“Puttanesca” non si riferisce al sex work bensì all’idea che sia una pasta cucinata da slatterns, pigroni che non hanno voglia di andare al mercato e usano ingredienti freschi
Ogni giorno un giornalista italiano si alza e cerca di creare una polemica che supporti l’esistenza di una fantomatica dittatura del politicamente corretto. L’ultima in ordine di tempo è partita dal Corriere della Sera che ha scritto come Nigella Lawson, food writer e protagonista di numerosi programmi tv a tema cibo nel Regno Unito, avesse proposto di cambiare nome agli spaghetti alla puttanesca. Indovinate un po’? Non era vero nulla.
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L’ha scritto la stessa Nigella sul suo profilo Twitter, condividendo il tweet con cui il Corriere lanciava l’articolo corredato da un semplice “Non è vero”. Il tweet del Corriere è stato cancellato e l’articolo originale modificato. Se all’inizio il titolo era “Non chiamiamoli più spaghetti alla puttanesca, è offensivo” dopo è diventato “Non li chiamo più spaghetti alla puttanesca, è sgradevole”.
In realtà il commento attribuito a Lawson si riferisce a un’altra ricetta, quella degli Slut Rasberries, che la cuoca britannica ha trasformato in Ruby Red Raspberries perché non amava la connotazione “crudele” assunta dal termine slut. Come sempre, per ricostruire la vicenda reale bastava andare sul suo blog dove ha pubblicato una ricetta di Slattern spaghetti. Nel testo dell’articolo Lawson scrive tranquillamente pasta alla puttanesca e anche whore’s pasta, per poi affermare semplicemente che le piace di più usare l’aggettivo slattern, sciatti.
L’origine della pasta alla puttanesca
Sembra che venga descritta per la prima volta in un libro degli anni Sessanta e prima si trovano sporadici riferimenti che sembrano non risalire oltre la metà degli anni Cinquanta
Infatti, scrive Lawson, “puttanesca” non si riferisce al sex work bensì all’idea che sia una pasta cucinata da slattern, pigroni che non hanno voglia di andare al mercato e usano ingredienti freschi. Ma è davvero così? Come molti altri piatti di pasta, tipo la carbonara o l’amatriciana, le origini della puttanesca sono tutt’altro che chiare.
Abbiamo chiesto a Luca Cesari, scrittore e autore de La storia della pasta in dieci piatti, se poteva illuminarci sulle origini della ricetta. Ma anche lui si è trovato in difficoltà nel rintracciarne origini precise: “Mi sono sempre ripromesso di fare una ricerca sulla ricetta, ma non mi ci sono mai messo. È sicuramente una ricetta recente, ma non saprei dire molto di più dalle versioni (fantasiose) che si trovano sul web.”
Secondo Cesari, “Sembra che venga descritta per la prima volta in un libro degli anni Sessanta e prima si trovano sporadici riferimenti che sembrano non risalire oltre la metà degli anni Cinquanta. Anche se degli embrioni di questa ricetta, un condimento a base di olive, capperi e acciughe (senza pomodoro) si trovano già all’inizio del secolo.” Tutta questa incertezza provoca ovviamente numerosi dibattiti sulla genealogia del piatto.
Nella Guida Gastronomica d’Italia del Touring Club, uscita nel 1931, la ricetta che noi chiamiamo alla puttanesca viene chiamata “Maccheroni alla marinara”
Partiamo dalla ricetta. Dice lo storico dell’alimentazione Luca Govoni: “Esistono tantissime varianti ma non possono mancare le olive, in particolare quelle di Gaeta, pomodori da sugo e capperi — e ovviamente olio. C’è chi aggiunge concentrato di pomodoro, origano, acciughe. È difficile stabilire la ricetta veritiera o la ricetta originale.” Una pasta svuota-dispensa appunto, che su Wikipedia viene definita un primo piatto della cucina napoletana.
Un nome così particolare ha fatto sorgere numerose (e abbastanza fantasiose) ipotesi sull’origine. Tanto per riportarne qualcuna di quelle in cui mi sono imbattuta nelle mie ricerche online: sarebbe nata in una casa d’appuntamenti dei Quartieri Spagnoli in cui veniva proposta agli ospiti; sarebbe stata inventata da una prostituta francese di nome Yvette; i colori verde, rosso e viola delle ricette ricorderebbero quelli della biancheria usata dalle ragazze nel bordello. Alcune di esse vengono sostenute anche da esperti come ad esempio il food writer Arthur Schwartz nel suo Naples at table.
“È difficile che il nome venga dai bordelli, visto che le case chiuse sono state abolite nel 1958”
Parliamoci chiaro: è abbastanza ovvio che è difficile, per non dire impossibile, capire quando può essere stato creato un condimento simile. Sono ingredienti di facile reperimento e ancora più facile assemblaggio e tuttora a Napoli si mangia la pasta aulive e chiappariell’, olive e capperi. Già nel libro “Cucina teorico-pratica” di Ippolito Cavalcanti, uscito a metà Ottocento e considerato la base della tradizione culinaria napoletana moderna, troviamo una menzione dei “Vermicelli all’olio con olive capperi ed alici salse”.
Nella Guida Gastronomica d’Italia del Touring Club, uscita nel 1931, la ricetta che noi chiamiamo alla puttanesca viene chiamata “Maccheroni alla marinara”. Il primo riferimento scritto a quel tanto dibattuto puttanesca è nel 1961 nel romanzo “Ferito a morte” (Premio Strega) di Raffaele La Capria dove si menzionano degli spaghetti alla puttanesca “come li fanno a Siracusa”. Cosa c’entra la Sicilia ora”!, direte voi. Non lo sappiamo. Ma che qui ci sia una gran confusione l’abbiamo già capito.
Sì, ma quindi il nome della pasta alla puttanesca?
Le ipotesi più recenti ci portano fino a Ischia. Qui dopo la Seconda Guerra Mondiale il pittore Eduardo Colucci era solito invitare amici nella sua bella villa e preparare loro la sua specialità, i maccheroni alla puttanesca. Così almeno ci racconta la scrittrice Jeanne Carola Francesconi nel suo “La cucina napoletana” del 1977. Invece nel 2005, in un articolo per il quotidiano Il Golfo, la giornalista Annarita Cuomo parla con tale Sandro Petti, architetto e jet-setter ischitano, che rivendica esplicitamente l’origine del nome, affermando che una sera ha pensato di creare una “puttanata qualsiasi” per un gruppo di amici, arrivati a sera tarda nel suo ristorante Il Rancio Fellone.
Il fatto che Sandro Petti sia il nipote di Colucci non rende le cose molto più chiare. L’idea che mi sono fatta è che sia difficile che il nome venga dai bordelli, visto che le case chiuse sono state abolite nel 1958, e fino agli anni Sessanta non troviamo menzionata la puttanesca. L’ipotesi del nome derivato come “puttanata” viene sostenuta anche dallo studioso Jeremy Parzen e, se diverse testimonianze ci portano a Ischia, forse è lì che dobbiamo guardare. Ma è poi così importante? “Io penso che la cultura gastronomica sia una cosa costantemente in evoluzione,” afferma Govoni. “Eduardo De Filippo diceva che ‘Se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma – e cioè morte – ma, se ci serviamo della tradizione come d’un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto che se partissimo da terra’. Se togliamo la lente di ingrandimento, e guardiamo alla storia nell’arco di secoli, è normale ci siano variazioni minime di una ricetta.” E il punto preciso di partenza diventa meno importante.
A volte, invece che saltare sul carro dell’ultima polemica contro il politicamente corretto, sarebbe più utile impiegare il proprio tempo a fare un po’ di ricerca storica
Quanto all’uso del “puttanesca”, a inizio settembre sono stata al TEDx di Ferrara, dove l’antropologa e attivista Giulia Zollino ha fatto uno splendido intervento sulla riappropriazione del termine “puttana” e su come possiamo rivendicare con fierezza e orgoglio un termine che per decenni è stato usato spregiativamente. Qualche tempo fa ho scritto un pezzo sui residuati razzisti nell’industria alimentare italiana e credo di non avere mai ricevuto così tanti insulti come talebana della cancel culture.
Ma quella era una situazione completamente diversa e rivendico ancora quello che ho scritto: se un nome offende una categoria di persone, ostinarsi a utilizzarlo in nome di una supposta “tradizione” è reazionario, miope e anacronistico. Censurare puttanesca mi sembrerebbe invece una mossa da Moige e infatti nessuno, nemmeno la Lawson, l’aveva proposto. A volte, invece che saltare sul carro dell’ultima polemica contro il politicamente corretto, sarebbe più utile impiegare il proprio tempo a fare un po’ di ricerca storica, o a cucinare la puttanesca che in effetti è davvero facile.
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