FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Un giorno alla prima clinica di disintossicazione da videogame

La dipendenza dai videogame è strettamente imparentata con la dipendenza dal porno online, e a reSTART lo sanno bene.
Immagine: Jagger Gravning

Mi trovo da qualche parte nel taciturno hinterland tra Bellevue e Redmond (Washington), la patria di Nintendo of America, Microsoft Game Studios, Valve, Sony Online Entertainment (il reparto di Sony che si occupa di piattaforme multiplayer online di massa, le MMORPG), Bungie, Sucker Punch, e probabilmente decine di altri sviluppatori dei migliori videogiochi di sempre.

Quest’area di Fall City è così rurale che non ci sono nemmeno case a contornare i viali: solo un groviglio di sempreverdi che rivela di tanto in tanto strade sterrate con segnali di strada chiusa davanti all’ingresso. Così appare la strada che porta a Heavensfield, la tenuta di cinque acri simile a un ranch che ospita reSTART, la prima struttura di trattamento per pazienti dipendenti da internet e videogiochi.

Pubblicità

Non ho una macchina, così il mio amico Corey, con il figlio di due anni allacciato al sedile posteriore, mi accompagna per 30 miglia, da Seattle al centro reSTART. Una volta lì veniamo accolti dalla dottoressa Hilarie Cash, co-fondatrice e direttrice esecutiva, che ci racconta le storie dei suoi pazienti.

“Sono ragazzi” spiega la dottoressa Cash, mentre ci mostra un garage convertito in palestra usato per gli esercizi terapeutici. “Devono usare il testosterone per qualcosa di utile!”

Stranamente, qui ci sono solo uomini. Recentemente reSTART ha deciso di non accettare più donne tra i pazienti.

“Abbiamo incontrato una famiglia: il padre voleva mandarci la figlia” racconta Cash. “Questo prima che decidessimo la linea da adottare [solo uomini]. Uno dei ragazzi le ha fatto fare un giro qui. Lei ha immediatamente iniziato a provarci con lui. Così abbiamo deciso che non l’avremmo presa, era chiaro che ci avrebbe dato problemi.”

“Se e quando ci espanderemo, potremo creare una struttura per sole donne,” prosegue. Ma con solo tre camere e fino a sei pazienti alla volta—considerato che a reSTART l’alloggio deve essere spesso isolato - sarebbe problematico. E in ogni caso la maggioranza dei potenziali pazienti sono maschi.

Cash non usa giri di parole: questi ragazzi sono “socialmente impegnati online, ma completamente isolati di fronte ai loro schermi.”

La dottoressa Cash ha utilizzato il termine “disturbo intimo”, originariamente coniato per la dipendenza da sesso, e lo ha applicato alla dipendenza dai media digitali.

Pubblicità

Non si tratta però solo di videogiochi. I ragazzi che vengono qui, spinti dalle famiglie soprattutto a causa della dipendenza da videogiochi, spesso hanno bisogno di un trattamento anche per la dipendenza dal porno online. I pazienti che arrivano a reSTART sono prima sottoposti a un’analisi per determinare se il loro problema primario non sia la dipendenza dalla pornografia. I due disagi sono collegati, non solo perché videogiochi e donne nude sono accessibili entrambi dal proprio computer portatile, ma anche perché stimolano e irretiscono la mente nello stesso modo.

Cash, che è psicologa e co-autrice di "Video Games & Your Kids: How Parents Stay in Control", ha utilizzato il termine “disturbo intimo”, originariamente coniato per la dipendenza dal sesso, e lo ha applicato alla dipendenza dai media digitali. Sostiene che chi presenta un “disturbo intimo” nell’ambito dei media digitali non ha mai sviluppato, o ha perso, le competenze relazionali necessarie per una soddisfacente interazione sociale nella vita reale.

Entrando nello spazioso cortile della clinica, dopo essere passati accanto a una gigantesca scacchiera di pietra, camminiamo su un piccolo sentiero erboso. Superiamo un’amaca, un’area di giardinaggio, rifugi per colombi e galline e una piccola cabina dedicata allo studio o alla terapia privata

Immagine: Jagger Gravning

Infine entriamo in un’altra piccola cabina, al limitare della proprietà. Dentro ci sono divani, sedie e animali impagliati. L’aspetto consueto dell’ufficio di un terapista. Le grandi finestre danno sulla foresta.

È qui che Cash mi parla della “risonanza limbica” e di come si collega agli aspetti più dannosi della dipendenza da videogame e da pornografia.

Pubblicità

“Voi due mi sembrate buoni amici” dice Cash, riferendosi a Corey e me.

“Certo” le rispondo.

“Quando voi due uscite insieme, c’è un rilascio neurochimico nell’area limbica del vostro cervello, che regola la vostra sfera emozionale e fisiologica. E a un bambino,” continua, accennando a Ethan, il figlio di Corey, che si regge al ginocchio del padre curiosando in giro per la stanza, "la risonanza limbica, la sensazione di affetto e attaccamento, permette di crescere sano. Il rilascio neurochimico mantiene questo bambino equilibrato sotto l’aspetto emozionale e fisiologico.”

Ethan inizia a muovere alcuni passi per esplorare la stanza.

Stando a quello che ci riporta la dottoressa Cash, numerose ricerche hanno mostrato che più tempo le persone trascorrono online, più sono depresse. “La mia teoria è che la risonanza limbica non avviene se non sei faccia a faccia con qualcuno. Probabilmente richiede la stimolazione dei sensi,” spiega. “Dobbiamo poterci guardare, ascoltare, toccare, sentire e annusare a vicenda perché avvenga questo rilascio. Ma le persone continuano a cercare di soddisfare i propri bisogni sociali online.”

“Sembra che interagire su Facebook” le dico, “sia come mangiare junk food. Non assumi vere sostanze nutritive.”

“Esatto.”

Improvvisamente, dei suoni e dei ronzii interrompono la nostra conversazione. Ethan ha trovato un aspirapolvere e lo ha acceso. La macchina sta attraversando la stanza e viene verso di noi. Ethan lo osserva con attenzione. Cash scoppia a ridere. “Benvenuto nel mondo digitale!”

Pubblicità

Hilarie Cash, cofondatrice e direttrice di reSTART, in un momento di abbraccio limbico con Ethan.

Cash mi consiglia un libro chiamato "A general Theory of Love", dove ho trovato qualcosa in più sui concetti che mi ha illustrato.

Il libro parla della teoria del cervello trino, un semplice ma controverso modo di concepire il cervello. Essenzialmente, secondo questa teoria abbiamo un cervello rettiliano—i gangli basali, sede degli istinti innati che generano riflessi automatici. Poi, più esterno, c'è il cervello neo-mammaliano, comunemente conosciuto come neocorteccia, che gestisce l’analisi di stimoli complessi e negli umani controlla il pensiero astratto e il linguaggio.

Tra questi due c’è il cervello paleo-mammaliano, ovvero il sistema limbico, e le sue strutture di connessione al tronco cerebrale. Il sistema limbico sembra essere il principale responsabile della nostra vita emotiva. È anche la sede del sistema di ricompensa del cervello, anch’esso coinvolto nello sviluppo delle dipendenze.

Interagendo con le persone online, attraverso videogiochi o commenti su internet, non possiamo leggere il linguaggio del corpo o altri tipi di emozioni non espresse verbalmente: ciò non permette lo sviluppo di un’empatia vera e propria. Ci rende in parte privi di intelligenza emotiva.

Questo sembra spiegare perché i commenti online degenerano quasi subito in insulti e offese, cosa che raramente succede quando si interagisce di persona. La risonanza limbica non riesce ad attivarsi.

Pubblicità
Un paziente di reSTART lavora a Heavensfield. Immagine: reSTART

Mentre scrivo questo articolo, a reSTART sono ricoverati cinque pazienti. Due si sono rifiutati di parlare. Ma gli altri tre hanno raccontato storie molto simili tra loro. Tutti hanno vissuto un cambiamento significativo nella propria vita sociale prima del periodo di dipendenza.

C’è Cole: un suo amico si è suicidato a seguito di un episodio di cyber-bullismo.

C’è Andrew, che è  stato capitano della squadra di football “mai senza una ragazza” per tutte le scuole superiori, ma al college si è ritrovato così solo che ha cominciato con i videogiochi, e in questa attività ha riversato tutte le sue energie, "fino a rinunciare anche all’igiene personale.” Presto ha “smesso di provare interesse per qualsiasi cosa che non portasse gratificazione immediata.”

E infine c’è Taylor, che ha subito una violenza sessuale dopo essere stato drogato, nonché la perdita di suo nonno, sua guida spirituale. Ha iniziato con i videogiochi al secondo anno di college e si è immerso nell’universo digitale. Da “200 libbre di muscoli con numerose corteggiatrici” è diventato il fantasma di se stesso.

I ragazzi hanno parlato tutti del tentativo relativamente riuscito di farsi amici online, mentre avevano molte difficoltà nella vita reale. Cole ha anche studiato francese per comunicare meglio con alcune persone con cui giocava. Per Taylor, invece, era tutta questione di diventare una figura alfa all’interno del mondo dei videogiochi.

Pubblicità

“Non parlando con le persone dal vivo, nessuno mi avrebbe fatto del male” mi dice. “Tutto il mio mondo sociale era nei videogiochi. Lì ero il capo. Nella vita reale raccontavo bugie e manipolavo i miei genitori per tenerli lontani. La mia vita ha perso ogni struttura. Tutto ruotava intorno ai videogiochi.”

Gli studi hanno mostrato che, almeno negli uomini, i videogiochi raddoppiano il livello di dopamina nel sistema di ricompensa—la stessa cosa, tra l’altro, avviene nel sesso. Perché gli uomini siano più soggetti ai videogiochi è un tema molto discusso. Il professor Allan Reiss, che ha condotto una ricerca a Stanford, investigando le differenze di genere nell’effetto dei videogiochi sul sistema di ricompensa (o sistema mesocorticolimbico), ha ipotizzato che i maschi tendano a essere più intrinsecamente territoriali.

“Non parlando con le persone dal vivo, nessuno mi avrebbe fatto del male. Tutto il mio mondo sociale era nei videogiochi. Lì ero il capo."

“Non ci vuole un genio per rendersi conto che storicamente i conquistatori e i tiranni della nostra specie sono maschi” scrive Reiss. “I videogiochi più popolari sono proprio quelli che si basano su territorio e aggressione.”

In qualità di “cugino” più attraente della dipendenza da videogiochi, il consumo compulsivo di porno online influenza alcuni processi istintivi nei giovani, intrappolandoli in una specie di condizionamento operante.

Pubblicità

Non è il porno in sé che ipnotizza gli uomini. Una copia di Playboy non lo fa. È la disponibilità illimitata di internet ad avere questo effetto. L’infinita novità dei videogiochi e dei porno online tiene alto il livello di dopamina. Stiamo parlando di quello che lo psicologo Philip Zimbardo chiama dipendenze da eccitazione.

“In una dipendenza da droghe, vuoi sempre di più” dice Zimbardo “Nelle dipendenze da eccitazione, vuoi sempre qualcosa di diverso.”

Le dipendenze da eccitazione scaturiscono dall’effetto Coolidge—il nome viene da uno scherzo che ha coinvolto il presidente Calvin Coolidge e la First Lady. L’effetto Coolidge si verifica quando un mammifero maschio, sessualmente non più attivo, vive un’ondata di rinnovata eccitazione grazie all’incontro con nuove femmine desiderose di accoppiarsi.

“Questo antico processo nei mammiferi, l’effetto Coolidge” spiega Gary Wilson in YourBrainOnPorn “fa percepire ogni nuova femmina sullo schermo come un’opportunità genetica. Nello sforzo di fecondare lo schermo, il cervello rilascia dopamina, segnale del "vai e prendila", ogni volta che vede l’immagine di una nuova potenziale compagna.

Wilson sostiene che i dipendenti da porno e videogiochi soffrono cambiamenti strutturali del cervello simili a quelli che si vedono in persone affette da altre dipendenze: provano reazioni di piacere intorpidito e sperimentano un’erosione della volontà.

Zimbardo ha scritto il libro "The Demise of Guys" sull’esperienza di finire nel tunnel dei videogiochi o del porno. “Questo nuovo tipo di dipendenze basate sull’eccitazione intrappolano gli utenti  in una zona temporale edonistica espansa” scrive, “il passato e il futuro sono distanti e remoti, il momento presente si allarga fino a dominare ogni cosa.”

Pubblicità

Il dottor Drew, celebre esperto in cura delle dipendenze, parlando ancora sia di pornografia che di videogiochi, chiama questa forma di fuga dalla realtà dissociazione. “Si disconnettono dalla realtà, il tempo passa e loro non se ne accorgono. È un modo di evitare le emozioni negative.”  Spiega Drew.

Ci si dissolve in questo stato di dissociazione, una liberazione totale dall’Io. È come la sensazione di pienezza mentale dello Zen, ma con connotazione terribilmente negativa. Non ti ritrovi all’inferno, ma in un limbo. E più ci sei dentro, meno te ne importa.

La compulsione da videogiochi non è ancora stata riconosciuta dal Manuale di Diagnostica e Statistica delle Malattie Mentali, quindi l’assicurazione non la copre. Per ora è qualcosa che solo i ricchi possono permettersi di curare.

Se penso alla mia vita, vedo diversi amici che soffrono dello stesso disturbo. Corey, quello che è venuto con me a reSTART, ha venduto sei volte la sua console a causa dell’impatto negativo che i giochi stavano avendo sul suo quotidiano, salvo poi ricomprarla ogni volta che usciva un nuovo gioco.

Un altro amico ha perso il lavoro ad Amazon perché, dopo un divorzio, aveva iniziato a giocare continuamente a World of Warcraft durante l’orario d’ufficio. La disoccupazione lo ha portato a una maggiore depressione, e a più ore di WoW con la sua compagnia online. Ultimamente sua nonna lo ha messo in contatto con gli Alcolisti Anonimi e con i Dodici Passi, per farlo guarire.

Pubblicità

Possiamo considerare, purtroppo, anche il caso di Elliot Rodger, che recentemente si è scatenato a Isla Vista (California), uccidendo sei persone prima di rivolgere la pistola contro se stesso. Rodger ha lasciato un resoconto molto dettagliato della sua quasi decennale dipendenza da World of Warcraft come rifugio dalle frustrazioni sessuali.

Rodger ha usato la parola “dipendenza” in "My Twisted World", il suo delirante manifesto. Ha abbandonato il gioco qualche mese prima della strage, perché non lo considerava più un luogo sicuro.

Sempre più persone “normali”, con una vita sociale attiva e soddisfacente, avevano iniziato a giocare. WoW non era più un santuario dove nascondermi dai demoni del mondo, perché i demoni del mondo erano arrivati anche lì. Ho visto persone vantarsi online delle loro esperienze sessuali con le ragazze. Usavano il termine “vergine” come un insulto per le persone che erano più coinvolte di loro nel gioco. L’insulto faceva male, perché era vero. Noi vergini tendiamo a immergerci di più in questo tipo di cose, perché ci manca qualcosa nella vita reale.

I giocatori prendono in giro chi dà la colpa delle stragi alla violenza nei giochi. In effetti l’argomentazione non è molto sofisticata: milioni di persone vedono gli stessi film horror, giocano agli stessi giochi di azione, ma solo una minuscola percentuale diventa violenta,e ancora meno sono quelli che si mettono a sparare.

Ma se si approfondisce il modo in cui i giochi vengono usati per alleviare le frustrazioni sociali e sessuali, e i cambiamenti che possono provocare nella struttura del cervello, ci accorgiamo che forse non è la violenza l’aspetto più preoccupante. Forse c’è qualcosa che spinge lontano dal sano contatto umano, dall’amore, dall’ambizione sociale.

“Ogni volta resto sorpresa da quanto sia complessa l’interazione sociale” mi racconta la dottoressa Cash. “Se hai successo nel costruire e mantenere una relazione, devi avere molte competenze. Ma se resti isolato rimani indietro, non acquisisci queste capacità. Non hai successo a livello sociale. Le persone non si rendono conto di quanto sia importante essere faccia a faccia per soddisfare i bisogni sociali.”

Mentre torniamo a Seattle, attraversiamo il fiume Snoqualmie. Corey ha un fornelletto da campeggio e vuole fare il caffè con l’acqua del fiume. L’unica cosa vicina è un solitario venditore di ciliegie sulla strada, così ne compro un po’ per un dollaro, mentre Corey filtra e bolle l’acqua. Io, lui e Ethan ci sediamo a bere il nostro caffè di fiume.

Ho parlato con delle persone, sia amici che estranei, che sono stati distrutti dalla depressione e dalla socio-fobia a causa della dipendenza dai media digitali. Ho visto l’alienazione attanagliarli così tanto da far perdere loro ogni contatto con le cose importanti—il lavoro, la scuola, la salute . La dipendenza li ha sospinti lontano dal contatto umano, dai legami sociali, dall’amore.

“Ho notato una differenza di personalità” dice Cash, a conclusione della nostra visita, “tra chi è dipendente dalle droghe o dall’alcool e i nostri ragazzi. I drogati e gli alcolisti sono piuttosto a loro agio nel mondo. Conoscono la vita di strada. Devono imparare a procurarsi la droga e lo fanno tramite l’interazione sociale. Sono sessualmente attivi. Questo dà loro una confidenza col mondo che manca completamente ai nostri ragazzi.”