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In questo comune italiano ogni mese vengono spesi 100 euro a testa per il gioco d'azzardo

Santena, in Piemonte, viene spesso definita la capitale delle slot machine e della ludopatia: siamo andati a vedere qual è la situazione.
Foto di Rob Boudon/Flickr

La 'capitale delle slot machine'. 'Patria della ludopatia', abitata da cittadini col vizio del gioco d'azzardo. È con questi toni che, da circa un anno, le cronache locali piemontesi descrivono Santena, un piccolo comune situato 25 chilometri a sud di Torino.

Poche migliaia di abitanti per la cittadina che ospita anche la tomba di Camillo Benso di Cavour. Tra le diecimila persone del luogo, una parte considerevole ogni mese 'brucia' un milione di euro dentro slot machine e videolottery, una cifra che divisa per il numero di abitanti dà una spaventosa spesa pro capite mensile di 100 euro a testa – inclusi bambini, donne e anziani, e senza considerare altre forme di gioco d'azzardo più "invisibili" e difficili da quantificare come scommesse, poker online o gratta e vinci.

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Nonostante questi numeri allarmanti, definire Santena la capitale della ludopatia non ha in realtà molto senso. È stato, infatti, uno dei pochi comuni – assieme al paese limitrofo di Villastellone – che ha richiesto all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (AAMS) i dati relativi al gioco nelle "macchinette" dei propri concittadini. Centinaia di altre città italiane semplicemente non sanno quanti soldi le slot divorano ogni anno ai loro abitanti.

È quindi impossibile stabilire oggi, con numeri oggettivi, se a Caserta o a Bolzano si giochino cifre superiori o inferiori a quelle delle due cittadine piemontesi. Ma non importa, perché i dati della Direzione Centrale Gestione Tributi e Monopolio Giochi ricevuti dal Sindaco di Santena, Ugo Baldi, l'11 gennaio scorso hanno scioccato l'opinione pubblica.

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Nei primi dieci mesi del 2015 gli abitanti del paese hanno buttato 3,5 milioni di euro nei videogiochi e 6,5 milioni nelle Vlt, le videolottery. Numeri che hanno impressionato: il parroco di paese, don Beppe Zorzan, ha dedicato l'omelia del 31 gennaio a questo problema sostenendo che mettersi nella mani di chiromanti, e bruciare risorse nelle slot machine, "non è un atteggiamento cristiano."

Anche i politici piemontesi sono corsi ai ripari: l'assessore regionale alla sanità, Antonio Saitta ha annunciato un piano da varare entro maggio, e che prevede sconti fiscali ai commercianti che rinunciano alle slot machine dentro bar e negozi, oltre che opere di sensibilizzazione, soprattutto fra gli adolescenti nelle scuole.

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Il sindaco di Santena, da due anni, prova a combattere il fenomeno dell'azzardocon gli strumenti a sua disposizione: ha applicato, per esempio, il coefficiente massimo sulla tariffa della Tari - la tassa sui rifiuti - ai commercianti che si rifiutano di togliere le slot machine dai propri punti vendita. Gli esercenti non l'hanno presa affatto bene e sono state diverse le tensioni con il primo cittadino.

Aumentare le tariffe della Tari è una strategia che stanno sperimentando varie amministrazioni del nord Italia — come il comune di Corsico, nell'hinterland sud-ovest di Milano. Ma sta funzionando davvero, questo incentivo?

"Da noi non ha dato nessun risultato" ha dichiarato il sindaco Baldi a VICE News. "Per quanto l'aggravio possa essere di 400, 500, a volte anche 1000 euro all'anno, parliamo di cifre ridicole rispetto a quanto incassano con le slot. Quella è una rendita elevatissima che si ottiene praticamente senza lavorare."

Santena, Piemonte, Italia

Attraversando le vie di Santena e la zona centrale di piazza Martiri della Libertà si incontrano una ventina di esercizi, fra bar e tabaccherie, per un totale di 64 macchinette, tutte a moneta. Ma è subito fuori dai confini cittadini, lungo la strada regionale, che fa da raccordo con due autostrade, che si staglia un enorme centro scommesse.

Qui arrivano i "pendolari" del gioco d'azzardo anche dai comuni vicini, e la cartellonistica che fornisce le indicazioni per la sala scommesse promette facili vittorie: "Il punto vincente del gioco - scommesse sportive - Slot & Vlt."

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Il parcheggio è pieno di auto a tutte le ore del giorno, anche perché si trova di fronte a un megastore che qui è considerato centro nevralgico nella vita del paese.

La prima sala dentro il centro è terreno fertile per scommettitori di ogni tipo: calcio, motori, cavalli. In generale, ci si può cimentare nell'arte del puntare denaro sui risultati di qualunque sport. Ma è accedendo a una seconda stanza verso il retro, ampia e semibuia, che si trovano 11 Vlt a moneta e altre 12 a banconote, appannaggio di chi non riesce a resistere alla tentazione di investire cifre elevate.

All'interno di questa seconda sala, anche nei giorni feriali e in orario lavorativo, ci sono 5-6 persone alla volta, sedute a fumare noncuranti dell'ambiente chiuso. Inseriscono a raffica monete nella "bocca" delle macchinette, mentre tutto intorno è un'esplosione di luci accecanti degli schermi delle slot e i loro frastornanti suoni sintetici.

Prima di andare lascio cadere una moneta da un euro dentro una di queste: niente jackpot. Abbandono la sala, anch'io, un po' più povero di prima.

Il centro dell'azzardo

Ma come si è arrivati a questo punto? Secondo alcune persone del posto, Santena è passata dall'essere la città in cui i torinesi "fuggivano" negli anni Ottanta per comprarsi la villetta di proprietà e vivere al riparo dal caos cittadino.

"La città era viva, piena di feste, mercati, e il Castello Cavour veniva valorizzato a livello turistico," racconta un barista del centro, uno dei pochi che si è rifiutato di installare le slot "per una scelta etica, perché mi converrebbe averle."

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Invece a Santena - continua - oggi l'unico momento di svago è rappresentato dalla festa dei Santi Cosma e Damiano: si svolge ogni anno a settembre ed è soprannominata come "la sagra dei calabresi," perché è stata portata a Santena dai meridionali all'epoca dell'immigrazione interna negli anni Cinquanta e Sessanta — la festa "originale" si svolge proprio in Calabria, a Riace, addirittura dal diciassettesimo secolo.

Mentre i torinesi del ceto medio si godevano il folklore calabrese d'importazione, i nativi di Santena, invece, appartenevano alla classe operaia: quasi tutti lavoratori delle industrie pesanti o chimiche della zona - spesso legate agli affari del mondo Fiat - che dominavano l'ex area industriale poco fuori dalla città — oggi in totale stato di abbandono, se si esclude la presenza di qualche fabbrica di caffè.

A partire dai primi anni duemila e infine con l'abbattersi della crisi economica del 2008, poi, questo piccolo sogno di provincia - come quello di tante altre aree simili in Italia - si è interrotto: dal 2010 sono diverse le aziende che hanno cessato le attività, fatto ricorso agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione straordinaria, o che hanno delocalizzato. Lasciando a casa centinaia di lavoratori.

I dati sulla disoccupazione - in particolare quella giovanile, passata dal 17,3 per cento del 1991 al 26,7 per cento del 2011 - sono peggiorati negli anni, pur restando al di sotto della media nazionale: Santena si trova pur sempre nel cuore del nord-ovest, un tempo considerato la locomotiva economica del Paese.

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Il disagio sociale e lavorativo aggravatosi nei decenni rischia di aver spinto molti a cercare fortuna in altro modo. Il sindaco Baldi, tuttavia, assicura che "non giocano solo i poveri. Mi raccontano che molti abitanti, con un tenore di vita ancora agiato, si recano di frequente nel grande centro scommesse."

Il gioco, i debiti e gli usurai

Non è solo l'azzardo a preoccupare, in questo angolo di provincia piemontese: almeno da quindici anni questa è terra di conquista per gli usurai. Il primo allarme lo lanciò un prete: nel 2000, parlando durante l'omelia domenicale in chiesa il parroco citò le parole "usura ed estorsione." I fatti successivi e la magistratura gli diedero ragione.

È in questa zona che operava Vincenzo D'Alcalà, meglio noto alle cronache con il suo soprannome di "reuccio di Santena" — parola tratta dal linguaggio fiabesco: "il piccolo re," il principe.

Una condanna definitiva a sei anni e dieci mesi per rapina, estorsione e usura, D'Alcalà era coinvolto in numerose inchieste della magistratura torinese — l'ultima a inizio febbraio di quest'anno, per essersi appropriato indebitamente dell'eredità di due coniugi defunti nel 2011. Soldi e assegni con cui avrebbe acquisito, assieme ad un complice, quote di una società basata in Svizzera. È stato raggiunto da quest'ultima ordinanza di custodia cautelare mentre si trovava in carcere a Cuneo per scontare le pene precedenti.

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Vincenzo D'Alcalà è finito anche nelle carte degli inquirenti che si occupano di uno fra i processi più discussi e sconvolgenti in Piemonte: quello per l'omicidio del professore universitario e consigliere comunale di Torino dell'Udc, Alberto Musy, raggiunto da sei colpi di pistola il 23 marzo 2012 e morto dopo 19 mesi di agonia e coma irreversibile. Nonostante i sospetti, l'affiliazione all'associazione mafiosa nei processi non gli è mai stata contestata.

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Il rapporto della cittadina di Santena con la 'ndrangheta è complesso. Secondo il giornalista Filippo Tesio, che in passato ha collaborato con La Stampa e con il mensile Narcomafie, in città da anni si assiste a comportamenti criminali come le minacce, la violenza privata o l'estorsione per controllare il territorio. Mancherebbero però, fino a prova contraria, personaggi affiliati alle "locali" o alle 'ndrine, le cosche malavitose "di territorio" - poco importa se un quartiere di Reggio Calabria o una campagna del Nord - generalmente gestite da una sola famiglia di consanguinei.

Un aneddoto sembrerebbe dare ragione al giornalista: nel 2010, due affiliati alla locale di Giaveno - altro piccolo comune del torinese - arrivarono a Santena per reclamare la loro "parte" da un noto usuraio di paese. Filippo Tesio scrisse che "si confrontano così criminalità comune e criminalità organizzata." L'ago della bilancia avrebbe dovuto pendere tutto a favore della seconda, eppure gli 'ndranghetisti santenesi non ci stanno, rivendicano il diritto a operare sul loro territorio secondo regole proprie, e riempiono di botte i due emissari di Giaveno mettendoli in fuga. Non sembra trattarsi di una faida fra famiglie della stessa organizzazione, ma qualcosa di diverso.

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Questo retroterra criminale di provincia, che finisce raramente sulla stampa nazionale e senza fare mai grande scalpore, rischia di avere di qualche connessione con il mondo del gioco d'azzardo. Perché dove ci sono i giocatori ci sono anche i debiti. E dove ci sono i debiti sguazzano gli usurai, magari di basso livello, quelli che prestano solo qualche migliaio di euro per sedare la propria "sete di gioco."

Raggiunto da VICE News, anche al sindaco Ugo Baldi sono sorti dei dubbi: "Non posso confermare questa tesi perché non ho certezze, ma non mi sento affatto di escluderla." Il comandante di polizia locale, Gianfranco Alutto, e i carabinieri di Santena del maresciallo Esposito tendono a non rilasciare informazioni su questo mondo, parlando genericamente di "singoli episodi."

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Foto di Rob Boudon via Flickr, rilasciata su licenza Creative Commons