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Il cocktail bar che usa prodotti siciliani quasi scomparsi nei suoi drink

Neo Mediterraneo Vibes Cefalù cocktail

“Nella sfortuna, la pandemia è stata una fortuna. Ci ha permesso di viaggiare alla scoperta di piccole realtà in giro per la Sicilia per due anni.”

Ovunque ti giri, la Sicilia è pronta a metterti davanti piatti diversi, frutti sconosciuti, vini fuori di testa e perversioni gastronomiche tipo involtini di melanzana ripieni di spaghetti. Da un chilometro all’altro si trovano spesso frutti o grani differenti e, di paese in paese, cambiano le ricette di qualche virgola mentre gli abitanti si scannano per rivendicare quella più buona.

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Nessuno però ha mai pensato di inserire questa enorme diversità nei cocktail. O almeno non prima che aprisse Neo-Mediterraneo Vibes a Cefalù. Il format è facile: cocktail semplici, ognuno con un ingrediente siciliano mezzo dimenticato.

Il concetto è di scegliere gli ingredienti migliori, più naturali, che tengano vive le tradizioni del territorio, la biodiversità e facciano conoscere a tutti queste storie.

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Simone Molé.

Cefalù è una meta turistica tra le più battute della Sicilia, non lontana da Palermo. La sua spiaggia, con vista suggestiva su quello che più che un duomo sembra una moschea, tante sono state le influenze arabe, è splendida. Così come il centro del paese dove, in una piccola traversa, è appena nato Neo, cocktail bar con cucina che si è caricato sulle spalle il compito di valorizzare in ogni modo prodotti di piccole o piccolissime realtà siciliane che lavorano come si deve.

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Jalel Ben Saad.

“Quando i ragazzi proprietari delle mura, Jalel Ben Saad e Salvo Guccione, mi hanno detto di voler fare un cocktail bar come si deve, stavo tornando nella mia Modica da Londra e avevo voglia di tornare per restare. Così ci siamo messi a tavolino ed è uscito fuori Neo. Il nome è la fine della parola Mediterraneo,” mi racconta Simone Molé, che si prende cura dei drink (e che quest’anno ha vinto World Class Italia, la competizione più prestigiosa per bartender, NdR).

Fin dall’inizio il concept era quello di tirare fuori il meglio della Sicilia mediterranea da drink e piatti. Niente di più facile e niente di più difficile. “La voglia quella di tornare alla nostra terra nella sua essenza,” mi dicono. “Quella fatta di prodotti e personaggi.” Il concetto è di scegliere gli ingredienti migliori, i più “naturali”, che tengano vive le tradizioni del territorio e la biodiversità e facciano conoscere a tutti queste storie.

In più mettiamoci che avere alla base un ingrediente che è già una bomba atomica permette di non diventare pazzi con mille preparazioni: è già tutto lì, basta solo farlo risaltare.

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Il Giovi Gimlet di Neo con un gin 100% siciliano dal grano alla distillazione.

Un secondo dopo essermi seduto al bancone Simone mi versa il primo drink di benvenuto. Un Dirty Martini che, al posto della solita salamoia di olive, ne ha una acida fatta con finocchietto di mare. “Di base abbiamo preso ispirazione dai cocktail classici su cui facciamo un twist dove l’ingrediente principale è una chicca siciliana.”

Quindi ci si può trovare roba tipo un Carob Sour, con la carruba o il Salty Neo, che è un Paloma con pompelmi gialli, limone, miele, capperi e soffi di sale siciliano.

“Nella sfortuna, la pandemia è stata per noi una fortuna,” mi dicono. “Ci ha permesso di viaggiare alla scoperta di piccole realtà in giro per la Sicilia per due anni. Abbiamo conosciuto apicoltori, piccole realtà alcoliche, vignaioli naturali. È stato stimolante in primis per noi e vorremmo stimolare anche i clienti, far loro conoscere la Sicilia attraverso piatti e cocktail.”

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Lo chef Fabio Pluchino prepara i piatti al bancone



Tra l’altro non sono solo gli ingredienti a essere scelti con un criterio di sostenibilità e territorio: le divise, per esempio, vengono fatte dalla Sartoria Sociale a Palermo, nata in una proprietà sequestrata alla Mafia dove lavorano donne in pensione e in difficoltà e che recupera scarti di mercerie della città. Anche il sapone in bagno è local, per dire.

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Perpetuum Manhattan fatto con vino tradizionale perpetuo di Marsala

Tornando al bere, tra tutti i cocktail assaggiati ce n’è uno che è senza dubbio uno dei migliori mai assaggiati negli ultimi anni. E non può che essere fatto qui: il Perpetuum Manhattan, fatto con bourbon, rye e il vino perpetuo di Pierpaolo Badalucco, celebre vignaiolo naturale di Marsala. “Ho conosciuto Pierpaolo al ritorno dall’Australia e mi ha folgorato,” mi racconta Simone Molé.

“Non conoscevo il vino perpetuo e da allora ho sempre voluto metterlo in un drink.” Il vino perpetuo, antenato del Marsala fortificato, viene detto anche Pre-British: un vino che si faceva tradizionalmente prima dell’arrivo massiccio degli inglesi che si portavano via il Marsala e che rimane in un’unica botte idealmente per sempre. Di fatto le annate si mischiano, la botte invecchia insieme al vino e, ogni volta che se ne prende un po’, viene rabboccato con vino nuovo. È una cosa che ormai fanno davvero in pochi. Nel Manhattan di Neo ne basta pochissimo per dare una struttura ossidativa e un po’ acidina che insieme al Whiskey ti manda fuori di testa.

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Il Neo Spritz, fatto con una tonica al limone siciliana

“Tra i cocktail di cui andiamo più fieri c’è il Nepeta Old Fashioned, dove usiamo il rosolio di azienda Nepeta che ha ripreso in mano una ricetta di 300 anni fa e lo fa con erba gatta, ormai quasi scomparsa, e la nepitella,” mi dice ancora Simone. “Ma anche il Giovi Gimlet, dove usiamo il London Dry Gin Giovi, un’azienda familiare che distilla da sé l’alcol partendo da grani siciliani e i cui alambicchi sono stati costruiti a rame e alimentati ancora a legna.”

E io ci aggiungo l’Honey Negroni: qui c’è un cordiale di miele di api nere sicule, una tipologia di ape mezza scomparsa che viene messa in alcuni frutteti dall’apicoltore Claudio Meli. Le sue api giocano felici tra i fiori, la frutta viene ottima e in cambio se ne porta via anche un po’ in pieno stile baratto.

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La tataki di tonno con cioccolato di Modica e ketchup di nespole.

Anche i piatti seguono ovviamente la stessa filosofia dei cocktail. Lo chef Fabio Pluchino, che a 27 anni ha già accumulato parecchia esperienza nell’alta ristorazione londinese, prepara tutto al bancone assemblando e lavorando su ingredienti artigianali siciliani: tataki di tonno con cioccolato Bonajuto di Modica e ketchup di nespole, ma anche un hummus di un cecio nero di Corleone quasi sparito la cui acqua faba viene usata per fare una meringa dolce.

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Il Mai Tai di Neo: qui c’è un amaretto fatto in casa con ingredienti siciliani

‘Salire’ dal mare dopo un bagno lungo ore fa venire sete. Se non avete sete solo per l’ora dell’aperitivo, ma anche di conoscenza del territorio, fatevi qualche passo e imboccate da Neo.

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