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Il caso di 'eutanasia della 17enne olandese' è stato raccontato nel modo sbagliato

Cosa si sa davvero sulla vicenda della 17enne olandese Noa Pothoven, associata a una morte per eutanasia.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Noa Pothoven, foto concessa dalla stessa nell'intervista di inizio 2019 ai colleghi di VICE Olanda.

Nonostante non siano mai stati il massimo dell’affidabilità, molti media italiani prendono sempre per buono quello che scrivono i tabloid inglesi. Quando poi questi pubblicano “notizie” su fatti avvenuti in paesi e situazioni su cui esistono stereotipi e pregiudizi, allora diventano automaticamente il Vangelo.

Di esempi ce ne sono su base quotidiana. Qualche anno fa, giusto per farne uno, la stampa si era avventata sulla storia della “bambina cristiana” a Londra affidata a una famiglia musulmana, che le avrebbe imposto di “togliere una collanina con il crocifisso e a imparare l’arabo.” Com’è venuto fuori in seguito, non era affatto così. Ma la smentita non ha avuto alcuna risonanza; l’importante era attizzare le braci dello “scontro di civiltà,” e dell’incompatibilità tra “Islam” e “Occidente.”

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Da ieri, invece, non si fa che parlare dell’“eutanasia” di Noa Pothoven—una ragazza olandese di 17 anni morta la scorsa domenica ad Arnhem, nei Paesi Bassi. Il primo portale internazionale a darne conto è stato il Daily Mail con un articolo in cui si fa esplicita menzione all’“eutanasia legale,” ottenuta perché “la sua vita era insostenibile a causa della depressione” dovuta ad abusi sessuali e uno stupro subito a 14 anni.

A cascata, la notizia è arrivata da noi con titoli come “Eutanasia a 17 anni dopo lo stupro, la morte di Noa Pothoven scuote l’Olanda” ( Repubblica, poi modificato) o “Olanda: stuprata da piccola a 17 anni ottiene l'eutanasia” ( Ansa). Da lì in poi è esploso il dibattito, con le immancabili prese di posizioni di Giorgia Meloni (“è la sconfitta di un’intera civiltà che ha smesso di difendere la vita”) e Mario Adinolfi. Anche il Papa è intervenuto sulla vicenda.

L’idea sottesa a questi commenti è che l’Olanda sia un paese talmente “liberale” (cioè privo di valori) in cui basta andare da un medico per farsi “uccidere”.

Naturalmente, la notizia di una 17enne che ottiene legalmente l’eutanasia dovrebbe essere un fatto di grande rilevanza pubblica—soprattutto nel posto in cui avviene. Eppure, ha notato +31mag (magazine italiano con sede ad Amsterdam), in Olanda la stampa l’ha pressoché ignorata. Questa circostanza mi è confermata dalla collega ed editor-in-chief di VICE Olanda Lisette Van Eijk, con cui ho avuto uno scambio via email: “La sua morte è stata riportata da due quotidiani [Algemeen Dagblad e Gelderlander]; in pratica, non ha fatto notizia.”

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Ed è qui che dovrebbe scattare il primo campanello d’allarme: com’è che da noi ormai lo sanno tutti, mentre nel posto dov’è successo no? In più, Pothoven non era una sconosciuta: l’anno scorso aveva scritto il libro Winnen of leren (“Vincere o imparare”) in cui raccontava le violenze sessuali subite, il disturbo da stress post-traumatico, la depressione, l’anoressia, e “l’inferno” passato nei lunghi ricoveri forzati in ospedali e centri specializzati [i colleghi di VICE Olanda l'avevano intervistata in proposito]. A un certo punto le è stato persino indotto il coma farmacologico per nutrirla tramite una sonda.

Il secondo segnale è che sia su Algemeen Dagblad che su De Gelderlander non si parla mai di eutanasia. “Il paradosso,” scrive +31mag, “è che la stampa estera—citando […] proprio il quotidiano di Rotterdam come fonte—parli di eutanasia quando AD non ne fa menzione in maniera esplicita.”

L’unico accenno all’eutanasia è contenuto in un lungo articolo del giornalista Paul Bolwerk su Gelderlander pubblicato nel 2018, in cui Pothoven racconta di essersi recata nel centro specializzato Levenseindekliniek dell’Aja—all’insaputa dei suoi genitori—ricevendo il rifiuto dei medici. “Pensano che sia troppo giovane,” aveva detto nell’intervista. “Credono che prima debba completare la terapia psichiatrica, e che il mio cervello si sviluppi del tutto. Bisogna aspettare fino a 21 anni. Sono devastata, perché non posso aspettare così tanto.”

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Chiaramente, per richiedere l’eutanasia (in vigore in Olanda dal 2002) bisogna seguire una determinata procedura. Come mi dice Lisette, un medico deve stabilire—attenendosi a sei specifici criteri—se il paziente non ha possibilità di cura, e se la sofferenza è “insostenibile e irreversibile.” Nella pratica questo significa che “l’eutanasia è concessa soprattutto a malati terminali di cancro”; ma ci sono anche casi che riguardano i pazienti psichiatrici.

La legge prevede che sia il paziente stesso a richiedere l’eutanasia (il limite d’età è 12 anni), e che il medico debba attenersi a sei criteri specifici. Fatti questi passaggi, il medico può somministrare direttamente l’eutanasia o “dare al paziente la medicina letale che poi prenderà lui/lei stesso/a (suicidio assistito).” Tuttavia, dice Lisette, “non tutti i medici sono disposti a farlo, e molti si rifiutano.” Successivamente, un comitato verifica che il medico abbia seguito il protocollo; nel caso contrario, si apre un procedimento penale con sanzioni piuttosto elevate.

Ecco: per quanto ne sappiamo al momento, il caso di Pothoven non rientra in queste fattispecie. Oltre a +31mag, i primi a farlo notare sono stati Marco Cappato e la corrispondente di Politico Europe Naomi O’Leary, che ha sentito Bolwerk. Secondo la giornalista irlandese, negli ultimi mesi la ragazza aveva tentato più volte il suicidio; e la famiglia—disperata—aveva provato ad accedere all’elettroshock, vedendosi però respingere la richiesta per la giovane età.

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Pothoven ha espresso la volontà di non essere più curata, e così è stato installato un letto d’ospedale a casa sua. All’inizio di giugno—come ha raccontato lei stessa in un post su Instagram (poi rimosso)—ha iniziato a rifiutare cibo e acqua. Medici e genitori hanno deciso di non ricorrere all’alimentazione forzata (a cui era già stata sottoposta negli anni scorsi), ma di somministrare cure palliative.

La vicenda, conclude O’Leary, non ha dunque a che fare con le leggi olandesi sull’eutanasia; e infatti, in Olanda non si sta parlando affatto di eutanasia. Il tema principale nell’articolo di Algemeen Dagblad, piuttosto, riguarda l’assistenza ai giovani con disturbi psichici e le carenze dello stato olandese; ossia quello che la stessa Pothoven ha evidenziato nel suo libro e in varie interviste.

È solo a causa dell’approssimazione e del sensazionalismo dei quotidiani inglesi e di altri paesi—inclusi quelli italiani—che si è parlato d’altro, in maniera del tutto impropria e indelicata, innescando un cortocircuito politico-mediatico che non ha avuto alcun rispetto per il dolore della ragazza e della sua famiglia.

Aggiornamento delle 20:30: la clinica Levenseindekliniek dell'Aja ha rilasciato un comunicato per fermare "le notizie imprecise" sulla morte di Pothoven, dicendo che non si è trattato di eutanasia: "per fermare la sua sofferenza, ha smesso di nutrirsi." La clinica ha infine detto di "occuparsi esclusivamente di eutanasia all'interno del quadro normativo olandese."

Se tu o qualcuno di tua conoscenza ha pensieri suicidi, rivolgiti al Telefono Amico (199 284 284) o al Telefono Azzurro (per minorenni, allo 19696).

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