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L'unica 'coincidenza demoniaca' è quella delle idiozie italiane sul Bataclan

Se già non bastavano le bufale e le storpiature sul nome degli Eagles of Death Metal, la stampa italiana ha raggiunto un nuovo punto di non ritorno: quello di Ferrara e Giovanardi sul Bataclan.

L'esterno del teatro Bataclan, il giorno dopo gli attacchi del 13 novembre 2015. Foto di Etienne Rouillon/VICE News

Già dopo la strage al Charlie Hebdo dello scorso gennaio, la "solidarietà" giunta dall'Italia era diventata molto simile a una farsa, tra censori che improvvisamente si erano riscoperti amanti della satira, complottismo spinto e Bruno Vespa che imbracciava in diretta la replica di un kalashnikov.

Se possibile, con gli attentati di Parigi si è passato ulteriormente il segno—e questa volta proprio nessuno ha perso l'occasione di tacere su fatti enormemente complessi. A parte le analisi geopolitiche e la "riscoperta" delle frasi dell'ultima Oriana Fallaci—opportunamente declinate in meme—in sottofondo fin dalle prime ore c'è chi ha tentato di tracciare parallelismi tra il massacro al Bataclan e il satanismo, nell'incomprensibile tentativo di creare una sgangherata "narrativa" sulla simbologia oscura del rock.

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I risultati sono sotto gli occhi di tutti: da giorni, non solo in Italia, i giornali sono pieni di deliri sui nomi della band—gli Eagles of Death Metal, il cui nome non c'entra nulla con il metal—e di descrizioni del concerto di venerdì sera come se si fosse trattato di una specie di raduno di Bambini di Satana metallari.

Come ha notato Andrea Coccia su Linkiesta, ad esempio, alcuni editorialisti italiani hanno arbitrariamente deciso che la traduzione esatta di "Eagles of Death Metal" è LE AQUILE DEL METALLO MORTALE ("nome mai apparso tanto cretino come l'altra sera," scrive Giorgio Dell'Arti sulla Gazzetta dello Sport ) o AQUILA DELLA MORTE ("band americana dal nome inquietante," annota costernato Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ).

I grandi editoriali della Gazzetta — Jai Fournier (@JaiFournier)November 16, 2015

Ma queste definizioni sono niente in confronto a quello che è apparso su Il Foglio . Il 16 novembre Giuliano Ferrara—dopo aver bevuto "litri di caffè," lo scrive lui stesso—afferma che il concerto era "uno spettacolo heavy metal" che "sostituisce le antiche chinoiseries dell'orientalismo musicale."

È chiaro a chiunque che si tratti di una frase completamente priva di senso, ma il giorno dopo Ferrara—in un articolo intitolato " Cosa vuol dire uccidere in nome di dio"—è tornato sul Bataclan, ritraendolo come un'"allegra perversa sadiana movida dove si canta 'Kiss the devil', bacialo nella bocca, mentre cominciano a crepitare i kalash," concludendo diverse righe dopo che il compito dell'Occidente è quello di "rinunciare al Bataclan, e intimidire, conquistare la mappa geopolitica del terrore a sfondo religioso, inondarli di democrazia armata e capitalismo."

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Il giornalista è poi ritornato sulla "sadiana movida" in un altro articolo, precisando che "Non avevo stabilito dei nessi intrinseci e diretti, non ho alcunché da dire contro il rock duro, salvo gusti musicali diversi".

E probabilmente la faccenda stampa italiana/Bataclan/Eagles of Death Metal si sarebbe conclusa qui, liquidata come "persone che si esprimono su fatti di cui non sanno a sufficienza," se non fosse arrivata la lettera di un lettore del Foglio.

Quel lettore è il senatore Carlo Giovanardi. Che scrive:

Con un brivido nella schiena ho letto quanto Giuliano Ferrara ha documentato sul Foglio e di cui non ho trovato traccia su nessun altro giornale: mentre il male si materializzava al Bataclan con un feroce massacro di vittime innocenti gli Eagles of Death Metals sul palco cantavano il loro amore per il Demonio e il desiderio di baciarlo in bocca. Una terribile coincidenza ma davvero una coincidenza demoniaca per chi crede nell'esistenza delle forze del bene e del male.

Ecco: da più parti in queste ore si è invocato il silenzio, o quantomeno la riflessione ponderata in contrasto con le opinioni prive di fondamento.

Purtroppo però stare zitti è un'attività molto difficile, soprattutto quando parlando ne puoi approfittare per fare una terribile figura di merda.