“Se c’è una nuova via da seguire, sarò in prima linea… Ma farà meglio a funzionare, stavolta.”
“Peace Sells” è uscita nel 1986—era in Peace Sells… But Who’s Buying, uno dei classici dei Megadeth—ma potrebbe benissimo essere il mantra perfetto per accompagnare un anno in cui il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea, i leader di Brasile e Corea del Sud sono stati cacciati per scandali vari, la cosiddetta “alt-right” ha iniziato a non essere considerata più solo una barzelletta e gli Stati Uniti hanno eletto il presidente Lex Luthor. Le probabilità di grandi disastri ecologici non fanno che aumentare. L’America è in una sorta di guerra senza fine. Il gap tra ricchi e poveri sembra più grande che mai. La gente è incazzata.
Insomma, uno scenario simile a quello da cui è nata la prima onda di thrash metal, nei primi anni Ottanta.
Il fatto che l’umanità sia incapace di imparare dai propri errori potrebbe essere un problema per molti, ma per un genere che si nutre di aggressione come il thrash metal è solo materiale da cui attingere. Come dice James Hetfield dei Metallica nel ritornello della titletrack di Hardwired… To Self-Destruct, un album sorprendentemente bello: “Siamo tutti fottuti / E sfigati / Siamo programmati per autodistruggerci.”
Capolavori come Master of Puppets, Reign in Blood e Peace Sells… sono il prodotto del 1986 che li ha generati, ma i gruppi che li hanno scritti non sono mai scomparsi. Il thrash è un genere che non ha avuto bisogno di esplorare nuove vie. Quest’anno sono usciti nuovi dischi di tre dei “Big Four” (Metallica, Megadeth e Anthrax), di due titani della Bay Area (Testament e Death Angel) e di due terzi dei “Big Three” tedeschi (Destruction e Sodom)—con nuovi LP di Kreator e Overkill già annunciati per i primi mesi del 2017. Anche se possono avere voci un po’ più profonde e capelli un po’ più grigi, i progenitori del genere esistono ancora, sono ancora al comando di una legione di fan e hanno ancora molto da dire.
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Dave Mustaine, il cantante/chitarrista e forza trainante dei Megadeth (il tizio che ha scritto le parole che vedete citate in cima all’articolo), pensa già al futuro. Il quindicesimo album dei ‘Deth, Dystopia, sembra il lavoro di un gruppo ringiovanito: Mustaine sputa pensieri sul mondo come fossero zolfo e fuoco, e come sottofondo ha il lavoro di quattro nuove. mani di qualità. Al gruppo si sono infatti aggiunti il chitarrista Kiko Loureiro (già negli Angra) e il batterista Chris Adler (dei Lamb of God). Secondo Mustaine è tutto parte di un continuum:
“Direi che è una sorta di rinascimento. Ci sono diversi motivi per cui ci ha fatto bene. Ha riportato un sacco di attenzioni sul gruppo, molti si sono resi conto che stiamo ancora facendo quello che ci piace e che siamo un gruppo ancora molto aggressivo,” dice. “Anche se non siamo mai cambiati molto. Sai, in fondo si tratta sempre di buttare fuori dischi. Quello che senti in un album non è collegato necessariamente a un cambiamento nel gruppo. Sono solo canzoni che abbiamo scritto in un determinato momento. Sfatiamo un luogo comune: quando un gruppo se ne esce con un album che non è il top, non significa che anche il gruppo ha iniziato a fare schifo. Semplicemente ha fatto uscire un disco diverso rispetto a quello che i fan volevano, o ha sbagliato le tempistiche.”
Charlie Benante, batterista di quella leggenda di New York che sono gli Anthrax, pensa che il suo gruppo stia vivendo un grande momento. Pensa che il loro nuovo e undicesimo album, For All Kings, abbia giovato delle attenzioni (e delle aspettative) che gli Anthrax si sono sentiti addosso dopo la loro reunion del 2010 con Joey Belladonna, il loro iconico secondo cantante.
“È come se avessimo una nuova—non voglio dire una seconda opportunità per iniziare un’altra carriera, perché è dai primi anni Ottanta che andiamo avanti—ma in un certo senso Worship Music ci ha fatti sentire quasi un nuovo gruppo, per il modo in cui ci siamo sentiti al centro dell’attenzione,” spiega. “E quindi, almeno per me, era come se questo disco fosse una sorta di secondo LP. Worship Music ci ha fatti ricomparire sulla mappa del genere, e For All Kings ha confermato che siamo qua per un semplice motivo: vogliamo scrivere nuovi album.”
Chuck Billy è sempre stato il cantante dei Testament: si unì al gruppo nel 1985, quando il nome che avevano scelto era ancora The Legacy. Tutti gli altri ruoli sono stati coperti da un sacco di musicisti diversi, ma al microfono c’è sempre stato lui. E per Billy è come se il loro undicesimo album, The Brotherhood of the Snake, rappresentasse più un’apice che un nuovo inizio.
“Quest’album è il culmine di tutto quello che abbiamo fatto dal primo giorno ad oggi, e di tutto quello che abbiamo attraversato assieme, a livello personale e musicale. Sono trent’anni che siamo in giro, e molte band non riescono a durare così tanto. Siamo molto fortunati a essere ancora qua, e che ci sia ancora gente che ci ascolta e compra i nostri dischi. È fantastico,” dice. “Forse è perché siamo sempre stati coerenti, fedeli a quello che abbiamo sempre fatto. Abbiamo affinato la formula, e credo che questo sia il disco più forte che abbiamo scritto da un sacco di tempo a questa parte. Non ci abbiamo pensato molto. Sapevamo soltanto che volevamo fare thrash, e quindi ci siamo posti quello come obiettivo entrando in studio. Non sapevamo come sarebbero usciti i pezzi, né quello di cui avremmo scritto, ma sapevamo che avremmo fatto thrash e che avremmo premuto l’acceleratore rispetto ai nostri ultimi album. E credo che il disco sia piaciuto proprio per questa scelta.”
I Death Angel fecero uscire il loro primo album ventinove anni fa (quando erano ancora minorenni), e si sciolsero nel 1991. Sono rimasti in silenzio per dieci anni, e nel 2001 hanno riattivato il gruppo. Da allora hanno scritto cinque album, tra cui il loro ultimo, The Evil Divide. Per Rob Cavestany, il loro chitarrista, la loro passione ha delle origini piuttosto semplici.
“Principalmente, viene tutto da un grande amore per la musica. Collettivo e individuale. Tutti i ragazzi del gruppo amano la musica, come credo sia naturale se te la scegli come lavoro,” spiega. “E già questo ti basta a farti venire voglia di andare avanti, dato che ti svegli pronto a fare musica e a vivere la tua giornata attorno a questo. Insomma, è un sogno che porti avanti fin da quando eri bambino. Sono questa ossessione e questa devozione che ci tengono uniti.”
Ovviamente, dopo tanti anni, questa voglia diventa un’arma a doppio taglio. Cavestany spiega bene la contraddizione al centro della vita di chi vive facendo thrash: “La cosa strana, la cosa più bella e più brutta di tutto questo—almeno per quanto ci riguarda—è la sorta di tristezza che ci accompagna. Quando suoniamo è come se uscissimo di testa, mettiamo un’intensità enorme in quello che facciamo, come se fosse un modo per esorcizzare ogni nostra ansia e frustrazione, tutta l’energia e l’aggressività latente causate esattamente dalla vita che facciamo e dalla musica che proviamo a suonare,” dice ridacchiando.
Stando a Cavestany, le parole The Evil Divide si riferiscono sia all’apparente divisione che separa la popolazione degli Stati Uniti che alla divisione che suonare in un gruppo causa tra il loro lavoro e le loro vite private, spesso andando a impattare sui loro rapporti umani. I testi riflettono entrambe queste anime. Chuck Billy, invece, dice che i Testament hanno scelto una direzione diversa:
“Per questo album, Erik [Peterson, il loro chitarrista-fondatore] ci ha detto chiaramente: ‘Hey, quando ci metteremo a scrivere i testi quest’anno possiamo non scendere troppo nel personale?’ Perché nei nostri ultimi due album c’erano molti pezzi decisamente personali—parlavamo della morte dei nostri genitori, di malattie, cose così. Erik voleva creare una storia per permetterci di scrivere testi fighi e inventarci qualcosa di nuovo. In quel momento stavo guardando un programma, Enigmi alieni, che parla delle varie teorie per cui la razza umana sarebbe stata creata dagli alieni,” ricorda Billy. “E poi ho trovato su internet questa storia della Fratellanza del Serpente, e l’ho passata a Erik. Praticamente il succo della cosa è che seimila anni fa degli alieni atterrarono sulla Terra e crearono la razza umana per usarci come schiavi. E niente, abbiamo pensato fosse una storia figa: c’erano gli alieni, la creazione dell’uomo, la religione, il potere. Tutte cose molto “da Testament”. E siamo partiti da lì per i testi. Tutte le canzoni sono partite con quell’idea—anche se poi ci siamo un attimo staccati dalla cosa, dato che non siamo riusciti a scrivere un concept coerente.”
Nonostante le tendenze apocalittiche che adotta nei suoi testi (e le sue opinioni politiche, notoriamente piuttosto controverse), Dave Mustaine dei Megadeth preferisce che sia l’ascoltatore a trarre le sue conclusioni da ciò che dice. “Chi scrive pezzi metal può prendere diverse vie. Vado un attimo indietro nel tempo: ad esempio, Ronnie James Dio e i Led Zeppelin scrivevano di mitologia. Poi c’erano gruppi come i Motörhead, che scrivevano di vita sa strada. I Judas Priest parlavano della scena metal. I Megadeth, i Metallica e gli Slayer scrivono di guerra e politica.”
“Penso che stia all’ascoltatore interpretare le canzoni, ma a volte una canzone è solo quello che è,” continua. “Non puoi andare troppo nel profondo, spesso capita che alcuni testi siano molto diretti, senza particolari ammiccamenti, cliché o modi di dire, e allora non resta tanto spazio per l’interpretazione. Io ho sempre provato a scrivere usando suggestioni, in modo che chi mi ascolta possa sentire quello che dico, leggerlo e dargli una sua interpretazione.”
Coerentemente, tutti gli artisti che ho intervistato sembrano esitare quando gli chiedo di parlare direttamente del bordello geopolitico che sono gli Stati Uniti oggi – al massimo posso dire che molti di loro sono d’accordo sul fatto che il clima attuale non sia esattamente positivo. È una reazione probabilmente causata da un’altra enorme parte della vita dei musicisti di oggi: internet.
Benante, per esempio, crede che sia molto pericoloso dire ciò che si pensa in un mondo fatto di reazioni istantanee sui social e cicli di indignazione giornalieri. “Penso sia diventato molto difficile, oggi come oggi, esprimersi in modo anche solo leggermente politico. Non lo puoi più fare, credo, perché se affermi la tua opinione su qualcosa, qualsiasi cosa, ci sarà sempre qualcuno che ti attaccherà di brutto. Non credo che in questo paese ci sia più libertà di parola, data la quantità di persone pronte a farti a pezzi per quello in cui credi, per i tuoi pensieri o le tue opinioni.”
“C’è un nostro nuovo pezzo, ‘Zero Tolerance’, che in fondo esprime alcuni dei nostri pensieri, ma non facciamo nomi,” continua. “Ogni giorni qualche musicista di qualche gruppo decide di dire qualcosa e viene fatto a pezzi dalla gente. E penso che sia un mio diritto dire quello che voglio dire, quando leggo frasi come ‘Una volta vi ascoltavo, ma ora mi sono reso conto di che persone siete’ esco di testa. Aspettiamo un minuto, stiamo confondendo due cose. Il fatto che abbiamo opinioni diverse non c’entra niente con la musica che ho fatto e che faccio.”
In fondo, se c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo, è che è sempre la musica che deve stare al centro di ogni cosa. Per Cavestany, è qualcosa di catartico: “Ogni volta che ci troviamo a suonare, succede questa sorta di UNGH, una sorta di liberazione totale. È un momento in cui lasci uscire ogni cosa, in una stanza piena di gente, noi sul palco e il pubblico a buttare fuori ogni tensione e ogni ansia, ma in un modo unito e divertente. È interessante, ma di questo si tratta. È questa l’essenza della cosa.”
Per Mustaine, si tratta di restituire qualcosa. “Siamo delle leggende. E non c’è un passo successivo, qualcosa di più grande di “leggenda”. Abbiamo vinto praticamente qualsiasi premio esistente, se escludiamo i Grammy e l’induzione alla Rock and Roll Hall of Fame. Sono felice della mia vita, sono felice degli amici che mi sono fatto. Sono felice di essere un ambasciatore del nostro genere. Sono felice di aver potuto organizzare concerti e di aver scritto un best seller. Non mi restano molti obiettivi da raggiungere, se non passare tutto questo a chi mi ascolta, che è una cosa che adoro. Probabilmente non mi sono mai divertito come ora, che sto usando i soldi che ho guadagnato per fare del bene e il talento e l’esperienza che ho per condividerli con gli altri.”
Per Billy, si tratta di tenere vivo il fuoco. “Penso che torni tutto alle radici. È musica aggressiva, ribelle per natura, e penso che ogni generazione nasca con un lato ribelle. Negli ultimi cinque, dieci anni, la nuova si è avvicinata a questo stile di musica. E vedo gente con i miei anni portare i propri figli e nipoti ai concerti, a fargli conoscere la cultura. C’è sempre più gente che ascolta thrash, ma credo che questo accada anche perché tutti noi gruppi che lo abbiamo creato abbiamo ancora fame. Non è un business facile, ma credo che sia importante continuare a far uscire bei dischi e suonare dal vivo.”
Benante riassume tutto in due parole: “Devi soddisfare te stesso, ma anche dare agli altri quello che si aspettano da te.”
Per parafrasare un altro testo di Mustaine: spaccare è quello che fanno, e gli affari vanno ancora bene.
Fotografia degli Anthrax di Travis Shinn
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