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10 domande a...

10 domande che hai sempre voluto fare a una meteorologa

Quanto tempo prima posso guardare una previsione? Quali sono le meteo-bufale più diffuse? Ne abbiamo parlato con Serena Giacomin.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
serena giacomin
Immagine per gentile concessione dell'intervistata.

“Se sta piovendo, ma la tua app meteo mostra il sole, non ti arrabbiare con il tuo smartphone: non è un pluviometro e probabilmente non c'è un pluviometro vicino a te." "La meteorologia è anche una questione di fiducia. Fiducia nella scienza e fiducia nei confronti del meteorologo."

Questi stralci sono tratti da Meteo che scegli, tempo che trovi , un libro su come la meteomania ci sta fregando tutti, e ad averlo scritto è Serena Giacomin, meteorologa del Centro Epson Meteo, presidente dell’Italian Climate Network, e che magari avrete visto spesso in televisione o sentito qualche volta in radio.

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L’ho contattata per capire quando una previsione meteorologica può considerarsi affidabile, come non farsi illudere da quello che ha definito “fantameteo” e destreggiarsi tra app e siti non sempre accuratissimi.

VICE: Partiamo dal principio. Come si diventa meteorologi?
Serena Giacomin: Io mi sono appassionata alla meteorologia da ragazzina, mentre praticavo vela. Ma è stato solo quando ho incontrato il colonnello Mario Giuliacci, che ho deciso di iscrivermi a un corso in Fisica dell’Atmosfera all’Università di Bologna.

In generale, il meteorologo è una persona che ha studiato fisica (per saperne di più consiglio di visitare il sito dell’Aisam, l'Associazione italiana scienze dell’atmosfera e meteorologia) e che dopo la laurea sceglie quale strada intraprendere: il più "conosciuto" è quello che va in tv, ma in realtà ci sono tanti altri sbocchi nei settori più disparati—energetico, assicurativo, agroalimentare. Si può entrare nella Protezione civile, o si può fare assistenza al volo. In generale il maggior riferimento in Italia, dal punto di vista meteorologico, è l’Aeronautica Militare.

E quindi, come si fa una previsione meteo? E perché non sono tutte uguali?
Il calcolo del dato meteo è lungo e intricato, ma ti faccio un sunto asciutto asciutto. Innanzitutto, satelliti, radar, stazioni a terra, palloni sonda e molti altri strumenti scattano una ‘fotografia tridimensionale dell’atmosfera’. Partendo da questa fotografia, poi, dei supercomputer, tramite le leggi della fisica, rispondono al quesito: “Come potrebbe diventare l’atmosfera in futuro?” A questo punto subentra il meteorologo che analizza e corregge i dati in uscita dei supercomputer, trasformandoli in previsioni meteo, per distribuirle su vari canali e in varie forme.

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Il perché le previsioni meteo non sono tutte uguali, invece, deriva dal fatto che i modelli fisico-matematici che descrivono l’atmosfera sono tanti. I modelli possono essere diversi in termini di risoluzione, zona geografica che prendono in considerazione, della fisica del movimento che c’è dietro. Per esempio ci sono dei modelli che sono più performanti nella descrizione di una perturbazione in arrivo, altri ancora nel calcolo della quantità di precipitazione che potrebbe cadere.

Affinché sia “molto affidabile”—ma non infallibile, visto che è una previsione—quanto tempo prima posso guardare una previsione?
In generale le previsioni sono affidabili a breve termine. Quindi puoi controllare una previsione due o tre giorni prima, ma in alcuni casi anche cinque. Dico in alcuni casi, perché tutto dipende dalla situazione atmosferica in atto nel territorio interessato.

Ad esempio: quando siamo aperti ed esposti a una corrente atlantica—una situazione di forte dinamicità atmosferica, per cui arriva una perturbazione dietro l’altra—una previsione a cinque giorni non ha senso di esistere. Se prima non termina la perturbazione, infatti, il rischio è di entrare nel campo del “fantameteo.”


A proposito di futuro, guarda anche:


Da donna e ‘meteorologa in tv’, hai difficoltà a far comprendere quale sia la tua professione?

Credo che se in questo momento andassi a fare un vox populi in strada a chiedere, “Ma secondo lei, io che annuncio le previsioni sono anche quella che le analizza?”, molta gente risponderebbe di no. È capitato più volte che sulla mia pagina Facebook—nonostante ci sia scritto che sono un fisico dell’atmosfera—mi sia stato chiesto: “ma c’hai il gobbo davanti?,” “ma chi è che ti dice le previsioni?”

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Probabilmente purtroppo è un retaggio culturale che ci portiamo dietro: quando un uomo va in onda, ci si pongono meno domande. Intendiamoci, le annunciatrici meteo, chiamate impropriamente ‘meteorine’, esistono e non ci vedo nulla di male. Sono persone che hanno scelto di specializzarsi in comunicazione, sono competenti nel loro ambito e quindi riescono a riportare con rigore il dato meteo al pubblico.

Amici e conoscenti ti tempesteranno di domande. Quali sono le cose che non vorresti più sentire?
Credo che mi perseguiteranno per il resto della vita le domande sulle previsioni per gli eventi importanti. In particolar modo, i matrimoni e vacanze sono una tragedia. Se mi sono mai sentita in colpa come se l’esito della giornata di qualcuno dipendesse da me? Non so bene per quale meccanismo mentale, ma assolutamente sì.

Ormai tra siti, app e spazi televisivi l’offerta sul meteo è variegatissima. Ma come capire se è un sito è affidabile? E per quanto riguarda le app invece?
Innanzitutto, per quanto riguarda i siti io consiglio sempre di controllare il team che ci lavora. Diciamo che dei professionisti si trova sempre online il curriculum. Poi, si può verificare se alle previsioni meteo è stato affiancato quello che viene definito “indice di affidabilità,” una sorta di semaforo—rosso, giallo o verde—che indica la precisione della previsione data. Per esempio, se si dà una previsione a 10 giorni—che magari vuoi guardare per farti un’idea—dovrà essere affiancata da un indice di affidabilità basso, perché la possibilità che la previsione possa cambiare è davvero molto alta. Infine, si può controllare se sono presenti delle previsioni a lungo termine: se si vedono articoli al riguardo, usati per fare clic, sarebbe meglio cambiare sito.

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Sul versante app, invece, il discorso è più complicato. Diciamo che al momento sono un po’ l’origine delle molte incomprensioni dell’informazione meteorologica. Si basano solitamente su zone più ampie, e molto spesso i dati sono ‘grezzi’, forniti senza l’analisi e correzione di un esperto.

Smentiamo qualche credenza popolare, che nel libro definisci meteo-bufale.

“Le nuvole sono fatte di vapore acqueo”: Questa è una tra le più inflazionate. In molti pensano, per esempio, che il fumo che esce da una pentola sia classificabile come vapore acqueo. Ma non è così. Per definizione il vapore acqueo non si vede: è incolore e inodore. È visibile solamente nel momento in cui condensa in microgoccioline. Le nubi, infatti, si possono vedere perché sono fatte di goccioline d’acqua o cristalli di ghiaccio. Altrimenti non le vedremmo.

“Fa troppo freddo per nevicare”: Se fosse vero la neve non sarebbe presente, ad esempio, in Antartide o in Siberia—luoghi in cui le temperature possono toccare diverse decine di gradi sotto lo zero. Ovviamente, è indubbio che quando la temperatura è molto bassa, la quantità di umidità nell’aria sarà minore. Ma a queste condizioni le nevicate—anche se meno abbondanti e con una diversa conformazione dei fiocchi—si verificano lo stesso.

“I giorni della merla sono i più freddi dell’anno”: All’atmosfera non frega nulla degli eventi calendarizzati. I giorni più freddi dell’anno non possono essere una ricorrenza programmata.

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“Il clima della terra è sempre cambiato”: Che il clima sia sempre cambiato nessuno lo mette in dubbio. Il problema è che questo è diventato un detto molto inflazionato per negare l’evidenza del cambiamento climatico in atto. Molti infatti lo utilizzano per non affrontare—o meglio nascondere—l’origine antropica del problema, la responsabilità umana a questo problema.

Ma non è così: il messaggio della comunità scientifica lanciato con lo ‘1.5 Degree Report’ è molto chiaro. Lo studio mette in luce quali sono le conseguenze a cui andiamo incontro con un riscaldamento globale nei prossimi decenni a +1,5 gradi e a +2 gradi. Quello che viene ribadito è che a ogni decimo di grado in più corrispondono conseguenze altamente pericolose, e servono quindi repentine politiche di adattamento e non solo.

Nel libro dici che si sta registrando sempre più una mancanza di fiducia nei confronti del meteo. Come mai?
Il fatto che l’informazione meteorologica sia diventata un po’ una giungla e ci siano delle realtà che ci marciano ovviamente crea delle ferite nel rapporto tra chi l’informazione la fornisce e chi ne usufruisce. Quando decenni fa, Edmondo Bernacca e Guido Caroselli conducevano Che tempo che fa?, loro godevano di un rapporto quasi univoco con gli utenti. Non c’erano centinaia di fonti diverse. Erano il punto di riferimento. Oggi l’utente spesso è disorientato. E quando si è disorientati, è facile che si possa perdere fiducia anche nella fonte. A maggior ragione se non si hanno gli strumenti adatti per distinguere le fonti affidabili dalle altre.

Un giorno ci saranno delle previsioni precise al 100 percento?
No. Non è possibile perché l’atmosfera è un sistema caotico—e in quanto tale ci sarà sempre un margine di incertezza. Ci sono delle piccole perturbazioni del sistema che possono esplodere, e diventare enormi. Questo fa sì che ci sia sempre un margine di errore da tenere in conto.

Domanda tra il serio e il faceto: quando è il caso di portarsi l’ombrello?
Devo darti una regola che vale per ogni evenienza? A questo punto ti direi di portarlo s-e-m-p-r-e. Che tanto ormai ne esistono di super comodi.

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