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Perché è necessaria una class action contro WhatsApp

Alla fine di agosto il servizio di messaggistica WhatsApp si era attirato delle critiche a causa della sua ridefinizione dei termini d’utilizzo: l’azienda aveva annunciato, infatti, che avrebbe comunicato a Facebook il numero di telefono dei suoi utenti “per incrementare gli annunci pubbliciati sul social e migliorare l’esperienza di prodotto”.

L’annuncio, che per alcuni utenti non ha sollevato alcuna questione ed è stata inserita tra le “migliorie” al servizio, è stato duramente criticato da altri. L’update, comunque, è soltanto la punta dell’iceberg per quanto riguarda le nuove norme sull’uso dei dati da parte di WhatsApp. Alcune associazioni dei consumatori sono arrivate pertanto a un ultimatum: se l’azienda non dovesse fare dei passi indietro a breve, gli esperti del progetto “Martkwächter Digitale Welt” andanno per vie legali.

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Questi esperti criticano dieci nuove norme sull’utilizzo dei dati da parte di WhatsApp, che considerano inammissibili. In particolare, trovano inaccettabile il fatto che “anche i numeri salvati nelle rubriche dei clienti di Whatsapp andranno all’intero gruppo Facebook” scrivono nel comunicato stampa. Anche la sopracitata dichiarazione di consenso sulla cessione di dati a Facebook che gli utenti hanno ricevuto alla fine di agosto, sarebbe illecita: “ai pop-up di quel tipo spesso si acconsente in maniera inconscia. Ma è necessario che gli utenti diano il loro consenso in maniera consapevole sull’uso dei propri dati,” continua il portavoce dell’associazione.

Nell’aprile di quest’anno, WhatsApp aveva aperto la strada alla crittografia end-to-end. Mentre questa modalità di crittazione assicura che il contenuto delle chat non possa essere letto nè dalle autorità nè da WhatsApp stesso, le nuove condizioni di utilizzo dimostrano chiaramente che la tutela della sfera privata non ha soltanto a che fare con quanto viene inviato.

In realtà la trasmissione dei dati viola lo stesso intento di WhatsApp (il rispetto della tua sfera privata è programmato nei nostri geni”) come sostiene anche Christopher Kunke, giurista affiliato a team di Marktwächter: “WhatsApp ci tiene a mostrare che i suoi termini e condizioni hanno l’obiettivo di proteggere gli utenti. Ma a nostro avviso, almeno dopo gli ultimi cambiamenti, questo intento è fuori discussione.”

Per l’eventuale denuncia l’associazione ha intenzione di sfoderare la cosiddetta “class action avanzata”, resa possibile dalla legislazione tedesca all’inizio dell’anno scorso: dal 24 febbraio è possibile querelare delle aziende se in ballo c’è la tutela dei dati.

In passato, l’associazione dei consumatori aveva intentato con successso una causa contro la prassi adottata da WhatsApp di mettere a disposizione i termini d’utilizzo esclusivamente in lingua inglese. La questione, però, è durata quasi due anni. Anche in caso di una class action contro la cessione di dati a Facebook non si prevedono tempi più brevi, per ora.