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Nei "villaggi della sharia" in Bosnia, dove si sta infiltrando lo Stato Islamico

Circa 300 bosniaci si sono uniti allo Stato Islamico in Iraq e in Siria, e alcuni villaggi nelle montagne a nord del paese seguono la Sharia e sventolano la bandiera nera del gruppo.
La polizia controllo l'ingresso al villaggio bosniaco di Gronja Maoca, ornato da una bandiera dello Stato Islamico. (Foto di Dado Ruvic/Reuters)

Lo Stato Islamico (IS) si è infiltrato in un piccolo e instabile paese europeo che da anni ospita gli jihadisti: la Bosnia ed Erzegovina.

Il settimanale tedesco Der Spiegel ne ha parlato in un reportage, scrivendo che i residenti di alcuni minuscoli e remoti villaggi nelle montagne a nord del paese seguono la sharia e sventolano la bandiera nera di IS.

I villaggi fungerebbero da "rifugio" per i radicalizzatori che hanno aiutato fino a 300 bosniaci a unirsi ai militanti in Iraq e in Siria — una delle percentuali di presenza jihadista più alti in Europa, stando alla rivista.

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Armi prodotte nel paese balcanico sono state usate nell'attacco contro la redazione della rivista francese Charlie Hebdo, e nel massacro avvenuto nella sala concerti Bataclan, a Parigi.

Le rivelazioni sono solo l'ultimo capitolo nel rapporto della Bosnia con il terrorismo.

Dopo lo sfaldamento della Jugoslavia comunista, i militanti arabi - molti dei quali avevano combattuto l'Unione Sovietica in Afghanistan con il sostegno americano negli anni Ottanta - si sono spostati in Bosnia. Lì, hanno formato il "Battaglione Mujahidin" per fare la guerra santa contro i serbi cristiani ortodossi e i croati cattolici. In Bosnia, i musulmani sono circa il 40 per cento della popolazione totale di 3.86 milioni.

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"In Bosnia c'è questo problema da parecchio tempo," dice a VICE News Dan Byman, senior fellow ed esperto di antiterrorismo presso la Brookings Institution. "Già nei primi anni Novanta quando, per un po' di tempo, era diventata una base comune per i jihadisti."

Alcuni di quei primi mujahideen sono rimasti nel paese. A loro si sono aggiunti estremisti locali. Per decenni, l'Arabia Saudita e altri paesi del Golfo Persico hanno inondato la Bosnia con finanziamenti per moschee e altre istituzioni islamiche, che hanno contribuito a consolidare le comunità fedeli dell'Islam radicale wahabita, promosso da Riyadh.

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Il governo bosniaco sta ora cercando di sradicarli. Alla fine dello scorso anno, l'imam bosniaco Hussein "Bilal" Bosnic è stato condannato a sette anni di carcere per aver reclutato per IS e per aver incitato al terrorismo, grazie a una nuova legge che ha inasprito le pene per questi reati.

Al tempo, le autorità bosniache hanno accolto la sentenza bosniaca come una prova del loro contributo alla lotta al terrorismo. Ma l'inchiesta di Der Spiegel, che descrive la zona intorno a Velika Kladusa, vicino al confine croato, come un 'centro per i combattenti jihadista," suggerisce che le autorità hanno ancora molto lavoro da fare.

L'assenza di progresso deriva probabilmente dalle mancanze del governo bosniaco.

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Gli Accordi di Dayton, che hanno posto fine alla guerra bosniaca nel 1995, hanno diviso il paese in un gran minestrone politico — la presidenza ruota tra un bosniaco, un croato e un serbo; c'è la divisione interna tra Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina, controllata dalla popolazione di etnia serba, e la Federazione di Bosnia Erzegovina, divisa a sua volta in 10 cantoni; infine, esiste il Distretto autonomo di Brcko, nel nord. Il paese è governato grazie al contributo dell'Ufficio dell'Alto Rappresentate, entità creata per monitorare l'implementazione degli Accordi di Dayton, e alle Nazioni Unite.

Come in Belgio - stato decentralizzato dove i fiamminghi, i valloni e i funzionari federali faticano a debellare le reti terroristiche locali - anche la struttura politica bosniaca non aiuta la sicurezza pubblica. Ad esempio, secondo quanto riportato da Der Spiegel, la polizia federale bosniaca deve notificare il Distretto di Brcko prima di poter entrare a Gornja Maoca, uno dei cosiddetti "villaggi della Sharia."

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Secondo gli esperti, la struttura politica presenta anche dei problemi di governance.

Nel 2014, i bosniaci si sono ribellati e hanno dato fuoco agli uffici del governo per protestare non solo contro la corruzione e la malgoverno dei loro leader, ma anche contro il loro sistema politico disastrato. Oggi, il tasso di disoccupazione è sopra al 40 per cento e i giovani sono la categoria più penalizzata.

'Questi clown, queste persone che sono al comando sono estremamente corrotte.'

"Le persone sono molto frustrate dalla qualità dei loro leader," dice Patrice McMahon, scienziata politica dell'University of Nebraska che ha lavorato a lungo in Bosnia. "Questi clown, queste persone che sono al comando sono estremamente corrotte. Non stanno aiutando le persone. I soldi finiscono solo nelle loro tasche." Molti dei problemi della Bosnia sono gli stessi che affliggono altri paesi balcanici e dell'est Europa.

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"Sono proprio alcuni bosniaci e altre persone nei Balcani a vedere la manipolazione etnica e la corruzione come la strada per il futuro, invece di salire sul carro della democrazia," dice. "L'unica speranza è che i giovani vengano educati diversamente. Ci sono persone sopra i 35 anni che forse non sono corrotte, ma non vedo in loro la volontà di cambiare le cose in Bosnia."

La colpa di questi problemi è sia degli Stati Uniti dei paesi europei, aggiunge McMahon. La NATO ha aiutato a porre fine alla guerra in Bosnia dopo i massacri di Srebrenica - quando le forze serbo-bosniache hanno ucciso 8.000 bosniaci musulmani - ma l'Occidente non ha davvero contribuito a far stare la Bosnia in piedi da sola. Sarajevo è una città piacevole, dice, ma i miliardi di dollari di aiuti arrivati nel paese non hanno portato un cambiamento positivo sistematico.

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"Promettiamo così tanto. Facciamo così poco," dice. "A volte credo che stiamo facendo più danni che altro. Non hanno un vero e proprio stato autosufficiente."

Ha senso quindi che IS stia approfittando della situazione, continua.

"Dopo la Bosnia, ci sono stati l'Afghanistan e l'Iraq. Le persone andavano avanti e non si occupavano più di costruire uno stato, e volevano solo dire che la Bosnia era una storia di successo," dice. "A causa di queste distrazioni, abbiamo permesso a questa porta di aprirsi, proprio come in Iraq."


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