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Il vero Miracolo italiano

Abbiamo intervistato il direttore di Miracoli, la rivista che ogni settimana ospita sulle sue pagine racconti di miracoli, santi e VIP che si sono affidati a entrambi per sconfiggere il demonio.

C’è sempre qualcuno che si lamenta del fatto che i giovani d’oggi non abbiano voglia di fare la rivoluzione nonostante vivano una situazione pessima tra disoccupazione e scarse prospettive per il futuro—“qualcuno” che in ogni caso non ha intenzione di alzare il culo dalla sedia. Intanto per molte persone adulte, o più che adulte, la crisi economica è stata una buona scusa per rinvigorire il proprio spirito devoto verso santi e Madonne sparse per il mondo (Lourdes, Medjugorie, Cestocova e chi più ne ha più ne metta). Lo si capisce dalle lettere che ogni settimana pubblica Miracoli nelle prime pagine del numero: oltre alle classiche preghiere per le malattie, c’è chi prega Padre Pio perché la figlia/il nipote/il genero trovi lavoro, e chi prega ogni santo per sperare che il ricorso a Equitalia vada a buon fine.

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Miracoli è una rivista del genere chiamato “Famigliari” edita da Guido Veneziani Editore, da luglio 2013 esce ogni settimana in edicola con una tiratura di circa 60.000 copie. In ogni numero, uno o più VIP italiani raccontano la storia di quella volta che un Santo gli ha evitato di fare cazzate, o di quella volta che hanno sconfitto il demonio (Al Bano l’ha fatto tre volte), e nelle restanti 40 pagine si possono trovare altri generici miracoli, dalla suora giapponese che trasforma le ostie in carne a quella volta che Ratzinger ha curato il tumore a un devoto. Poi ci sono le rubriche di viaggi, in alcuni numeri quelle di cucina, il paginone centrale con poster dedicato a un santo e alla sua storia, e la lista dei santi della settimana a chiudere il numero.

Abbiamo chiesto al direttore di Miracoli, Daniele Urso, di spiegarci qualcosa di questa rivista e perché era arrivato il momento di pubblicarla.

VICE: Quando è stato deciso di fare questa rivista e per quale ragione?
Daniele Urso: L’idea è nata intorno a fine giugno, volevamo portare in edicola un nuovo giornale nel periodo dell’estate per fare qualcosa di diverso nel panorama editoriale. Ci è venuto in mente che tra le tante riviste che ci sono in edicola mancava una rivista di speranza. Come giornalista so bene che le cattive notizie sono più semplici da portare su un giornale, per questo un giornale che potesse parlare di miracoli, di eventi meravigliosi che potessero stupire positivamente la gente, ci sembrava un buon modo per unire un progetto editoriale a quello che è un bisogno delle gente. In questo ci aiutano diversi elementi come la crisi del Paese, che contribuisce a risvegliare la devozione.

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Qual è stata la reazione del pubblico?
Siamo rimasti scioccati. Sembra che quasi tutti nella loro vita abbiano incontrato sul loro cammino un avvenimento prodigioso e sentono che finalmente c’è una rivista disposta ad ascoltare la loro storia, che spesso parte da un avvenimento drammatico e poi ha un lieto fine, il contrario di quello che avviene solitamente nei quotidiani. Le lettere che arrivano a questo settimanale superano le lettere complessive che arrivano a tutti gli altri periodici che pubblichiamo.

Il vostro scopo è parlare di storie positive, ma mi sembra che l’elemento religioso sia quello che prevale.
Ni. Diciamo che, calibrando il giornale sui lettori, tante delle storie provengono da segnalazioni che spesso arrivano dai lettori stessi e che poi la nostra redazione va a verificare. Ci siamo resi conto che l’ambito religioso è quello più forte. Cioè è quello dove si riconosce maggiormente il lettore. Abbiamo anche provato a inserire quelli che sono miracoli legati a tutt’altre confessioni come il buddismo, abbiamo analizzato la figura di Sai Baba.

A proposito di Sai Baba, ho visto gli articoli che avete pubblicato su di lui e mi hanno fatto un certo effetto. Vedere trattati con fiducia i miracoli dei santi e con scetticismo quello che ha fatto Sai Baba mi sembra un controsenso.
In realtà abbiamo affrontato la figura di Sai Baba dal punto di vista di un fenomeno di devozione che è di lungo corso; da un punto di vista giornalistico è però necessario riportare i fatti di cronaca: è stato anche un fenomeno molto controverso, ci sono testimonianze che parlano di problemi legati alla Setta che vanno dalla soggezione a problemi amministrativi-finanziari legati alla non limpidissima gestione dell’immenso patrimonio costruito dalla fondazione. Sulla figura di Sai Baba è nata una discussione e abbiamo deciso di portarla sul giornale. Questo non vuole assolutamente essere un giornale confessionale e cattolico. Siamo un giornale italiano, quindi è molto più semplice per noi rivolgerci a quello che è il mondo del miracoloso italiano, [ma] in realtà noi non siamo legati in alcun modo al mondo cattolico della curia.

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Ci sono state delle reazioni dirette da parte della curia che in qualche modo hanno condannato la vostra rivista?
La curia ci ignora. Abbiamo ottimi riscontri da quelli che posso definire “preti da strada”, cioè quelli che sono lontani dalle alte sfere del mondo cattolico. Forse siamo troppo pop per loro.

Leggevo la lettera di una vostra lettrice che si stupiva del fatto di non trovare la vostra rivista in chiesa.
Non ha gran senso portare un giornale come Miracoli nel sagrato di una chiesa, lì ci sono già altre riviste. Quello che mi interessa è stupire chi magari va in edicola a prendere un altro giornale e si lascia affascinare dalla rivista e ci trova dentro qualcosa che magari fa scattare una scintilla di curiosità.

Ho visto che avete parlato anche di alieni, di paranormale…
Anche del demonio.

Però il demonio in un qualche modo fa parte della religione… gli alieni non sono fuori tema?
Ne abbiamo pubblicato solo uno di articolo sugli alieni, e non credo che replicheremo l’esperienza, più che altro perché non ce n’è bisogno viste tutte le storie straordinarie che ci forniscono i lettori. In quel caso però ci siamo accorti che nell’immaginario di chi ci legge, religione e paranormale sono strettamente legati. Noi descriviamo un mondo che esiste e mettiamo in mano al lettore quello che è uno strumento per capirlo un po’ di più. Nella fattispecie si trattava della risposta del giornale a diverse richieste dei lettori riguardo l’argomento.

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Invece com’è il vostro rapporto con i VIP, visto che in ogni numero ce n’è in copertina almeno uno? Ho qui davanti la copertina di un numero in cui ce ne sono sette.
La nostra rivista è costruita sulle lettere dei lettori, e per far superare il blocco di dover mandare una storia personale abbiamo deciso di pubblicare queste storie vip, così da creare empatia con il lettore. Se l’Al Bano di turno racconta una storia che può sembrare ai limiti del paradosso, e non ha paura di farlo, allora anche una persona con una vita normale si sente invogliata a farlo. Non so dirti in senso assoluto se sia stata una trovata geniale, o se probabilmente il lettore poteva scrivere anche senza il personaggio vip. Visto che fino ad ora ha funzionato, abbiamo deciso di portarla avanti. In realtà l’aspetto dei vip è trattato poco.

Sembra che il vero vip sia Papa Francesco [qui in un poster inserito nella rivista, per chi volesse scaricarlo].
Lui è un supervip, è incredibile. Ogni giorno riesce a tirare fuori qualcosa che giornalisticamente parlando non si può ignorare. Non hai idea di quante lettere ci arrivano con l’obiettivo che vengano girate a Papa Francesco, come avessimo un filo diretto con lui. Io ho la sensazione che stia facendo del bene, e che sarà un grande papa: sembra che abbia cancellato quelli che nell’immaginario della gente sono stati “anni bui”.

Ma non temi che i vip usino in modo strumentale Miracoli, per mostrarsi devoti agli occhi di un pubblico di credenti?
La maggior parte di loro li conosciamo, e conosciamo il loro rapporto con la religione, a parte forse un caso che ci ha po’ preso in giro su alcuni aspetti della sua storia. In generale, quelli che ho conosciuto direttamente hanno una profonda fede. Noi abbiamo un vantaggio: i vip sanno che con noi parleranno di cose personali senza aver paura del titolo sensazionalistico che tira fuori il divorzio, il bambino appena nato, e così via. Ma si capisce subito chi ci crede veramente e chi no. Al Bano, Pippo Baudo, o Giletti sono persone che sono arrivate alla fede per gradi, con uno scetticismo iniziale e che poco a poco grazie a studi e viaggi sono diventati devoti convinti.

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Volevo chiederti qualcosa della struttura della rivista. Non è diversa dalle altre riviste familiari, ha le rubriche fisse di posta, di ricette, di viaggi. Mi piace pensare che la pagina finale con i santi sia la versione di Miracoli dell’oroscopo.
Molte persone usano fare gli auguri per l’onomastico, quindi avere la lista dei santi della settimana è un servizio che po’ tornare utile al lettore. C’è anche il vantaggio che lì puoi leggere qualche riga di vita del santo, una vita fatta di esempi positivi. Noi per scelta precisa abbiamo lasciato fuori le rubriche fisse come il lotto, o l’oroscopo, o le pubblicità delle cartomanti e veggenti che possono anche delle buone entrate per una rivista. I santi sono una scelta anche un po’ ruffiana, perché facendo gli auguri qualcuno può chiedere “Come l’hai saputo?” e l’altro risponde “L’ho letto su Miracoli," è un buon passaparola. Ci è sembrato il modo più carino per chiudere la rivista.

E per quel che riguarda le ricette?
Quella è una rubrica discussa: alcuni sono entusiasti, altri vorrebbero una pagina in più di racconti. Noi l’avevamo pensato come completezza di informazione legata alle pagine dei viaggi della fede—la nostra rubrica di turismo. Noi ci aspettavamo che arrivassero delle ricette, invece ancora nulla, quindi ora stiamo provando ad alternare le ricette alle informazioni per i ritiri spirituali, e vediamo che questa funziona di più.

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In ogni numero trattate la storia di un santo, con il poster nel paginone centrale. Mi sembra di capire che Padre Pio sia il santo preferito dei lettori; c’è qualcuno che piace altrettanto?
C’è una grandissima devozione mariana, la figura della Madonna è quasi sempre la prima a cui ci si rivolge. Allo stesso livello c’è Padre Pio, che ha raggiunto San Francesco a livello di popolarità, ed è un santo molto moderno con cui è più facile empatizzare. Credo che la fede nei confronti di San Francesco aumenterà visto che è stato scelto dal Papa per il suo nome. Però Padre Pio è moderno, è controverso, quindi è sicuramente la figura religiosa di riferimento in questo momento. Non dimentichiamo anche Sant’Antonio da Padova, che ha una devozione incredibile. Molti hanno una devozione “locale”, come San Gennaro che è un santo amato nel napoletano, ma non è scontato che sia amato anche nel salernitano.

Gesù e Dio non interessano più?
La Madonna è una mamma, quindi una figura di pietà a cui è più facile rivolgersi—tante lettrici sono donne, mogli e madri, che si immedesimano in lei. I Santi sono uomini come noi, e anche qui è facile immedesimarsi. Gesù e Dio sono visti come lontani, e per certi versi Dio può intimorire. Noi non vogliamo essere una rivista confessionale che si occupa dei pensieri dei padri fondatori della chiesa, la vera natura di Dio, argomenti alti strettamente teologici. Noi vogliamo raccontare storie di uomini. Poi la maggior parte delle nostre storie arrivano dai luoghi delle apparizioni mariane e dei santi, quindi ovviamente parliamo più di loro.

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Le lettere dei vostri lettori raccontano di situazioni difficilissime, di malattie e gente senza lavoro, dicendo che si affidano alle preghiere ai santi o alla Madonna. Come dicevi, è normale che in periodi di crisi le persone di affidino di più alla religione, ma promuovere i miracoli potrebbe portare questa gente a illudersi.
Non credo. Sarei d’accordo se noi parlassimo di un’ondata di fenomeni tipo il santone filippino che ti toglie i tumori a mani nude. Il rivolgersi a un santo è tradizione antichissima nel nostro paese, e se ci fai caso i nostri lettori comunque dicono “Sono stato dal dottore, ho fatto il possibile,” non sostituiscono una visita a San Giovanni Rotondo con una visita in ospedale, si affidano ai santi in estrema ratio. Non era giusto per noi censurare le grida d’aiuto del lettore. Il nostro lettore è un devoto, ma anche un pragmatico. Il problema per noi è che dopo essere andati all’ospedale e a pregare il santo, potrebbero andare dal santone a comprare l’amuleto sperando che gli faccia passare il malocchio. Per questo per noi è fondamentale non mischiarci con questo mondo.

Secondo te questo modello di rivista è esportabile?
Sono convinto di sì. In paesi legati al protestantesimo forse no, mancherebbe la base dogmatica, ma in America Latina ci sono molti potenziali lettori, c’è anche una cultura sincretica che è estremamente interessante. Noi saremmo felici, nel momento in cui la rivista italiana sarà ben avviata, di portare questo modello all’estero.

Segui Chiara su Twitter: @chialerazzi

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