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Tecnologia

Perché la DARPA è così interessata ai metodi di estinzione genetica?

I finanziamenti militari degli USA a questo ramo della ricerca genetica hanno scatenato un nuovo dibattito.
Immagine: Pixabay

Una delle possibilità più straordinarie date dalle nuove tecniche di editing genetico è quella di costruire i cosiddetti "gene drive": sistemi che assicurano che un gene sia sempre trasmesso a tutta la generazione successiva, aggirando la selezione naturale. Le applicazioni di questa tecniche sono moltissime: dal creare popolazioni selvatiche di zanzare immuni alla malaria, all’estinguere specie invasive, come vorrebbe fare la Nuova Zelanda. Non è una novità che la DARPA — l’agenzia della ricerca militare statunitense — stia studiando da vicino queste tecnologie, in particolare per quanto riguarda la possibilità di renderle reversibili. Questo interesse, però, si direbbe più consistente di quanto dichiarato in passato, per un ammontare di cento milioni di dollari in fondi dedicati: una serie di email ottenute dall’ONG anti-biotech ETC Group ha infatti appena rivelato che la DARPA sarebbe il primo finanziatore al mondo delle ricerche sui gene drive.

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Proprio in questi giorni, a Montreal, si è riunito il gruppo di consulenza tecnica dell’ONU Convention on Biological Diversity (UNCBD), che ha un ruolo fondamentale nel formare le linee guida internazionali su questo tema. Lo scorso anno, l’ETC Group aveva presentato senza successo proprio all’UNCBD una petizione per l’istituzione di una moratoria sulla ricerca e l’uso dei gene drive. Jim Thomas, co-direttore dell’ETC group, sostiene che l’influenza sullo sviluppo della tecnologia esercitata dalla DARPA rafforzi la necessità di una moratoria. "La possibilità che questa tecnologia possa essere utilizzata con la doppia finalità di alterare o estinguere popolazioni naturali è una minaccia non solo per l’ecosistema ma anche per la pace" ha dichiarato al Guardian. “Il finanziamento da parte di una agenzia militare alla ricerca sui gene drive potrebbe violare la Convenzione sul divieto dell'uso di tecniche di modifica dell'ambiente a fini militari”.

La DARPA sembra condividere alcune delle preoccupazioni degli attivisti. “Le tecniche di gene editing, in particolare i gene drive, stanno facendo passi da gigante," ha spiegato un portavoce della DARPA a Gizmodo. "Al progresso non sono però corrisposti i miglioramenti negli standard di bio-sicurezza necessari a proteggere da possibili rischi.” Effettivamente, cinque dei sette team che le mail hanno rivelato essere finanziati dall’agenzia militare lavorano proprio sulla bio-sicurezza della tecnica, con in particolare un gruppo dell’MIT che studia come rendere queste tecniche reversibili.

Molti degli scienziati personalmente identificati nelle mail non hanno preso bene le accuse degli attivisti anti-biotech di voler influenzare segretamente il processo decisionale delle Nazioni Unite verso una regolamentazione più lassa. “Vogliono far credere che c’è un fine secondario spregevole in cose che io credo essere fondamentalmente per il bene comune, come se fossimo una cabala,” ha dichiarato a Science Robert Friedman del J. Craig Venter Institute, uno degli esperti di Montreal il cui nome ricorre nelle e-mail, in particolare per quanto riguarda il reclutamento di altri esperti per il forum dell'UNCBD. “La petizione per una moratoria con firme da oltre 170 ONG invece è nata per immacolata concezione?,” ha detto Friedman, insinuando che i gruppi di scienziati raramente sono così ben organizzati. Un editoriale non firmato su Nature ha chiamato l’intera faccenda un "tentativo non fondato di polarizzare la questione", paragonando la vicenda al Climategate, in cui email di ricercatori che si occupavano dei cambiamenti climatici erano state fatte trapelare alla stampa subito prima di un meeting delle Nazioni Unite sul tema, ed estrapolate dal contesto per delegittimare la ricerca nel campo. Gli scienziati coinvolti sembrano in larga misura condividere le preoccupazioni sui potenziali effetti collaterali dei gene drive: esistono linee guida volontarie stilate dai ricercatori e dei principi generali per il finanziamento di progetti sul tema, anche se la regolamentazione nazionale e internazionale continua a latitare.

Il problema non è da sottovalutare, specialmente visto che tanto i vantaggi quanto i rischi dei gene drive in natura certamente trascendono i confini nazionali. Il coinvolgimento della DARPA e la mancanza di trasparenza, reale o percepita che sia, potrebbero fare tutta la differenza sull’uso di queste tecniche fuori dal laboratorio.