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Perché in Italia è così difficile punire chi fa il saluto fascista

Allo stadio, alle manifestazioni, in luoghi pubblici: punire chi fa il "saluto romano" non è espressamente previsto dalla legislazione, ma la giurisprudenza in tema è piuttosto ondivaga.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Paolo Di Canio (Foto via Twitter)

Il 20 ottobre 2016 la Corte d'Appello di Milano ha depositato le motivazioni delle sentenza con cui ha confermato l'assoluzione di due esponenti di CasaPound, accusati di apologia del fascismo per aver fatto il saluto romano - il 29 aprile del 2014 - al "presente" di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani.

Secondo i giudici di secondo grado, gli imputati hanno compiuto "gesti rituali del disciolto partito fascista," ma "non è chiaro" se "il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva" dell'ideologia.

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In altre parole, il saluto romano era da intendersi in termini puramente commemorativi, e la condotta dei militanti "non implica di per sé l'intenzione di sollecitare l'adesione all'ideologia da parte di un numero indeterminato di persone estranee alla manifestazione."

La stessa sorte processuale per il "presente" di Ramelli del 2014 era toccata ad altri sette simpatizzanti di estrema destra, assolti in via definitiva dalla Cassazione nel marzo del 2016. Per la commemorazione del 2013, invece, il tribunale di Milano ha condannato - nel novembre del 2015 - sedici militanti a un mese di reclusione e a una multa di 250 euro.

Paradossalmente, come ha annotato Luigi Ferrarella in un articolo sul Corriere della Sera, tra quei condannati "figuravano alcuni degli stessi militanti che, insieme ad altri, nel giugno 2015 erano invece stati prosciolti per il saluto romano nell'analoga manifestazione del 2014."

C'è da puntualizzare che il divieto di fare il saluto non è espressamente previsto dalla legislazione italiana, ma rientra più in generale nell'articolo 5 della legge Scelba, che punisce le "manifestazioni usuali del disciolto partito fascista."

La Corte Costituzionale - già nel 1958 - aveva rimarcato in una sentenza che non tutti i gesti, i simboli e le manifestazioni esteriori di adesione al fascismo sono punibili, ma solo quelle idonee a "provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste."

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Il legislatore, continuava la Consulta, aveva ben compreso che "la riorganizzazione del partito fascista può anche essere stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle; ed ha voluto colpire le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione."

Più recentemente, la Corte di Cassazione - nel confermare le condanne ad alcuni esponenti di CasaPound che nel 2009 avevano fatto il saluto romano durante una manifestazione per le vittime delle foibe - ha ribadito che il saluto romano è un reato a tutti gli effetti e ha fissato alcuni importanti principi.

Tra questi c'è il fatto che "l'esigenza di tutela delle istituzioni democratiche non risulta erosa dal decorso del tempo," e che nulla "autorizza a ritenere che il decorso di ormai molti anni dall'entrata in vigore della Costituzione renda scarsamente attuale il rischio di ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto partito fascista o altre formazioni politiche analoghe."

Nel 2015, a riprova della difformità di giudizi, una sentenza del tribunale di Livorno ha praticamente ribaltato l'impostazione della Cassazione, assolvendo quattro ultras del Verona. Quest'ultimi erano stati accusati di aver violato la legge Mancino – che sanziona i crimini d'odio – a margine di una partita del 2011 tra la squadra scaligera e quella toscana.

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Per il giudice fare il saluto fascista allo stadio non è reato, poiché non è un luogo "deputato alla propaganda politica."

Stando alle motivazioni, inoltre, quel gesto sarebbe stato una provocazione nei confronti della tifoseria contrapposta, poiché in contesto del genere non ha "messo a repentaglio la democrazia e la Costituzione" né ha determinato "un pericolo concreto e attuale alla diffusione e alla pubblicazione di idee discriminatorie e violente che possano pubblicizzare un tentativo concreto di raccogliere adesioni a un progetto di ricostituzione del partito fascista."

In più, proseguiva la sentenza, il tempo trascorso "è un deterrente al concreto tentativo che il saluto romano possa, oggi in uno stadio, essere un metodo per raccogliere adesioni a un progetto di ricostituzione."

A Pavia, invece, ogni 5 novembre si tiene il "presente" per Emanuele Zilli, un attivista del Movimento Sociale Italiano morto nel 1973. Ad organizzarla sono militanti e simpatizzanti di estrema destra, che sfilano per le strade della città con croce celtiche e striscioni commerativi.

L'avvocato Marco Sommariva, che è anche un tesserato della sezione ANPI "Onorina Pesce Brambilla," ogni anno deposita una denuncia in Questura per violazione della legge Scelba.

"Purtroppo il tribunale di Pavia," spiega a VICE News, "con due distinte sentenze ha assolto gli imputati aderendo, quindi, ad un'interpretazione più restrittiva della norma contestata. Interpretazione restrittiva che ritengo palesemente errata e in netto contrasto sia con il tenore letterale della norma stessa, sia con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nel 2014."

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Per l'avvocato, che si riferisce anche ad altre sentenze di assoluzione, ci sarebbe una tendenza "molto preoccupante" a "a sottovalutare l'effettivo disvalore e la pericolosità sociale di queste manifestazioni pubbliche di estrema destra."

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"Auspico che le Procure della Repubblica pongano maggior attenzione a tali tipologie di reati," conclude Sommariva, "e che, infine, vi sia una maggiore attenzione da parte degli organi inquirenti anche nel monitorare i quotidiani fenomeni di apologia del fascismo sui social network."

A quest'ultimo proposito, in Parlamento giacciono ben due proposte di legge che puntano ad inasprire la legge Scelba, ritenuta non più sufficiente a colpire determinate condotte — non solo il saluto romano, ma anche il proselitismo sui social e la vendita dell'oggettistica che si richiama al Ventennio.

"Serve una riforma, perché la situazione sta degenerando," ha dichiarato la consigliera PD dell'Emilia-Romagna, Nadia Rossa.

Il complicato rapporto tra saluto romano, legislazione e giurisprudenza evidenzia quanto sia difficile bilanciare la libertà d'espressione in un sistema democratico con la repressione di ideologie antidemocratiche.

Il costituzionalista Andrea Longo, in una disanima giuridica della questione pubblicata su Osservatorio Costituzionale, ha scritto che "nell'erigere difese contro gli intolleranti, contaminiamo il nostro sistema (liberale, democratico, pluralista) con porzioni di intolleranza; contaminiamo noi stessi con l'essenza di ciò che aborriamo."

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Tuttavia, l'idea di tolleranza pura "deve cedere di fronte agli intolleranti," e " l'esecrabilità di questo peccato contro gli stessi ideali che la Costituzione difende va tenuta presente e sottoposta a continuo vaglio, a continua discussione politica, se vogliamo evitare di trasformarci nei mostri che combattiamo."

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Foto via @DemokratHaber/Twitter