Attualità

Sono un italiano bloccato a Wuhan, e questo è quello che mi sta capitando

Il mio volo di rientro era previsto per lunedì, ma al momento la città cinese in cui mi trovo è bloccata, sia in entrata che in uscita.
Vincenzo Ligresti
come raccontato a Vincenzo Ligresti
Milan, IT
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Il supermercato deserto. Foto dell'autore.

Aggiornamento del 29/01/20: Il numero di morti causate dal nuovo Coronavirus è salito a 132 e sarebbero ora oltre 6.000 i contagiati confermati. Nel frattempo, l'OMS, pur non dichiarando ancora l'epidemia un'emergenza sanitaria globale, ha rettificato la definizione di minaccia da "moderata" a "elevata," stando a quanto riportato da Repubblica. Lorenzo, ricontattato dalla nostra redazione, ha riferito che al momento non ha ricevuto "nessuna" novità sulla sua situazione ed è ancora bloccato a Wuahan.

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Nelle ultime ora il mio telefono non smette mai di squillare. I miei genitori e amici mi scrivono in continuazione per chiedermi com’è la situazione, se sto bene, sono preoccupato o la mia vita qui può procedere come prima.

Mi chiamo Lorenzo, ho 22 anni, e da diversi mesi mi trovo in Cina per un semestre universitario all’estero praticamente concluso. Lunedì prossimo, in teoria, avrei dovuto prendere l’aereo di ritorno per l'Italia, ma per adesso è tutto bloccato e soprattutto incerto.

Più precisamente mi trovo a Wuhan, nel centro della Cina, balzata alle cronache perché è la città in cui si sono verificati i primi casi di infezione e decessi da 2019-nCoV, meglio conosciuto come “nuovo coronavirus.” La Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan aveva mandato una prima segnalazione all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 31 dicembre scorso.

Nelle settimane successive, poi, di casi ce ne sono stati altri, e sono stati resi noti dalle istituzioni alcuni dettagli in più: febbre, tosse e difficoltà respiratorie sarebbero i primi sintomi del coronavirus, che al suo massimo stadio si manifesterebbe come una sorta di polmonite molto aggressiva. Semplificando un po’, inoltre, il coronavirus sarebbe tra le tipologie di virus molto comuni nelle specie animali, ma che in certi casi possono mutare, crescere e infettare l'uomo, per poi diffondersi tra la popolazione.

Di “coronavirus umani,” come ricorda anche l’Istituto Superiore di Sanità, se ne sono registrati sette, e quest’ultimo ricorda quelle che alcuni giornali hanno definito le sue vecchie “cugine”: la SARS, acronimo che sta “Severe Acute Respiratory Syndrome,” ovvero sindrome acuta respiratoria grave, di cui tra il 2002 e il 2003 si registrarono 8mila casi, 770 decessi, e un tasso di mortalità complessivo del 10 percento; e la MERS, che tra il 2012 e il 2014, con un tasso di mortalità più forte, del 30 percento, ha ucciso quasi trecento persone solo in Arabia Saudita.

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I paragoni al momento, però, lasciano il tempo che trovano. Tutto è molto confuso, e ci sono continuamente nuovi sviluppi. Di certo c'è che la Commissione nazionale per la Sanità cinese ha confermato 26 morti e oltre ottocento casi di contagio; ma anche qui, tutto potrebbe ulteriormente cambiare.

Posso inoltre confermare che da mercoledì scorso Wuhan è stata bloccata in entrata e in uscita, e nelle ultime ore altri grandi centri—come Huanggang ed Ezhou, nonché altre città minori—sono state interessate dalle stesse misure precauzionali. I giornali parlano di un totale di oltre 40 milioni di persone “in quarantena.”

Mi sembra un termine eccessivo e un po' gridato. Ma posso dire cosa sta effettivamente succedendo, per l’appunto a Wuhan dove mi trovo al momento, che di abitanti ne fa quasi 12 milioni. Come ho raccontato sul mio profilo Twitter, due giorni fa le autorità cinesi hanno disposto la “chiusura della città.” Nella pratica questo significa che il mercato da cui sarebbero partiti i primi casi è stato chiuso; il funzionamento dei mezzi pubblici è stato sospeso; di taxi se ne vedono pochissimi; e qualche autista di Didi (l’Uber cinese), che accetta ancora di far salire la gente in macchina, chiede dei prezzi spropositati per gli standard cinesi, anche per il tratto più breve possibile.

Come accennavo all’inizio, l’aeroporto poi ha cancellato tutti i voli. Sul Corriere della Sera, per esempio, sono stati intervistati gli ultimi due italiani partiti da qui e arrivati a Fiumicino, dicendo che hanno “saputo del blocco” solo “arrivati a Roma,” e che prima di salire a bordo dell’aeromobile gli avevano “controllato la temperatura”—come si può vedere in qualche video online. Fino a ieri capitava soprattutto nelle stazioni, prima di salire sui treni: per controllare se hai la febbre, ti puntano sulla fronte una sorta di macchinario simile a una pistola-scanner per una manciata di secondi.

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Qui vivo in un dormitorio con altri studenti internazionali, e proprio ieri abbiamo deciso di uscire per un paio di ore. Per motivi logistici spesso abbiamo bisogno di ordinare il cibo da fuori, ma siccome non sappiamo se il servizio di consegna sarà ancora garantito dai ristoranti nei prossimi giorni, abbiamo pensato fosse necessario fare una spesa piuttosto consistente da Walmart, che ha cibo proveniente da tutte le parti del mondo.

Mentre eravamo in bici, devo ammettere che vedere le strade letteralmente deserte è stato straniante. Non dico che solitamente le strade siano sempre piene come quelle di New York; ma considerando la quantità di abitanti e che la superficie di Wuhan è letteralmente nove volte quella di Milano, vedere il centro totalmente vuoto è stato incredibile. Arrivati al supermercato, abbiamo subito notato che gli scaffali coi beni di prima necessità erano praticamente vuoti.

Ovviamente mentirei se dicessi di non essere un po’ preoccupato o, per lo meno, suggestionato dalla situazione, però c’è anche da dire che molte volte la stampa esagera. Per esempio non si specifica spesso che, come racconta il New York Times, almeno per il momento le persone decedute sono soprattutto anziani, persone che avevano già problemi di salute. E che sicuramente, anche se magari non a questi livelli, le strade sarebbero state comunque semivuote perché è un periodo di vacanza.

In Cina gli studenti hanno un periodo di stop post-universitario da metà gennaio a metà febbraio; inoltre Wuhan è anche un grande centro economico, e molte persone vengono qui solo per lavorare. C’è anche da aggiungere che tra il 25 e il 26 di gennaio ci sarà il capodanno cinese—e sarebbe stato comunque tutto chiuso, un po’ come succede da noi a Ferragosto.

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Non sto dicendo che quello che sta succedendo non sia grave e triste, anzi. Nuovi casi sono stati accertati in Giappone, Hong Kong, Macao, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia, Singapore, Vietnam e Stati Uniti. Ci sono casi sospetti in Scozia e Irlanda, mentre i due in Francia e quello della signora di Bari sono stati smentiti.

L'OMS al momento non ha dichiarato l'emergenza internazionale, pur diffondendo un vademecum:

Anche le autorità cinesi hanno pubblicato delle linee guide, tra cui per esempio utilizzare apposite mascherine, lavarsi spesso le mani, stare alla larga da cibi crudi, e ovviamente evitare di uscire se non necessario.

Io e i miei amici del campus stiamo provando a esorcizzare il tutto, e abbiamo messo in piedi una situazione da Decameron del Boccaccio. Stiamo tra noi, guardiamo serie tv e giochiamo a carte. Spero solo che tutto questo non vada avanti per dieci giorni.

Nel frattempo mio padre ha scritto alla Farnesina, mentre io mi sono messo in contatto con l’ambasciata italiana a Pechino, che ha giurisdizione anche nella provincia in cui si trova Wuhan. Mi hanno richiesto una mail con i dati del mio passaporto e le mie generalità, comunicato che monitoreranno la mia situazione, e assicurato di darmi notizie nel caso in cui le avessero. Insomma, ancora un po’ ci spero di partire lunedì.