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Cosa faccio se non riesco a pagare l'affitto a causa del coronavirus?

Cos'è lo sciopero degli affitti? Rischio lo sfratto? Posso proporre al proprietario una riduzione o una sospensione?
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Foto di sfondo Unsplash, grafica VICE.

Fin dall’inizio era chiaro che l’epidemia di coronavirus avrebbe provocato delle grosse conseguenze economiche; e più passa il tempo, più si fanno sentire. Le previsioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro parlano di un aumento di 25 milioni di disoccupati a livello globale. In Italia, invece, una stima sostiene che 60mila italiani potrebbero perdere il lavoro se l’emergenza non dovesse risolversi entro giugno.

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Tutto ciò si riflette su un’altra questione cruciale: quella del diritto alla casa. “Milioni di persone non potranno permettersi di pagare le bollette in questa fase, indipendentemente dal fatto che lo vogliano,” recita il testo con cui alcune associazioni internazionali hanno proclamato per oggi uno sciopero globale dell’affitto. “La cosa più urgente da fare è difendere dallo sfratto e da altre conseguenze negative coloro che non pagano.”

Anche in Italia il tema sta montando. A Bologna è nata Rent Strike, per dare seguito alla campagna di sospensione degli affitti del sindacato Asia-Usb; mentre anche altre realtà si stanno facendo sentire nelle sedi istituzionali e in alcuni complessi popolari si registrano le prime tensioni.

Ma cosa si può fare—e non si può fare—a livello individuale e collettivo sulla questione affitto? Per capirlo, mi sono fatto aiutare da alcuni sindacalisti che si occupano di problemi abitativi.

Cosa succede se non pago l'affitto?

Il problema di partenza è che nei decreti emergenziali firmati dal governo italiano manca ogni riferimento al tema della casa. “Al momento non è stato definito alcun sostegno a chi vive in affitto, noi ci stiamo muovendo per avere un contributo economico per queste persone e la sospensione dei termini di pagamento, ma all’orizzonte non c’è nulla,” mi spiega Bruno Cattoli, del sindacato Unione Inquilini.

Su vari forum e gruppi Facebook, gli affittuari in difficoltà—alcuni dei quali da ormai un mese non vedono lo stipendio o subiscono il peso della cassa integrazione—iniziano a interrogarsi sulle conseguenze dell’eventuale mancato pagamento del canone di aprile. “Se una persona non paga il canone entro il limite dei 20 giorni dalla data fissata, i proprietari possono aprire l’iter per la procedura di sfratto,” chiarisce Cattoli.

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L’affittuario ha così 30 giorni per rimediare alla sua mancanza e, scaduto il termine, il giudice dà titolo esecutivo per lo sfratto. “In questo momento una tale procedura non avrebbe seguito, visto che i tribunali civili sono fermi. Ma questo non vuol dire che non si andrebbe incontro al problema. Semplicemente, verrebbe posticipato alla fase successiva del lockdown.”

Come funzionano gli sfratti durante il coronavirus

Il decreto cura-Italia ha introdotto un credito d’imposta al 60 percento del canone di affitto di marzo, ma solo per gli esercenti di attività d’impresa. Il domicilio non è dunque incluso. Inoltre, è stata sospesa l’esecuzione degli sfratti fino al 30 giugno 2020. Anche qui, però, la questione non si applica a chi si trova oggi in difficoltà per effetto del Covid-19, ma a chi già ieri viveva questa condizione.

“Gli sfratti per morosità sono stati bloccati, ma nel senso delle esecuzioni già in corso e calendarizzate, quelle cioè per cui il percorso di sfratto era nelle fasi conclusive,” mi spiega Laura Grandi, segretaria generale Sunia (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari) Toscana. “Se un inquilino oggi smettesse di pagare l’affitto non sarebbe coperto, i problemi si presenterebbero comunque una volta superato il periodo del blocco.”

Al momento non esiste quindi una giurisprudenza né alcuna misura ad hoc che depenalizzino il mancato pagamento dell'affitto: gli inquilini morosi sarebbero esposti alle stesse conseguenze di prima. Per questo motivo, a meno che non vi sia un impedimento reale, non pagare non è una strategia sostenibile secondo sindacati e avvocati.

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E se interrompo il contratto d'affitto?

“L’emergenza, peraltro, non è neppure considerabile una giusta causa per interrompere il contratto di affitto in modo immediato. Gli avvocati ci hanno detto che non è possibile,” sottolinea Grandi. L’inquilino che fosse tornato nella sua città per affrontare la quarantena, o che si fosse reso conto di non riuscire ad affrontare più le spese di locazione, è tenuto in ogni caso a rispettare i termini contrattuali relativi al preavviso, di solito di tre-sei mesi.

In assenza di tutele istituzionali e alla luce delle sanzioni civili a cui si andrebbe incontro in caso di scelta unilaterale di non pagare l’affitto, l’unica arma in mano agli inquilini resta il dialogo con i proprietari.

Cosa posso proporre al padrone di casa allora?

“Noi stiamo lavorando alla campagna Ricontrattiamo gli affitti, una prassi già sperimentata durante la grande crisi del 2008-2009. Proprietari e inquilini senza costi burocratici possono accordarsi per una sospensione o una riduzione del canone di locazione per quattro-cinque mesi. Basta compilare una scrittura privata, che va poi registrata all’Agenzia delle entrate,” dice Grandi. “I proprietari devono capire che in una situazione come quella attuale è bene venirsi incontro, anche perché se l’inquilino smette di pagare è vero che nel lungo termine sarà lui a rimetterci, ma nel breve è il proprietario a non vedere le sue entrate. Lo sfratto non è immediato.”

Anche il sindacato Asia-Usb sta facendo circolare un modulo di autotutela da presentare alla proprietà, dove di fatto si possono far presenti i problemi nell’affrontare l’affitto in questa fase e si chiede di venirsi incontro. Il sindacato Unione Inquilini ha intanto pubblicato due moduli, uno per l’affitto ordinario e l’altro per studenti fuorisede, che consentono di richiedere ai proprietari una riduzione dell’affitto o quanto meno un differimento nel pagamento.

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Diverse persone sembrano intenzionate a procedere in questo modo, mentre già emergono testimonianze positive di canoni ribassati temporaneamente o addirittura sospesi dopo il dialogo con i proprietari. Intanto, a livello sindacale, si propongono nuove soluzioni. Tra queste, quella di chiedere ai proprietari di usare come canone di locazione il deposito cauzionale, che di solito vale una-due mensilità, con l’impegno poi di ricostituirlo una volta superata la fase emergenziale.

Le soluzioni adottate dalle regioni per chi ha perso il lavoro e i fuorisede

Se dalle istituzioni nazionali e dai comuni sarà difficile avere garanzie, almeno per il momento, Grandi mi fa notare che chi può intervenire efficacemente sono le regioni. E qualcosa, in questo senso, si sta muovendo.

La regione Toscana è al lavoro su alcuni provvedimenti per aiutare le famiglie e gli studenti a sostenere le spese di pagamento degli affitti. I beneficiari saranno, in particolare, lavoratori dipendenti e autonomi che hanno perso il lavoro o che hanno registrato una significativa riduzione di reddito e, appunto, i fuorisede universitari.

La giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha invece approvato nelle scorse ore un pacchetto da 12 milioni di euro di misure per fronteggiare le conseguenze socioeconomiche dell’emergenza coronavirus. Tra le varie voci, c’è anche il sostegno alle famiglie in difficoltà nel pagamento dell’affitto.

“C’è una grossa paura tra le famiglie e i giovani lavoratori, non tanto sul singolo affitto di aprile, ma più che altro per il fatto che non si sa cosa verrà dopo,” conclude Grandi. “Per questo, è fondamentale che in questa fase anche il governo intervenga sul tema dell’emergenza abitativa.”

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