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Perché Sala e Parisi non sono la stessa cosa

Le comunali di Milano, dove Sala e Parisi si giocano la vittoria al ballottaggio, sono state caratterizzate dall'idea che i due candidati fossero identici. Si tratta, però, di una visione semplicistica che non tiene conto di molte cose.

Se solo qualche mese fa qualcuno avesse sostenuto che a Milano la battaglia elettorale sarebbe finita al ballottaggio, molto probabilmente sarebbe stato sbeffeggiato e poi rinchiuso. Del resto, Milano usciva da un periodo descritto quasi a reti unificate come favorevole: Expo, la narrativa della Capitale morale, lo skyline, il Bosco Verticale e la scia di quella Rivoluzione Arancione che si credeva fosse troppo presto per dirsi conclusa. Non importa se queste scelte siano in parte da attribuire a amministrazioni precedenti; il clima generale e la memoria breve dell'elettorato facevano pensare che questo si sarebbe schierato per il candidato proposto dalla giunta attuale.

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Lo scorso 5 giugno, tuttavia, le elezioni amministrative nel capoluogo lombardo hanno raccontato una storia molto diversa. Beppe Sala, candidato del centrosinistra, ha superato l'avversario del centrodestra Stefano Parisi di appena 4938 voti, rimandando il discorso al ballottaggio di questa domenica.

Ad andarli a cercare un po' più in profondità, in realtà i segnali che facevano ipotizzare un risultato del genere c'erano tutti. Dopo la decisione di Giuliano Pisapia di non presentarsi per il secondo mandato, la sinistra ha fatto ciò che da sempre le riesce meglio: si è divisa e ha disperso voti e tempo in battaglie interne, ritrovandosi un candidato, Beppe Sala, in cui di fatto una parte dell'elettorato non si riconosce. Dall'altra parte, il centrodestra ha fatto ciò che nel resto d'Italia non riesce a fare da molto tempo: si è presentato unito (FI, AN, Lega), con un candidato che—com'è invece successo a Roma—non perdeva mille voti ogni volta che apriva bocca o non sparava cazzate troppo eclatanti in diretta tv.

Ma al di là di meriti e demeriti dei due schieramenti, le amministrative a Milano sono state caratterizzate da una costante: l'idea che i due candidati fossero identici (punto su cui all'inizio ha provato a insistere anche lo stesso Parisi.) Si tratta, del resto, di due manager prestati alla politica: Sala e Parisi, milanese il primo e romano il secondo, sono due moderati posizionati nello stesso identico punto nello spettro tra centro e destra e centro e sinistra. Sono tutti e due laici liberali, ed entrambi gravitano da anni nel mondo dell'imprenditoria e della burocrazia.

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Il primo, Sala, è stato amministratore delegato della Pirelli, chief financial officer di Tim, city manager per la giunta di Letizia Moratti nel 2009, e infine, commissario unico di Expo. Parisi, invece, ha svolto lo stesso ruolo per l'amministrazione di Gabriele Albertini nel 1994, ha lavorato al Ministero del lavoro e a capo del Dipartimento per gli Affari Economici del Consiglio dei Ministri, è stato amministratore delegato di Fastweb e dal 2012 presidente di Chili. Si tratta di profili che difficilmente suscitano empatia nell'elettore medio.

Ma se da un lato è innegabile che i due personaggi siano molto simili, dall'altro asserire che il governo dell'uno o dell'altro sarebbe la stessa identica cosa è un po' semplicistico: appartengono a due schieramenti politici diversi e hanno alle spalle un elettorato e, soprattutto, due squadre completamente diverse, che si riflettono necessariamente sulla loro visione e su quello che sarà il loro operato da sindaco.

LA SQUADRA

Che poi il problema non è manco — Gaetano Moraca (@Gaepanz)6 giugno 2016

Quello della squadra è il vero elemento di differenza di questa campagna elettorale e quello che—più delle parole dei due candidati—riuscirà a spostare voti in una direzione o nell'altra.

Parisi si presenta con l'appoggio di Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, oltre ad altre liste minori. Fin dall'inizio ha cercato di crearsi un profilo di moderato, prendendo le distanze dalle frange più estreme della destra del suo partito e rifiutandoo quasi—all'interno delle sue liste esponenti di Lealtà e Azione.

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Nonostante questo Parisi si presenta per la coalizione di centrodestra, con alle spalle Matteo Salvini, Maria Stella Gelmini—la candidata più votata in assoluto nelle liste di Forza Italia alle scorse comunali—Maurizio Lupi e Ignazio La Russa, che del resto vedono in Milano l'unica opportunità rimasta loro per contare qualcosa a livello nazionale.

Per quanto riguarda i futuri membri della sua giunta, il candidato di centrodestra ancora non ha sciolto il riserbo, anche se il pressing per le poltrone all'interno di Forza Italia e Lega sarebbe già cominciato. L'unico nome concreto sembra per adesso quello di Albertini, che ha sostenuto il candidato con una sua lista. Per il resto, sembra sfumata l'ipotesi di un futuro in giunta per Matteo Salvini: se il leader delle Lega si è sempre detto disponibile a rivestire il ruolo di assessore—magari alla sicurezza—Parisi ha bocciato l'idea, rispondendo di aver bisogno di una persona a tempo pieno.

Dall'altra parte, Sala, la cui sfida è stata fin dalla nomina quella di assicurare una continuità "di sinistra" con la giunta Pisapia, ha già annunciato che avrà diversi membri dell'attuale amministrazione: a partire da Majorino, assessore al Welfare e capolista del PD, fino a Tajani e Maran. Inoltre, ha annunciato che Emma Bonino farà da consulente per i rapporti internazionali.

Su Sala grava comunque l'ombra di Renzi, che non a caso sta svolgendo un ruolo più defilato in questa fine di campagna elettorale. Da quando ha vinto le primarie, Sala è sempre stato accusato di far parte del "Partito della Nazione," e non ha mai negato la sua stima nei confronti del Presidente del consiglio.

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I PROGRAMMI

Questo è il Centrosinistra — Beppe Sala (@NoiMilano2016)31 maggio 2016

Per quanto riguarda i programmi di Sala e Parisi, entrambi presentano molti punti in comune, come anche le loro priorità: periferie, sicurezza, ambiente, trasporto pubblico, rilancio degli scali ferroviari. Ma se Sala insiste maggiormente sul voler rendere Milano la capitale europea del welfare, Parisi punta sulla riduzione della pressione fiscale. Le principali differenze tra i due risiedono nel modo in cui realizzerebbero i principali punti del loro programma e sulla loro visione della città.

In tema di sicurezza, ad esempio, Sala reputa Milano una città sicura e parla di 300 agenti in più, mentre Parisi crede che ci sia ancora molto lavoro da fare e propone di ripristinare i vigili di quartiere e puntare sulla tecnologia. Inoltre hanno posizioni opposte sulla riapertura dei Navigli, a cui il candidato di centrodestra si è detto sfavorevole, mentre Sala ha rimandato la decisione a un referendum. È però sui temi dell'immigrazione, delle unioni civili e della famiglia che la distanza aumenta.

Parisi: onda migratoria non aspettata, penso che molto importante il rispetto della legalità, imparare italiano e educazione civica — Ballarò (@RaiBallaro)14 giugno 2016

Quando ai due candidati sindaco durante il confronto Sky è stata fatta vedere una foto di Stazione Centrale in piena emergenza profughi ed è stato chiesto loro se una situazione del genere si sarebbe mai ripetuta sotto la loro amministrazione, Parisi ha risposto con un secco "no," Sala con un "al massimo per qualche ora." Con la situazione dei centri accoglienza a Milano e i flussi migratori che si profilano, entrambe le risposte risultano poco credibili; la differenza sta però nel modo in cui i due candidati sindaco gestirebbero l'emergenza, e soprattutto nel cosa farebbero per prevenirla.

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Su questo punto, il candidato del centro destra segue una linea più dura rispetto a Sala. Parisi parla di uno stato di emergenza che non permette a Milano di accogliere altri migranti, insiste sull'importanza della regole e critica la gestione della giunta Pisapia. Dall'altra parte, Sala ha elogiato più volte ciò che è stato fatto negli ultimi anni in materia di accoglienza, parlando di "una situazione al limite" ma assicurando che Milano continuerà a ricevere migranti. Sul campo di Expo adibito a centro di accoglienza provvisorio, invece, il candidato di centro sinistra si è detto favorevole, mentre Parisi contrario.

Celebrerò le unioni civili. Perché il sindaco deve rispettare la legge, qualunque sia — Beppe Sala (@NoiMilano2016)8 giugno 2016

Per quanto riguarda le unioni civili, sia Parisi che Sala hanno assicurato che le celebrerebbero, rispettando la legge. Parisi, che aveva fatto discutere mesi fa quando aveva annunciato la revoca del registro delle unioni civili, ha chiarito con decisione che non avrebbe obbedito alla richiesta di Salvini affinché i sindaci di centrodestra si rifiutassero di celebrarle. Per quanto riguarda l'utero in affitto, Parisi si è dichiarato contrario mentre Sala si è limitato a dire che agirebbe secondo legge.

L'ultima polemica di questa campagna elettorale riguarda il tema della famiglia e risale a pochi giorni fa. In un'intervista, Parisi ha tentato di conquistare l'elettorato di destra dichiarando che la famiglia "negli ultimi cinque anni è stata discriminata, in favore di tutto quello che è diverso," e che, "su questo Pisapia e Majorino hanno dato messaggi gravi che danneggiano la nostra cultura." Ha poi proseguito citando la famigerata "teoria del gender," che sarebbe al centro di tutti "gli unici libri nuovi presi nelle biblioteche negli ultimi anni."

Con questa dichiarazione, infine, Parisi si è garantito l'appoggio di Massimo Gandolfini, il promotore del Family Day. Per quanto un candidato come Sala possa risultare lontano da un certo elettorato di sinistra, e con un'eredità come Expo sulle spalle—che se per ora rappresenta un traino, più avanti potrebbe diventare un macigno—l'idea di sentire ancora la parola gender, o di tornare a vedere in carne e ossa i protagonisti di quella foto è tutt'altro che augurabile.

E ancora meno augurabile, come ha notato un'analisi pubblicata sul sito di Radio Popolare, è la prospettiva di una Milano "in ostaggio due volte": da un lato della "fase crepuscolare di Silvio Berlusconi," e dall'altro della "voglia di egemonia politica e culturale" della Lega Nord.

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