Salute

Ho perso gusto e olfatto, ma non posso sapere ancora se è coronavirus

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Ad oggi, ormai lo abbiamo imparato, i sintomi più comuni dell’infezione da coronavirus restano febbre, stanchezza e tosse secca. Alcune persone possono presentare indolenzimento, naso che cola o diarrea, altri sintomi ancora più lievi—eppure, nonostante in molti sottolineino la necessità di testare anche i casi sommersi, la realtà è che la quasi totalità dei tamponi viene fatta a plurisintomatici. Ai malati lievi o persone con febbre viene consigliato di stare in isolamento nella propria abitazione. E questo significa che molti non possono sapere se quello che hanno è effettivamente Covid-19.

Nell’ultimo periodo sono emersi anche casi di persone con perdita del gusto (ageusia) e dell’olfatto (anosmia), condizioni che alcuni studi hanno effettivamente accostato al coronavirus.

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Secondo uno studio dell’Università di Milano Statale, per esempio, questi disturbi—che sembrano usciti dritti da un film di John Carpenter—sarebbero piuttosto frequenti tra i pazienti di Covid-19, soprattutto tra le donne e gli uomini meno anziani. Se in un alcuni casi l’anosmia e l’ageusia si presenterebbero in fase di guarigione, in altri sarebbero stati tra le prime avvisaglie del virus in corpo. Un altro studio, stavolta del King’s College di Londra, sostiene che non ci siano tuttavia ancora prove sufficienti per poter inserire queste condizioni tra i sintomi, e che potrebbero essere piuttosto un ulteriore indicatore in presenza di altri sintomi ancora.

Ho avuto la febbre, il che è strano perché, in quanto persona sieropositiva, faccio il vaccino antinfluenzale ogni anno. Una volta finita, hanno cominciato a bruciarmi le vie respiratorie, tanto da dover respirare con la bocca per il fastidio.

Volendo capire più nel dettaglio cosa succede al corpo quando mancano olfatto e gusto durante la malattia, e come quasi possano collegarsi al coronavirus, ho sentito due ragazzi che hanno vissuto questa esperienza: Jonathan e Stefania. L’ho fatto con l’aiuto di una neuroscienziata specializzata nel senso dell’olfatto, Anna D’Errico, che attualmente fa ricerca all’università di Francoforte, e con il professor Roberto Cauda del Dipartimento di malattie infettivologiche dell’ospedale Gemelli a Roma.

Jonathan Bazzi ha 34 anni, scrive e convive con il suo ragazzo. “Cominciamo col dire che penso proprio di aver avuto questo coronavirus, anche se non ho la certezza [perché non sono stato sottoposto a test],” mi dice Jonathan al telefono. “Il mio ragazzo ha avuto cinque giorni di febbre che non passava nemmeno dopo la tachipirina e subito dopo è toccato a me. L’ho trovato strano perché, in quanto persona sieropositiva, faccio il vaccino antinfluenzale ogni anno. Una volta finita questa febbre hanno cominciato a bruciarmi le vie respiratorie, tanto da dover respirare con la bocca per il fastidio.”

“Io sono già stata anosmica in passato,” mi ha detto Stefania Pompele, 42 anni, che di mestiere insegna ad assaggiare, “ma è stato dopo un raffreddore, e l’olfatto è tornato gradualmente, una cosa abbastanza normale quando sei intasato. Stavolta è stato diverso.”

Per entrambi, la condizione non era paragonabile a quella di una qualsiasi influenza che ostruisce di muco le vie respiratorie. È stato come la zona se si infiammasse al punto da inibire i nervi olfattivi.

La ricercatrice Anna D’Errico mi ha spiegato: “È difficile sapere quale sia il meccanismo esatto, la malattia è ancora in corso e si stanno facendo delle ricerche. L’ipotesi da verificare è questo attacco ai nervi dell’olfatto. Il passaggio dal naso al cervello è tutto sommato facile, anche se l’epitelio olfattivo è abbastanza nascosto.” Per farmi e farvi capire cos’è l’epitelio olfattivo, D’Errico me l’ha spiegato come se fosse uno scolapasta piatto nei cui buchi ci sono degli spaghetti (cioè i nostri nervi olfattivi) che, se qualcosa va storto, si spezzano. Ecco perché si perde l’olfatto perlopiù dopo un brutto incidente.

Tornando all’esperienza diretta, Jonathan mi racconta cos’è successo dopo. “Dopo la febbre, di colpo mi sono ritrovato a non sentire sapori e odori. Ormai sono passate tre settimane e ancora niente.” Fa addirittura delle prove con me al telefono, mentre parliamo: “Ho provato con l’incenso, con odori forti di cose che ho in casa, ma tutto quello che riesco a sentire sono vagamente i sapori di base: acido, salato, dolce, amaro e umami. Con il naso invece niente da fare.”

Dopo la febbre, di colpo mi sono ritrovato a non sentire sapori e odori. Ormai sono passate tre settimane e ancora niente.

Essendo un sintomo a cui siamo in qualche modo abituati quando ci prende l’influenza, difficilmente sulle prime si contatta un medico specializzato. “Io ancora non ne ho sentito uno,” continua Jonathan, “ma ho parlato con il mio medico di base, che mi ha detto essere normale nelle prime due settimane. E il mio infettivologo, Andrea Giacomelli [che ha collaborato al già citato studio dell’Università di Milano], mi ha detto invece che lo riscontrano in un paziente su tre e che sembra essere normale.”

Quando Jonathan ha condiviso questa esperienza sui suoi social, ha scoperto che molte altre persone hanno sintomi analoghi ai suoi. “Anche nella mia esperienza ho riscontrato diverse anosmie nei pazienti con Covid-19,” mi dice il professor Roberto Cauda. “Non ci sono dati sistematizzati, né percentuali esatte ancora, ma è indubbio che l’anosmia sia uno dei sintomi dei coronavirus.” Noi stiamo pensando alla SARS e al Covid-19, ma esistono coronavirus in cui riniti e raffreddori—quindi anosmia—sono frequenti.

“In Cina, all’inizio, non sembrano aver dato molto peso a questi sintomi, ma potrebbe essere un fattore culturale. O non hanno ritenuto dovergli dare molta importanza, piuttosto che il numero dei pazienti con anosmia era molto inferiore,” continua il professore. “Ma senza dubbio, nonostante non sia facile diagnosticare il Covid-19 solo tramite la perdita di olfatto e gusto, è un dovere considerarlo in questi tempi di pandemia.” Insomma, se non sentite gli odori, isolatevi, contattate un medico e non scoraggiatevi, perché “una volta conclusa l’incubazione del virus, le cellule si rigenereranno permettendovi di tornare ad annusare.”


Non è ancora molto chiaro come agisca il coronavirus all’interno del nostro naso: si pensa sia a un’infiammazione dei nervi olfattivi, come avviene nella maggior parte di virus influenzali, sia a un attacco delle cellule presenti nel naso che reagiscono “difendendosi” dagli odori in arrivo. Se si guarda allo studio sulla SARS-Cov del 2008, ci sarebbe anche la possibilità che il virus colpisca direttamente l’epitelio olfattivo. Secondo l’ENTUK (Ear Nose and Throat Association United Kingdom), la perdita dell’olfatto è tra i sintomi post-virali più comuni in età adulta: si manifesta in molti altri tipi di rinovirus e di coronavirus conosciuti.

La cosa che mi ha spaventato è stata alzarmi una mattina e non sentire l’odore del caffè. Mi sono allarmata perché avevo letto che potesse essere il virus e mi sono auto isolata.

“Attualmente si sta lavorando per un consorzio di ricerca”, mi dice D’Errico, “per cercare di studiare questo fenomeno.” Tra gli esempi più interessanti, anche se ancora a livello di sperimentazione, cita il Monell Center di Philadelphia, che fa appunto ricerca sull’olfatto. “Comunemente,” aggiunge D’Errico, “si può pensare di aver perso il gusto, ma è l’olfatto il responsabile della maggior parte degli aromi che arricchiscono l’esperienza sensoriale. Quindi spesso il paziente non se ne accorge ma la perdita del gusto è il riflesso della perdita di olfatto e retrolfatto. Bisogna allenarsi per distinguere bene le due cose e capire più facilmente come funziona questo senso.”

In molti casi di anosmia ci sono dei problemi di depressione, mancanza di appetito o, all’opposto, problemi di sovrappeso. Le persone che ne soffrono si appagano con cibi molto grassi.

“La cosa che mi ha spaventato è stata alzarmi una mattina e non sentire l’odore del caffè,” mi spiega Stefania. “Mi sono allarmata perché avevo letto che potesse essere il virus e mi sono auto isolata. L’olfatto è andato via di colpo, mentre i gusti principali riuscivo ancora a sentirli. Ovviamente ogni giorno provavo ad annusare cose forti come caffè e aceto. Ho scritto ad Anna [D’Errico, tramite la quale siamo entrati in contatto con Stefania] e mi ha detto che a quanto pare era una cosa normale.”

Nel caso di Stefania, vista anche la sua professione, la descrizione dei disturbi è stata molto dettagliata. “Per una settimana non sentivo assolutamente niente, poi sono cominciati degli episodi di pantosmia. Di allucinazioni olfattive. Magari ero in camera e sentivo dal nulla odore di caffè. Poi ci sono state delle note metalliche, che dovrebbero essere dei recettori che si attivano in presenza di ferro (quindi anche sangue). Dopo dieci giorni, come se niente fosse, ho ricominciato a sentire normalmente.” Ma in quei dieci giorni, precisa, c’era da stare attenti non solo alla preoccupazione di non sentire, ma anche alla mancanza di appetito: se non senti niente difficilmente ti va di mangiare.

“In molti casi di anosmia ci sono dei problemi di depressione, mancanza di appetito o, all’opposto, problemi di sovrappeso. Le persone che ne soffrono si appagano con cibi molto grassi,” mi spiega ancora D’Errico. “Può essere molto frustrante, ma non ci sono cure, bisogna solo aspettare. Nel caso di questo virus, sembra che si torni a sentire sapori e odori quasi certamente. Dico quasi perché non si possono fare ricerche se il virus è in corso.”

Il consiglio finale di D’Errico è di sentire un otorinolaringoiatra se il problema dovesse persistere, “allenare l’olfatto anche se non sentite e, soprattutto, non attaccatevi alle bottiglie di candeggina per sentire di più, vi farete solo male.”

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