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giustizia

Per la prima volta il 'violentissimo pestaggio' di Stefano Cucchi potrebbe avere un movente

A rivelarlo sono le carte dell'inchiesta-bis, quella in cui sono accusati cinque carabinieri — tre per le lesioni subite dal giovane, due per falsa testimonianza.
Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009.

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Stefano Cucchi potrebbe essere stato picchiato per essersi rifiutato di rivelare informazioni confidenziali ai Carabinieri, con i quali avrebbe tuttavia collaborato in passato.

Dopo i recenti sviluppi giudiziari relativi al processo sulla morte del geometra, emergono nuovi dettagli dalla lettura delle carte dell'inchiesta-bis aperta contro cinque carabinieri — tre dei quali indagati per le lesioni subite dal giovane, due per avere rilasciato falsa testimonianza riguardo alla vicenda.

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A rivelarli è il Corriere della Sera, che rende conto del "possibile movente" che avrebbe portato al pestaggio e al conseguente decesso di Cucchi. In sintesi, Cucchi si sarebbe rifiutato di collaborare con i Carabinieri, opponendosi alla richiesta di rivelare informazioni su altre persone direttamente coinvolte nello spaccio di droga. Questo, stando alla ricostruzione, avrebbe causato un "violentissimo pestaggio."

Il testimone chiave è Luigi L., detenuto di Regina Coeli, che incontrò Cucchi nel reparto clinico del carcere il giorno successivo al suo arresto. Cucchi aveva "il viso tumefatto, era evidente che era stato picchiato. Aveva tutto il viso gonfio, anche all'altezza del naso. In passato ho visto tante persone picchiate, ma non avevo mai visto nulla del genere."

Nel corso della deposizione rilasciata al pubblico ministero Giovanni Musarò, Luigi L. racconta il suo primo incontro con Cucchi: "Ricordo che si fermò davanti alla guardiola e io, quando lo vidi, immediatamente gli chiesi: 'Chi ti ha ridotto così?'. Cucchi alzò gli occhi al cielo e non mi rispose; forse ebbe paura a rispondere davanti all'agente della polizia penitenziaria, ma ritengo che fosse una paura infondata."

Il giorno successivo, Luigi L. e Cucchi si rincontrarono. "Chiesi a Cucchi quale fosse stata la ragione di un pestaggio così violento e lui rispose: 'Perché, non lo sai? E che dovevo fare, tu l'avresti fatto?'. A quel punto compresi cosa intendeva dire e gli chiesi se gli avessero proposto di fare la fonte confidenziale (la 'spia') e lui aveva rifiutato."

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"Il Cucchi mi fece intendere che le cose erano andate così e rispose: 'Più o meno è andata come dici tu'. A quel punto gli feci i complimenti e gli dissi: 'Per me sei stato un grande'," prosegue la deposizione.

Secondo la nuova testimonianza - merce rara nel caso Cucchi, che ha vissuto finora soprattutto di silenzi e depistaggi - il geometra sarebbe stato "punito" per non avere fatto "la spia," come invece richiesto dai Carabinieri.

A Luigi L., Cucchi riferì anche di essere stato "picchiato dai carabinieri all'interno della prima caserma da cui era transitato nella notte dell'arresto. Aggiunse che era stato picchiato da due carabinieri in borghese, mentre un terzo, in divisa, diceva agli altri due di smetterla."

A dare valore alla testimonianza ci sono pochi ma significativi fatti che poi si sarebbero rivelati veri - il presunto coinvolgimento di due Carabinieri in borghese, ad esempio - che non potevano essere a conoscenza del teste al momento della deposizione.

Il maresciallo Roberto Mandolini, l'ex comandante di Roma Appia indagato oggi per falsa testimonianza, avrebbe altresì rivelato che Cucchi, in passato, aveva collaborato con la giustizia. In un'intercettazione telefonica del luglio scorso messa agli atti, Mandolini disse: "Perché qualche nome gliel'ha fatto, e gli ha fatto fare altri arresti."

È questo un altro particolare interessante che Mandolini ha omesso durante le sue deposizioni al processo e che, secondo l'analisi del Corriere, rafforzerebbe "l'ipotesi che i carabinieri pretendevano da lui nuove informazioni," avvalorando implicitamente il nuovo possibile movente delle violenze subite da Cucchi.

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