FYI.

This story is over 5 years old.

GUERRA

Cosa succederebbe se alla fine vincesse lo Stato Islamico?

Più il gruppo riuscirà a sopravvivere agli attacchi della coalizione internazionale, più riuscirà a ottenere credibilità e ad attrarre foreign fighter, pensatori radicali e ausiliari locali.
Foto Stringer/EPA

Segui VICE News Italia su Facebook per restare aggiornato

Secondo oltre 50 analisti del Comando Centrale degli Stati Uniti, le ipotesi di una crescente debolezza dello Stato Islamico (IS) sono ampiamente esagerate.

Se gli esperti avessero ragione, forse sarebbe il caso di iniziare a porsi quelle domande che invece vorremmo evitare: cosa accadrebbe se IS vincesse? Dobbiamo tenere in considerazione questa possibilità?

Pubblicità

La vittoria di IS non sarebbe una vittoria del tipo "convertitevi o morirete," con il mondo soggiogato dalle ambizioni apocalittiche del movimento fondamentalista. Più plausibilmente, l'eventuale vittoria di IS sarebbe una vittoria in stile "rassegnarsi a non essere d'accordo," o comunque "rassegnarsi a essere nemici mortali".

Uno scenario di questo tipo, forse, porterebbe a una situazione molto più pragmatica: IS otterrebbe l'abilità di governare efficacemente i territori che sono già sotto il suo controllo e di proteggere con successo i confini del suo cosiddetto califfato.

Da un certo punto di vista, IS lo sta già facendo. Svolgono già i compiti di qualsiasi altro stato: pagano i salari municipali, rilasciano documenti di viaggio, amministrano scuole e ospedali. Tuttavia, se questo genere di amministrazione diventasse lo status quo, per sconfiggere IS non basterebbe più annientare i suoi leader o i suoi network terroristici, ma distruggere un intero sistema di governo politico e militare: non un compito facile.

"[IS] sta creando delle ridondanze di sistema," ha detto a VICE News Will McCants, autore di ISIS Apocalypse e direttore del Progetto USA sulle Relazioni Americane con il Mondo Islamico del Brookings Institute. "Stanno dando molto più potere e libertà ai comandanti sul campo e ai governatori, in modo tale che, se fosse rimosso il califfo [Abu Bakr al Baghdadi], non è detto che sarà sconfitto il califfato."

Pubblicità

Molti osservatori concordano sul fatto che sconfiggere IS sarà sempre più difficile - e meno probabile - con il passare dei mesi e degli anni. Più il gruppo riuscirà a sopravvivere agli attacchi della coalizione internazionale, più riuscirà a ottenere credibilità e ad attrarre foreign fighters, pensatori radicali e ausiliari locali.

Leggi anche: Spiacenti, la mafia non 'protegge' l'Italia dallo Stato Islamico

Nick Heras, membro della Jamestown Foundation e ricercatore per il Medio Oriente al Center for a New American Security, ha detto a VICE News che "di base, [IS] ha già ottenuto la prima fase della vittoria, essendo sopravvissuto per più di un anno contro un'importante coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti. Hanno mantenuto gran parte dei territori conquistati in Iraq e hanno esteso i loro territori in Siria."

Per proseguire sulla scia di questi successi, IS deve continuare a fare quello che sta già facendo — costruire un'economia che possa generare guadagni per sostenere i combattenti, creare un movimento teologico che possa legittimare le ambizioni politiche del califfato e, ancora più importante, consolidare un'organizzazione militare che possa espandere continuamente il suo territorio.

"Nella seconda fase ISIS dovrebbe completamente chiamarsi fuori dal movimento rivoluzionario siriano," ha detto Heras, che ha spiegato che il gruppo potrebbe vincere come movimento religioso solo quando tutti gli altri gruppi ribelli, anche quelli affiliati ad al Qaeda come Jabhat al Nusra, avranno pronunciato il bay'ah (giurato alleanza) a IS.

Pubblicità

Considerando i territori attualmente amministrati da IS, non si tratta di uno scenario completamente folle o impossibile. Secondo l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, dopo la conquista dell'antica città di Palmira a maggio, IS controlla ora quasi metà del territorio siriano (anche se il suo potere si estende su molto meno della metà della popolazione).

Nonostante la coalizione guidata dagli Stati Uniti persegua una strategia che mira a "degradare e sconfiggere" lo Stato Islamico, l'esercito anti-IS fa affidamento quasi esclusivamente su raid aerei e assistenza militare, senza intervenire sulla catastrofe politica che è stata sfruttata in primo luogo da IS — tra cui il settarismo, gli interessi di parte, e la mancanza di un governo rappresentativo. La strategia non si allinea nemmeno con le priorità regionali degli altri paesi coinvolti nel conflitto.

Secondo un rapporto di intelligence di Verisk Maplecroft (una compagnia britannica che si occupa di management del rischio globale), analizzato da VICE News, le divergenze tra gli interessi in Medio Oriente di paesi come l'Iran, l'Arabia Saudita, la Giordania, la Turchia, la Russia e gli Stati Uniti hanno ridotto significativamente la possibilità di unirsi per sconfiggere IS.

C'è dunque la possibilità che i paesi confinanti con i territori di IS possano alla fine rinunciare alla prospettiva di distruggere il movimento fondamentalista, favorendo invece lo sviluppo di una politica di contenimento. Intenzionalmente o meno, ciò definirebbe i confini del califfato e cederebbe di fatto i territori di frontiera a IS.

Pubblicità

"C'è la possibilità che IS diventi uno stato de facto e che dovremo fare i conti con questa realtà," ha detto a VICE News Ghaido Heto, della società di consulenza di rischio politico i-Strategic. "Gli stati più consolidati dovranno fortificare i loro confini lungo queste linee tangenti e in futuro potremmo dover trattare e negoziare con ISIS."

Nonostante i molti successi di IS, ogni ipotetica vittoria dovrebbe probabilmente essere radicata nelle fondamenta islamiche che sono state usate per giustificare il califfato, ed è proprio lì che IS si trova su un terreno sempre più instabile, ovvero l'incertezza della propria popolarità nell'ampio ed eterogeneo mondo musulmano.

A settembre 2014 un gruppo di studiosi islamici internazionali ha pubblicato la "Lettera a al Baghdadi," sfidando le pretese del leader di IS di rappresentare la comunità musulmana globale, l'ummah. La lettera evidenzia l'audacia di "un gruppo composto da non più di qualche migliaio [di persone] che si sono auto-definiti governanti di più di un miliardo e mezzo di musulmani."

Yasir Qadhi, uno dei massimi studiosi islamici d'America e tra i firmatari della lettera, ha detto a VICE News che "è impossibile per ISIS guadagnare popolarità e supporto se continua su questa strada di assoluta brutalità. Non la vedo nemmeno come una possibilità remota."

"Se loro [IS] fossero stati più umani, più democratici, più – oserei dire – islamici, e se avessero veramente seguito gli insegnamenti adottati dai musulmani tradizionali, allora avrebbero ottenuto un successo molto più clamoroso di quello che hanno al momento," ha spiegato Qadhi.

Pubblicità

Leggi anche: Perché lo Stato Islamico ha attaccato Parigi -- e cosa potrebbe succedere adesso

Tuttavia, secondo altri leader religiosi, la mancanza di sostegno della comunità musulmana internazionale potrebbe essere l'unica salvezza per coloro che combattono per la sconfitta di IS.

Abdelaziz al Sheikh, gran muftì dell'Arabia Saudita (la più alta autorità religiosa del paese), ha addirittura definito IS come "il nemico numero uno dell'Islam."

Quindi invece di guadagnarsi il sostegno dei musulmani che potrebbero essere attratti da un progetto islamico come il califfato, la presunzione di autorevolezza religiosa di IS insieme alla sua violenza estrema alla fine potrebbero svilire i successi del gruppo e portare a una sfera di influenza ridotta che non si estenderà mai al di fuori dell'Iraq e della Siria.

"La questione della legittimità deve essere affrontata da coloro che ne parlano, e se una grande fetta del mondo musulmano decide di non aderire al suo pensiero, non ci sarà mai una vera legittimità [per il califfato]," ha detto il Qadhi.

Al momento non ci sono garanzie che IS trionferà, né garanzie che sarà sconfitto. Tuttavia, la sola sopravvivenza di IS significa una sorta di vittoria, dato che la sua esistenza continua a sfuggire a qualsiasi aspettativa.

"Ci sono delle realtà politiche che rendono ISIS molto più di un semplice gruppo terroristico, molto più di un gruppo di insorti. Il suo potere statale, però, non deve essere accettato per sempre," ha detto McCants. Tuttavia, senza un piano coerente non sarà possibile smantellare l'infrastruttura statale di IS e sostituirla con soluzioni politiche praticabili, e non ci sono motivi per sperare che se ne andranno, almeno non per il momento."


Segui VICE News Italia su Twitter e su Facebook Segui Landon Shroder su Twitter: @LandonShroder