Il caso di Yara Gambirasio—la tredicenne sparita il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra e ritrovata senza vita nel febbraio del 2011—è stato senza alcun dubbio uno dei più seguiti dell’ultimo decennio, quello che ha toccato molti nervi scoperti dell’opinione pubblica italiana. A distanza di sette anni, quotidiani e trasmissioni televisive se ne occupano ancora estensivamente. Quello che forse è meno risaputo è che, accanto ai media tradizionali, decine e decine di persone si sono mobilitate attivamente su Internet alla ricerca della verità; e non quella ufficiale, ma quella ufficiosa, “vera.”
Intorno alle indagini e al processo—che ha visto condannato all’ergastolo (in appello) il muratore Massimo Bossetti—si è costituita una rete di siti, blog, gruppi Facebook e canali Youtube che porta avanti una vera propria attività investigativa con una visione opposta a quella dei giudici: Bossetti non solo sarebbe innocente, ma vittima di un complotto.
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Mi sono imbattuto nei primi post e video di questa galassia quando ho cominciato a mia volta ad interessarmi al caso. Inizialmente leggevo i quotidiani locali e seguivo i commenti sotto i post su Facebook. Tramite questi sono arrivato a una pagina, e da quel momento—Bossetti era appena stato arrestato—ho assistito all’esplosione di questa comunità, che si è progressivamente tramutata in una specie di collegio difensivo parallelo.
Le anime che lo compongono sono molto varie: si parte da gruppi come “JE SUIS BOSSETTI e non solo” e “Bossetti Innocente”; poi si transita per siti come iostoconbossetti.it; ancora, si passa per ingegneri elettronici, avvocati, imbianchini, giornalisti e impiegati comunali; e infine si arriva al complottista italiano numero uno, Rosario Marcianò.
Pur trattandosi di soggetti diversi tra loro, insieme sono riusciti a costruire una narrazione alternativa che ha lentamente preso vita, arrivando talvolta a sfiorare le indagini ufficiali e persino a cambiarne il corso.
Uno dei volti più esemplari di questa crociata è Pietro Pagnoncelli, un imbianchino bergamasco che ha preso a cuore il caso al punto tale da aiutare la famiglia dell’ergastolano sia nelle indagini che nelle fatiche di tutti i giorni. Tempo fa aveva fatto un appello per aiutare a vendere la macchina di Bossetti, che alla fine si è autoregalato per il compleanno.
Pagnoncelli si è messo a indagare proprio dal momento dell’arresto di Bossetti, partecipando a tutte le udienze del processo (che lui definisce “dittatoriale”), compilando resoconti processuali e producendo una quantità sterminata di video—tra cui uno in cui si reca di notte al campo di Chignolo per ricostruire le condizioni dell’assassinio.
Un altro nome rilevante di questa realtà è Paolo Amaro, un pensionato del Nord Italia che con i suoi lunghi video su Youtube—registrati da quella che sembra essere la sua camera da letto—ragiona sugli indizi, le prove e le ricostruzioni dell’efferato delitto.
I suoi video raggiungono anche la cinquantina di minuti e si pongono come obiettivo quello di ‘svelare’ le contraddizioni delle indagini ufficiali che hanno portato Bossetti dietro le sbarre. Il monologo si ripete di volta in volta, e si focalizza su elementi investigativi sempre diversi.
Non tutti si sono approcciati al delitto con la pacatezza di Amaro. Tra i canali che più hanno influito sul dibattito online vanta una menzione d’onore quello di Andrea Porta. Dei nove video pubblicati nei suoi quattro anni di attività, otto hanno per oggetto proprio il caso Bossetti; solo uno si occupa d’altro (un filmato di 2 minuti dal titolo “grazie putin”).
Di questi suoi video su Bossetti, comunque, uno ha ottenuto quasi 350mila visualizzazioni—senza contare chi l’ha copiato e ripostato. Rispetto ad Amaro il registro è decisamente più ammiccante, mentre il montaggio incrociato e le musiche di sottofondo fanno il resto. La tesi rimane però la stessa: è un complotto.
C’è inoltre un’altra schiera di youtuber appassionati al destino di Massimo Bossetti, che sono già attivissimi su altri fronti e argomenti. Tra i più conosciuti ci sono sicuramente Giacomo Vespo, che ha aggiunto il caso Bossetti alla sua ampia schiera di misteri trattati in video dal titolo “Esistono gli alieni?” e “2017 l’inizio della fine”; oppure Giuseppe Capuozzo, gestore del canale “SpazioTempo channel,” che ha deciso di prendere le parti del muratore tra un video sull’arte presepiale e uno sul “Mentalismo.”
Per molti di loro, e per molte delle persone dei gruppi Facebook, siamo di fronte—nel migliore dei casi—a uno dei più grossi errori della giustizia italiana; nel peggiore, a una gigantesca cospirazione in cui sono intrecciati Stato, mafia e massoneria. I post più ricorrenti chiedono nuove indagini e la riapertura del processo, o se la prendono con i magistrati e chi difende le sentenze.
A un certo punto, questa specie di caos primigenio ha deciso di darsi una struttura. E così, una parte di questa comunità eterogenea ha compiuto il grande salto: uscire da Internet per riversarsi in strada. Lo scorso 7 ottobre, un centinaio di persone si è trovato nel piazzale della stazione di Bergamo per la manifestazione “100 passi per Bossetti.”
L’organizzatrice della mobilitazione si chiama Pam Morrigan ed è blogger, youtuber, ultrà dell’Atalanta e grande appassionata del caso. Si occupa di Nuovo Ordine Mondiale, scie chimiche, massoneria e il suo interesse per il destino di Massimo Bossetti l’ha portata a conoscere la moglie ed intrattenere un carteggio dal carcere con lui.
Nel corso della manifestazione sono stati srotolati striscioni con slogan quali “Bossetti Libero” e “La verità è dovuta / Giustizia per Yara,” e si sono tracciati parallelismi con i casi giudiziari di Giuseppe Gulotta e Enzo Tortora. Tra i manifestanti c’era anche Claudio Salvagni—il legale, vero, del muratore di Mapello. L’avvocato ha anche impugnato il megafono e ribadito con forza l’errore epocale in cui sarebbe incorsa la magistratura.
Lo stesso Salvagni, inoltre, ha partecipato al convegno tenutosi il 26 novembre (l’anniversario della scomparsa di Gambirasio) a Verona, alla presenza di avvocati, criminologi, biologi forensi e Raffaele Sollecito. Il titolo era “Caso Bossetti: una pietra miliare nella rivoluzione copernicana della giustizia,” e l’ideatore è il “MOVIMENTO PER IL NEORINASCIMENTO DELLA GIUSTIZIA”—un gruppo che può essere considerato uno dei tanti nodi della rete pro-Bossetti.
Nei commenti all’evento su Facebook, il presidente di questa associazione ha detto di aver “gettato le basi per un rinnovamento radicale della giustizia a partire dall’abolizione di verdetti fondati su indizi e non su prove fortissime. Meglio 99 colpevoli fuori che in solo innocente dentro (Voltaire-Francione).”
Ora, non so se effettivamente ci sarà questa “rivoluzione copernicana.” Ma dopo aver seguito questo caso per anni, la mia certezza è quella di aver preso parte a un infinito processo parallelo, che ricalca i cliché della cronaca nera italiana e si trascina dietro alcuni dei suoi vizi atavici, ricoprendo però il tutto—e qui sta probabilmente la novità—con un’accattivante patina di “controinformazione.”