I miei anni nella Legione Straniera

Per quasi un’ora, mentre Dave e il suo amico muovevano gli scacchi su una scacchiera intagliata in una panchina di pietra, un crocchio di teppisti russi è rimasto a guardare uno scontro di cui non capiva le regole. Allungavano le mani, buttavano giù le pedine e ridevano. Erano seduti sul pavimento in terra battuta di una base circondata da recinzioni di filo spinato insieme ad altri 300 ex detenuti, stranieri apolidi, gangster dell’Europa orientale e una collezione di disperati provenienti da ogni angolo del mondo, pronti a vendersi l’anima per un passaporto dell’Unione Europea e un colpo di spugna sul loro passato. Le nuove reclute arrivavano a camionate ogni due giorni, e si squadravano l’un l’altra come i galeotti mentre bande di bruti andavano in giro a far scoppiare risse nel tentativo di stabilire una sorta di gerarchia.

Si diceva che la scacchiera fosse lì da circa 25 anni, e a fare le veci di torri e pedoni c’erano i sassi raccolti lì intorno. È solo uno dei tanti elementi immutabili della Legione straniera,e fa anche parte di quell’afflato mistico che ha spinto Dave a comprare un biglietto di sola andata da Ottawa a Parigi con l’intenzione di unirsi alla Legione straniera. La sua decisione l’ha portato nelle giungle del Sud America, dove un lauto stipendio compensava le probabilità di contrarre la malaria e altre malattie tropicali. Ed è stata sempre la struttura immutabile dell’organizzazione, almeno in parte, che ha spinto Dave a prendere una decisione che l’ha reso un esule virtuale dalla Francia, per paura di finire nel carcere militare della Legione.

Videos by VICE

Le prove

“Nella Legione, il modo migliore per affrontare le punizioni corporali era tendere i muscoli, non mostrare dolore, e attendere che il carnefice si annoiasse e smettesse,” dice Dave, riferendosi ai tre calci sul petto ricevuti da un caporale rumeno alla fine di una giornata di addestramento per novellini (lamentarsi o reagire in qualsiasi modo avrebbe solo peggiorato la situazione).

Sul suo sito, la Legione si descrive come “l’aspetto militare dell’antica tradizione di accoglienza e integrazione propria della società francese”—un’accoglienza che ha portato alla morte di 35.000 legionari dal 1831, anno in cui l’unità è stata creata allo scopo di fornire rinforzi all’esercito francese dopo la conquista di Algeri. La Legione li descrive come “stranieri che sono diventati figli della Francia non per il sangue che scorre loro nelle vene, ma per quello che hanno versato.” Hanno combattuto in due guerre mondiali, così come in ogni altro conflitto in cui la Francia sia mai stata impegnata.

Secondo l’esperienza di Dave, questa “antica tradizione di accoglienza” spesso si è manifestata sotto forma di pugni, calci negli stinchi, e, una volta, col lancio di pietre in faccia da parte di un caporale che lo aveva punito per aver fatto un sorso di latte senza permesso. L’aveva colpito solo al terzo lancio.

“Per essere onesti nei confronti della Legione, c’è da dire che gli arrivano un centinaio di nuovi stronzi ogni giorno,” ha detto Dave. Durante l’addestramento a tutti venivano impartite lezioni di francese, ma all’inizio non c’era molta comunicazione tra le decine di russi, inglesi, tedeschi, sudafricani, ed esponenti di altre nazionalità. “È più facile dargli un pugno alla testa e indicare la porta,” dice Dave, riferendosi alla barriera linguistica. “Capiranno in fretta il concetto.”

A differenza di molti candidati che si arruolano nella speranza di fuggire dai debiti, da un paese povero, da precedenti penali, o persino da una moglie, Dave era spinto dalla noia. Nativo di Ottawa si era unito all’esercito canadese a 17 anni, era stato in Jugoslavia e più tardi aveva prestato servizio in Africa centrale nei servizi segreti. Poi aveva lasciato l’esercito, insieme a molti altri, insoddisfatto per il modo in cui il governo aveva gestito i conflitti in Somalia, Jugoslavia e Ruanda. Ma dopo pochi anni di vita civile era “incredibilmente annoiato,” e gli mancavano le avventure vissute all’estero durante la vita militare. Aveva cercato di collaborare con un’organizzazione umanitaria in Africa, ma la cosa non era andata in porto, e a quel punto aveva deciso di entrare nella Legione Straniera.

Quando è arrivato per la prima volta al centro di reclutamento di Fort de Nogent, a est di Parigi, faceva freddo, c’era la nebbia, e l’atmosfera era “piuttosto romantica”. Ha consegnato il suo passaporto—non l’avrebbe più rivisto—e il cancello è stato chiuso a chiave dietro di lui.

Insieme alle altre reclute era stato portato in una stanza dove è stato loro ordinato di spogliarsi, in modo che qualcuno potesse prendere nota dei loro lividi, tatuaggi o cicatrici. Nudi e privati di ogni cosa, erano stati fatti sedere con un contratto quinquennale di fronte, pronto per essere firmato. Gli era stata data anche una nuova identità. A David Clouds—anche questo uno pseudonimo che Dave usa per rimanere anonimo—era stato dato un nome con le stesse iniziali, scelto a caso da un elenco. In cambio di cinque anni nella Legione avrebbe ricevuto un passaporto francese con una nuova identità. David Clouds non esisteva più.


Sul confine tra la Guyana francese e il Brasile, 2004.

Nelle tre settimane successive, con una tuta troppo larga addosso, aveva superato tutti i test fisici, nonostante la fame costante, a causa delle dimensioni irrisorie dei pasti—in certi momenti la situazione era così insostenibile da costringerlo a cercare qualcosa da mangiare nel bidone della spazzatura.

Poi, a Dave erano state fatte una serie di domande dagli agenti speciali francesi, che apparentemente conoscevano tutto il suo passato. “Sapevano che scuola frequentavano i figli di mio fratello ad Alberta. È stato impressionante.” Volevano sapere se avesse mai fatto niente di stupido, o commesso un reato. Ha raccontato loro di quella volta che aveva avuto guai per essersi ubriacato nell’esercito canadese e di quella in cui aveva rubato una macchina in una base dell’aeronautica militare belga. L’ufficiale ha riso e ha detto che era molto divertente.

Ma le cose non dovevano certo farsi più facili. I 18 “volontari” sono stati presto portati alla “Fattoria”, ai piedi dei Pirenei, per la prima parte dell’addestramento. Hanno trascorso un nevoso dicembre in un lungo edificio in pietra vecchio di 200 anni, quasi del tutto privo di riscaldamento. Qui le porzioni dei pasti erano più grandi, ma gli venivano dati solo tre minuti per mangiarli—Dave non è mai riuscito a finire un singolo pasto nei 30 giorni in cui è stato lì. In quel periodo, le reclute hanno imparato la storia della Legione e le procedure operative di base. Facevano inoltre lezione di francese, venivano addestrati all’uso delle armi e si allenavano per la marcia di 50 km che li aspettava al termine della prima fase dell’addestramento.

Lavaggio del cervello

“La particolarità della Legione è radicata nella sua capacità di alimentare quello specifico stato mentale che consente l’estremo sacrificio,” dice il sito. Ma a Dave sembrava più una setta che un’organizzazione militare professionale. Per come la vede lui, ci sono più somiglianze tra la Legione straniera e un’organizzazione mistico-religiosa, rispetto a quante ce ne siano con un altro corpo militare, per dire, con il Reggimento paracadutisti britannico. Le punizione fisiche, il duro lavoro, la privazione di sonno e di cibo, uniti al costante incitamento a dimenticare il proprio passato, concorrono a quello che Dave vede come una sorta di lavaggio del cervello.

Dave sul confine tra Bosnia-Erzegovina e Croazia, nel novembre 1992, con la divisa dell’esercito canadese.

Una delle attività preferite degli addestratori era allineare tutte le reclute sul piazzale la mattina presto, a volte in mutande, e lasciarle congelare per 40 minuti (l’unico momento in cui erano ammessi giacche, guanti o cappelli sulle teste rasate a zero era durante le frequenti marce notturne). La maggior parte delle reclute era costantemente malata, e mentre i pestaggi correttivi continuavano, i caporali a volte punivano le trasgressioni al regolamento costringendo i colpevoli a tuffarsi in uno stagno chiamato “il Laghetto”. Una settimana prima che se ne andassero da lì, era stato ordinato che tutti si spogliassero e si tuffassero nello stagno ghiacciato. Un ragazzo moldavo di nome Mozes—”noto per essere un individualista”—si era rifiutato di entrare, e il resto del gruppo era rimasto a mollo nell’acqua gelida mentre il caporale rumeno lo “motivava” prendendolo a calci nelle palle con gli stivali da combattimento. “Sembrava una scena di un film sui campi di concentramento della Seconda guerra mondiale,” racconta Dave.

Una volta piegato l’incontrollato moto individualista di Mozes, al gruppo è stato ordinato di stare in piedi vicino al laghetto e cantare le canzoni della Legione—ma Dave ha commesso l’atroce crimine di battere troppo forte i denti nel cantare, mentre il suo naso, le orecchie e le mani gli andavano in ipotermia. Per questo, un tenente lo ha preso a schiaffi in faccia, affermando, “Non sai cantare.”

Alla fine sono riusciti a portare a termine l’epica marcia di un giorno e una notte e sono stati ufficialmente arruolati, con indosso i lucenti chepì bianchi e le uniformi tradizionali di rito. In una sorta di strano spirito vacanziero da legionari, hanno poi marciato su per il versante di una montagna nei Pirenei, con in spalla uno zaino pesante, un paio di sci, e una mitragliatrice. Qui hanno trascorso i giorni successivi imparando a sciare “su piste nere, con una mitragliatrice sul petto, tipo James Bond.”

Sono seguiti altri tre mesi di addestramento, e l’unico miglioramento era che le truppe ora potevano mangiare più lentamente. Sono stati indirizzati nei reggimenti che volevano—qualcuno sarebbe finito in Corsica, un’unità di montagna e una di cavalleria sarebbero rimaste in Francia e qualcuno sarebbe partito per il Gibuti. Dopo sei mesi senza alcun contatto con amici, familiari, o chiunque altro nel mondo esterno, ai nuovi legionari erano stati concessi tre giorni di licenza a Marsiglia. Dopodiché sono stati spediti verso i loro reggimenti. Dave è partito per la Guyana Francese, dove si sarebbe specializzato come cecchino, e secondariamente come demolitore.

Per quanto riguarda Mozes, durante l’ultimo mese di addestramento un sergente, sentitosi insultato dall’individualismo del moldavo, lo aveva portato in una stanza e “l’aveva usato come un sacco da boxe”. Poco dopo, a Dave è arrivata voce che aveva disertato.

Guyana Francese

La chiamavano una “missione in profondità”. Nella piccola città di Kourou, sulla costa della Guyana Francese, erano di stanza circa 100 legionari. Erano stati divisi in sezioni che pattugliavano il confine in turni di un mese ciascuna, alla ricerca di trafficanti di cocaina e cercatori d’oro illegali nella giungla. Poco prima dell’arrivo di Dave un uomo era stato quasi ucciso dal morso di un ragno velenoso durante una missione. I compagni lo avevano immerso in un torrente per abbassargli la temperatura corporea, schizzata alle stelle a causa del veleno e, dopo aver chiesto aiuto via radio, avevano creato una piattaforma d’atterraggio d’emergenza nella giungla, facendo saltare in aria gli alberi con l’esplosivo. Un elicottero, guidato dal fumo rosso dei razzi di segnalazione, lo aveva salvato appena in tempo (se non si somministra l’antidoto entro sei-otto ore dal momento del morso si rischia la morte).

Durante le missioni nella giungla era frequente imbattersi in serpenti, ragni e trafficanti armati. Oppure in una colonna di formiche predatrici larga 5 metri e lunga quasi un chilometro che aveva rumorosamente preso possesso dell’accampamento. Di fronte a un tale esercito, anche i valenti legionari non avevano avuto scelta, optando per l’evacuazione del campo in attesa che le formiche liberassero la zona. Quando era partito per la sua prima missione nella giungla Dave pesava 80 kg. Al ritorno la bilancia non saliva oltre i 70. Una barba ispida gli copriva il volto – nella giungla i tagli accidentali con il rasoio possono dar luogo ad infezioni.

Eppure Dave dice che le missioni di questo tipo erano un sollievo, perché consentivano di sfuggire al severo regime della base. A Kourou le ispezioni nelle camerate erano quasi giornaliere, e le tensioni altrettanto frequenti.


Guyana francese, 2005.

A Kourou i legionari erano sottoposti a una rigorosa routine per limitare le possibilità di contrarre la malaria. Erano sempre sotto farmaci antimalarici, e la routine prevedeva che all’imbrunire si coprissero dalla testa ai piedi e dormissero in amache sopra il livello del suolo. “Tutti gli animali della giungla cacciano di notte,” dice; così, per ridurre le probabilità di farsi pungere da uno scorpione o contrarre la malaria, i legionari dovevano entrare in sintonia con i ritmi della giungla. Gli veniva anche data una crema contro l’acne, perché gli insetti ne odiano l’odore. “Hai una pelle bellissima in Guyana Francese—non hai neanche un brufolo,” dice Dave. Ma, nonostante tutto, in qualche modo le zanzare ce la facevano sempre. “Un sacco di legionari si sono beccati la malaria in Guyana Francese,” racconta.

La fuga

Una delle ragioni del costante addestramento è che bisogna essere sempre pronti se succede qualcosa. Il coinvolgimento della Francia nel colpo di stato che, nel 2004, ha deposto Jean-Bertrand Aristide era esattamente quel qualcosa. Dave ha trascorso quattro mesi ad Haiti per sorvegliare l’ambasciata francese e l’aeroporto di Port-au-Prince, aiutando nell’evacuazione dei diplomatici e coordinando la sicurezza della nuova elezione presidenziale. È stato in quel periodo che hanno sparato a uno dei suoi amici e compagni d’armi, uccidendolo. C’era sempre stato un senso di pericolo che aleggiava nell’aria ma era stato quell’evento a renderlo reale, per Dave.

“Mi ha ricordato che avrei potuto perdere la vita facendo parte di questo corpo, e che non sarebbe stata una cosa eroica—sarebbe stato solo stupido,” racconta. Altri legionari erano morti in Guyana francese, nella maggior parte dei casi per annegamento, mentre guadavano i fiumi. I momenti degni di nota della carriera di Dave sono stati un viaggio in America Centrale per partecipare all’addestramento con l’esercito salvadoregno e un unico giorno a guardia sul perimetro dell’agenzia spaziale europea durante un lancio.

Anche la vita in caserma aveva iniziato a pesargli. “Il regime è così duro perché da 150 anni funziona così, e funziona bene,” dice Dave. E anche se ammette che l’assenza di tale rigido regime potrebbe portare a risse o a problemi peggiori, confessa che, personalmente, ne aveva avuto abbastanza di un luogo dove l’intero gruppo continuava a passare i propri giorni di riposo scontando punizioni collettive per le trasgressioni dei singoli. Anche se capiva che per molte persone la Legione rappresentava una fuga, per lui aveva iniziato a essere proprio l’opposto. Aveva due anni ancora da servire, ma stava iniziando a pensare di fuggire a Paramaribo, in Suriname. Ma non c’era nessun consolato canadese lì, e la Legione aveva preso il suo passaporto quando si era arruolato.


Al poligono di tiro, Guyana Francese, 2005.

L’occasione è arrivata quando ha avuto una licenza di sette settimane in Francia. Ha passato il primo giorno a sbronzarsi, dopodiché la mattina seguente ha iniziato a cercare sul forum di Lonely Planet modi per scappare in Spagna. Pochi giorni dopo era su un treno diretto al confine. Sapeva che se fosse stato catturato cercando di lasciare il Paese lo avrebbe aspettato il carcere, e poi sarebbe stato rispedito subito a Kourou per terminare la ferma. Ma era determinato a raggiungere il consolato canadese a Barcellona. Ha attraversato il confine nei Pirenei e preso un autobus dal lato spagnolo. C’è stato un momento di tensione quando alcuni agenti della polizia di frontiera sono saliti per controllare un passaporto che non aveva. Si è imbarcato in un lungo ed elaborato show in cui rimescolava il contenuto della borsa nella speranza che l’agente alla fine si annoiasse e lasciasse perdere. Ancora non si spiega perché, ma ha funzionato. La guardia ha proseguito ed è uscita dalla parte posteriore del bus.

In un primo momento, il consolato canadese di Barcellona si era rifiutato di aiutarlo perché aveva rinunciato volontariamente al suo passaporto per quello di un altro paese, ma la donna al banco era tedesca e per ammorbidirla era bastata qualche parola nella sua lingua madre. Dopo due mesi a bighellonare per Barcellona era di nuovo il cittadino canadese David Cloud—passaporto alla mano.

Libertà

Dave non può tornare in Francia, e non si fida nemmeno ad andare in paesi come il Mali, dove potrebbe imbattersi nella polizia francese, che vedrebbe che il suo nome compare nelle liste dei disertori della Legione straniera e potrebbe arrestarlo. “Mi spiace non poter tornare in Francia, ma ho dovuto rinunciare,” dice. “La Francia è un paese bellissimo, ha una bella storia, e ci vivono bellissime persone.”

Alla ricerca di quel genere di avventura che lo aveva portato ad arruolarsi come legionario, Dave è poi partito per il viaggio della vita, che in un anno lo ha portato dal Marocco alla Giordania e poi dal Kenya alla Repubblica democratica del Congo. La sua carriera nella Legione straniera gli ha dato gli strumenti per affrontare la maggior parte dei pericoli che potrebbero capitargli, tanto che ancora oggi riceve chiamate da aziende che gli propongono mansioni di sicurezza privata a vari gradi di pericolosità. Degli anni come legionario gli rimangono anche tutti i soldi degli stipendi—esentasse, perché era “una persona fittizia che non esisteva”. Ha inoltre ricevuto un bonus di 25.200 dollari in quanto volontariodi stanza in Guyana Francese, per compensare il rischio di contrarre la malaria o altre malattie.


In uniforme da parata in Guyana Francese, 2004.

“Avevo la sensazione di poter fare qualsiasi cosa”, dice, e, tutto considerato, la sua esperienza con la Legione non gli ha lasciato l’amaro in bocca. “Sono entrato nella Legione straniera per l’avventura, e sicuramente l’ho ottenuta,” dice.

Adesso fa paracadutismo, suona la chitarra in una band a Ottawa, e fa il barista in un piccolo, chiassoso pub che attira personaggi di tutti i tipi. Versa i drink con precisione militare che ricorda una tradizione ormai perduta nel mondo di oggi, fatto di generici pub irlandesi. Chiacchiera con i clienti abituali con una cordialità modesta, contribuendo al fascino di un posto che altrimenti si limita a trappole da aragoste appese alle pareti e vecchie poltrone. Ogni superficie è tenuta scintillantemente pulita, e ogni bicchiere è al suo posto.


Mentre sono seduto davanti al bancone in una serata relativamente tranquilla, mi racconta un aneddoto avvenuto in Africa poco dopo che aveva lasciato la Legione. In Uganda, un ragazzo era saltato fuori dai cespugli mentre Dave stava camminando lungo la strada e aveva cercato di strappargli la borsa. Dave si era voltato e gli aveva tirato uno schiaffo a mano aperta sulla gola. “L’ho atterrato in due secondi, cazzo,” dice.

Il ragazzo si era rialzato ed era fuggito nella boscaglia, ma non è chiaro se avesse imparato che è meglio non fare gli stronzi con gli ex legionari. In effetti, probabilmente non aveva idea di chi aveva di fronte.

@joshualearn1