello di molti altri gruppi che si dichiarano in aperta controtendenza rispetto alla modernità e alle filiere di produzione per poi in realtà sfruttarne i vantaggi.

Un movimento che privilegia una certa estetica e idea bucolica del cibo ha poco a che fare con il tema della fame nel mondo tanto quanto una multinazionale la cui offerta alimentare si basa quasi esclusivamente sul marketing e le dinamiche di consumo.

Il punto però è che la parte interessante di questa polemica non ha niente a che fare sull'opportunità o meno della presenza di McDonald's, ma su quanto la polemica in sé sia esplicativa riguardo a Expo: due grandi gruppi che si punzecchiano, e rivendicano ragioni, cercando di brucare su un terreno che di per sé non esiste discutendo di dinamiche su cui non hanno appiglio. La questione morale, la fame nel mondo, le soluzioni,non sono contemplate in questa equazione.
E non lo sono semplicemente per il fatto che questi concetti erano fumosi e quasi assenti già partenza.

La semplice constatazione che—dando per scontata la veridicità dei dati sbandierati da McDonald's—ogni giorno il loro piccolo ristorante smercia 6000 pasti nonostante la mole di offerta disponibile, è già di per sé il vuoto pneumatico attraverso cui la questione dell'opportunità che una multinazionale come McDonald's faccia parte di Expo diventa terminale.

Segui Niccolò su Twitter: @NCarradori