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Tecnologia

Le orecchie aiutano a vedere

La corteccia visiva del cervello non processa solo immagini, ma anche suoni.

Il modo più semplice di pensare i vari organi di senso del corpo umano è quello di considerarli come strumenti più o meno separati. C'è un suono: abbiamo le orecchie per sentirlo e un'apposita zona del cervello specifica che processa l'informazione sonora. C'è un odore: abbiamo il naso per  rilevarlo e un'apposita zona del cervello che se ne occupa. E così via. Collegare tra loro le esperienze sensoriali—con l'eccezione, forse, di olfatto e gusto, riconosciuti dai più come fenomeni interconnessi tra loro—è molto difficile, malgrado la folla crescente di persone che si autoproclamano sinesteti.

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Ma non c'è niente di così facile quando si parla del cervello. Le complicazioni che riguardano il collegamento tra specifiche aree del cervello e determinati compiti sono ben note, per cui lo studio comparso sul numero di questa settimana di Current Biology, in cui si evidenza una connessione, mai osservata prima nell'uomo, tra la percezione sonora e quella visiva, non si può considerare propriamente una rivoluzione. Il proposito per il futuro è scoprire sempre più connessioni tra le diverse aree del cervello.

Ma c'è comunque da riflettere. Il suddetto studio, opera di un team di ricercatori dell'Università di Glasgow, ha considerato un campione di dieci persone (un campione piccolo, ricordiamocelo), che sono state sottoposte a una serie di cinque esperimenti. In un primo momento i soggetti venivano bendati e veniva chiesto loro di ascoltare tre suoni molto comuni in natura: il canto degli uccelli, il rumore del traffico e quello del brusio di una folla. Osservando soltanto le immagini delle cortecce visive dei soggetti, i ricercatori sono stati in grado di determinare (usando un algoritmo) quale dei tre suoni stessero ascoltando. Un secondo esperimento consisteva nell'osservazione della corteccia visiva mentre i soggetti si rappresentavano mentalmente delle immagini, in assenza di input visivi o uditivi: si è scoperto che la corteccia visiva del cervello viene stimolata anche da input di natura astratta (cioè senza la presenza di alcuna informazione sensibile).

Le osservazioni sono andate avanti mentre i ricercatori stimolavano l'attenzione dei soggetti, scoprendo che le aree attivate dall'immaginazione rimanevano attive anche nel caso di "leggere stimolazioni dell'attenzione e della memoria." Ma più tali stimolazioni si facevano intense, richiedendo sempre più concentrazione a livello cognitivo, più i sensi arretravano, tornando ad occupare le aree cerebrali che normalmente occupano. Questa capacità dei sensi di variare sede a seconda della concentrazione ha reso la scoperta molto più interessante, suggerendo che la percezione multisensoriale sia di un livello superiore rispetto al funzionamento normale della corteccia visiva.

"In futuro faremo degli esperimenti per capire in che modo l'informazione uditiva sostiene quella visiva; per ora la nostra tesi è che essa fornisca previsioni per aiutare il sistema visivo a focalizzare l'attenzione su eventuali avvenimenti improvvisi, cosa che costituirebbe un vantaggio per la sopravvivenza," ha dichiarato Lars Muckli, il principale autore dello studio. "Questo potrebbe anche aiutarci nello studio di patologie mentali come la schizofrenia o l'autismo, e potrebbe farci capire meglio in che modo le percezioni sensoriali di questi individui siano diverse da quelle normali."

La presenza di una funzionalità di livello superiore suggerita dallo studio è un'ipotesi più interessante di quanto poteva sembrare inizialmente. È possibile che ciò che noi vediamo non sia un semplice insieme di differenti informazioni sensibili processate da varie aree del cervello, ma piuttosto l'azione di una sorta di “senso oltre i sensi”, o di un senso che esiste prima dei sensi. Come dietro a una fotografia digitale ci sono dati grezzi—che non rappresentano un'ombra o un colore o un grado di intensità, ma la semplice misurazione di un voltaggio—potrebbero esserci anche dati sensibili in forma grezza codificati nei centri sensoriali del cervello.

Questi dati, inoltre, sono in grado di racchiudere le informazioni quantitative e qualitative su come dovrebbe essere l'immagine, anche in assenza di un'immagine vera e propria. "Ciò suggerisce che probabilmente il feedback informativo non è causato da una rappresentazione precisa ma contiene già in sé informazioni astratte e forse semantiche," scrivono gli autori. È un'idea abbastanza strana, e l'ipotesi è che si tratti un meccanismo di predizione. In sostanza il cervello "preparerebbe" i suoi centri di analisi delle informazioni con dati che suggeriscono possibili input sensoriali raccolti dai sensi e, forse, dalla memoria.