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Un momento degli scontri a Corso Torino al G8 di Genova del 2001. Foto di Ares Ferrari/Wikimedia Commons.
Politică

'Ricordo l’orrore e l’umiliazione' - Il G8 di Genova raccontato da chi c'era

Cinque persone che sono state coinvolte in modi diversi nei fatti di Genova del 2001 raccontano cos'hanno visto in quei giorni.
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Approfondimenti su una delle pagine più nere della storia d’Italia.

In occasione del ventennale dei fatti del G8 di Genova, abbiamo deciso di dedicare una serie di articoli e approfondimenti a quella che ancora oggi rimane una delle pagine più nere della storia d’Italia.

Dal 19 al 22 luglio 2001 Genova è stata lo scenario della riunione dei capi di governo dei maggiori paesi industrializzati: il G8. Nell’immaginario comune, però, la sigla “G8” corrisponde ai pestaggi selvaggi delle forze dell’ordine, alla “macelleria messicana” della scuola Diaz, alle violenze nella caserma di Bolzaneto, e all’omicidio di Carlo Giuliani.

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In occasione dell'anniversario, ho chiesto a cinque persone coinvolte in vari modi nel G8 di ricordare quei giorni.

LORENZO GUADAGNUCCI, GIORNALISTA PRESENTE ALLA SCUOLA DIAZ

Del G8 di Genova ricordo tutto. Per me durò un solo giorno, sabato 21 luglio, più due in stato d’arresto all’ospedale Galliera. Ricordo l’arrivo da Bologna con un treno speciale, l’angoscia per l’uccisione il giorno prima di Carlo Giuliani e poi l’enorme corteo, l’assurda carica della polizia, la paura di imbattersi negli agenti.

E la poi la nottata alla Diaz. La spedizione punitiva, la furia degli agenti, i colpi dati alla cieca: l’orrore e l’umiliazione d’essere picchiato a sangue. E ancora l’arrivo in ospedale e la sorpresa dell’arresto, senza che qualcuno sapesse spiegarmene il motivo.

Genova per me è stato un punto di svolta e di consapevolezza. Mi ha introdotto in un mondo che non conoscevo direttamente: la violenza istituzionale, gli abusi di polizia, le menzogne di stato.

Mi ha trasformato in attivista. Mi ha fatto scoprire un’Italia che non conoscevo, soprattutto nel male—la viltà e la malafede di molte persone delle istituzioni e anche del giornalismo—ma anche nel bene: le tante persone indignate, coscienti della gravità di quanto accaduto, impegnate a cambiare il mondo senza sentirsi né ingenue né fuori della storia.

Penso che il G8 del 2001 sia stata un’enorme occasione perduta. Un movimento originale, competente, costruttivo è stato stroncato sul nascere per la volontà politica di alcuni, la cecità e l’ottusità di altri. Le sue idee e le sue proposte—le questioni del nostro tempo, annunciate e denunciate in anticipo—sono state abbandonate, addirittura criminalizzate, e andavano invece discusse, approfondite, messe in pratica. Il G8 di Genova ci lascia in eredità un enorme rammarico.

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ROBERTO SETTEMBRE, GIUDICE NEL PROCESSO D'APPELLO PER LE VIOLENZE A BOLZANETO

Fino a quei giorni, nel corso dei miei 30 anni di attività giudiziaria—pur nella temperie del terrorismo—avevo creduto che in Italia esistesse un rapporto inscindibile tra le ragioni del diritto e quelle della giustizia, garantito e tenuto in vita dalla Costituzione.

Poi ci fu il G8 di Genova 2001, e lo Stato, con i suoi apparati, lese e sospese il diritto costituzionale. Allora l’idea di quel rapporto inscindibile andò in crisi. Ancora non lo comprendevo del tutto quando affrontai il processo di appello sulle torture nella caserma di Bolzaneto sui circa 300 cittadini europei che ne furono vittime in quei giorni.

A mano a mano che approfondivo quegli eventi, mi accorsi che si era innescata una nuova dinamica sociale per cui i cittadini erano sempre meno in grado di cogliere le differenze tra ciò che è bene e ciò che è male, cioè tra il dolore giusto e quello ingiusto, avendo lo Stato il monopolio della violenza, tra innocenza e colpevolezza, tra ragione dello Stato e ragione della giustizia.

Credo che da lì sia partita l’onda di cui vediamo oggi le terribili increspature, il maroso per cui la morte degli esseri umani è disinvoltamente messa sul piatto della bilancia della ragion di Stato con una sorta di cecità ideologica.

Nella caserma di Bolzaneto si torturarono le persone senza pietà, portandole vicino alla morte fisica e distruggendole psicologicamente con le minacce di uccisione e di stupro, e il dileggio, in nome della ragion di Stato. Da anni al di là del Canale di Sicilia accade di peggio. L’Italia aiuta quei torturatori, impedisce la fuga delle vittime, punisce chi le salva.

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Le immagini che mi affiorano ricordando il G8 sono elicotteri a bassa quota, cancellate di ferro, uomini in armi, divieti di transito, zone rosse, grida, sangue e repressione violentissima. L’impressione di un improvviso vento di guerra in un tempo di pace. La nostra Costituzione stava morendo, come oggi.

MASSIMO COSTANTINI, MEDICO DEL GENOA SOCIAL FORUM

Di quei giorni a Genova mi ricordo tutto, fin dalla preparazione. Il primo giorno c’era la manifestazione dei migranti e io ero nel corteo delle Tute Bianche che è stato caricato dai carabinieri.

Mi ricordo poi di quando un gruppo di persone è venuto verso di noi correndo e gridando: “Hanno sparato a un ragazzo!” Sono arrivato in piazza Alimonda dove giaceva a terra Carlo Giuliani. Avevo la maglietta dei sanitari del Genoa Social Forum e mi sono chinato su di lui ma mi hanno detto che non c’era più niente da fare.

Il giorno dopo stavamo smontando nella sala medica della sede del Genoa Social Forum, davanti alla scuola Diaz. C’era anche mia moglie, incinta di nostro figlio, ma quando ho visto la camionetta della polizia passare per strada a passo d’uomo in mezzo alla gente le ho detto di tornare a casa perché l’atmosfera era strana. E infatti poco dopo c’è stato il blitz alla Diaz.

Le finestre della sede del Genoa Social Forum davano sulla strada e abbiamo visto la carica della polizia e lo sfondamento del cancello. Poi i poliziotti sono entrati anche da noi e ci hanno praticamente sequestrato per due ore.

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Dopo il G8 sono stato sotto choc per un po’ di tempo per via dello stress post traumatico. Quelle immagini sono indelebili dalla memoria.

In tanti abbiamo deposto al processo, testimoniando, raccogliendo prove e guardando migliaia di ore di filmati. A me nessuno ha messo le mani addosso ma l’esposizione alla violenza e alla tortura sono da considerare esse stesse forme di violenza e di tortura.

Credo che la migliore eredità del G8 sia chi si sta impegnando con i migranti, per questo ho voluto devolvere proprio a Mediterranea [l'associazione italiana che effettua salvataggi nel Mediterraneo] il risarcimento danni ottenuto con una causa civile.

Racconto sempre a mio figlio, che oggi ha 17 anni, cosa stava accadendo attorno a lui poco prima che nascesse. Non bisogna dimenticare; però bisogna andare oltre e far rivivere oggi quello spirito e quegli ideali per cui ci siamo battuti nel 2001.

VALERIA BRUSCHI, MANIFESTANTE CHE SI TROVAVA ALLA DIAZ

La prima cosa che mi viene in mente se penso al G8? Il silenzio di Piazza Alimonda, pochi secondi dopo che Carlo Giuliani è stato assassinato.

Durante le giornate del vertice mi ricordo poi l’entusiasmo e l’energia per le strade; la sorpresa, la paura, l’adrenalina di percepire che forse lo status quo potesse essere cambiato. Questo fino alla notte della Diaz: da quel momento ho smesso di essere ingenua. I fatti della Diaz e di Bolzaneto mi hanno messo bruscamente di fronte alla brutalità con cui lo Stato—attraverso la polizia—reprime il dissenso quando questo diventa troppo forte.

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Il mio rapporto con il G8 va oltre le giornate del vertice e della repressione nel 2001. Per me gran parte del G8 è costituita dai successivi processi contro la polizia, esperienza cominciata nel mio caso nel 2004 e non ancora finita.

Ho preso coscienza del funzionamento di alcune istituzioni statali e sono maturata politicamente. Parte di questa esperienza è stata l‘attività contro la repressione, lo scambio umano e di idee con tante persone.

Dopo le sentenze di Cassazione su Diaz e Bolzaneto, questo scambio così intenso è finito e, anche se forse è difficile da capire per chi non ha vissuto certe cose, mi è mancato molto. Quest’esperienza, nonostante tutto, mi ha arricchito di conoscenza e rapporti umani. Ho investito molto tempo a seguire i processi, informarmi, prepararmi a testimoniare con le altre parti civili e andare a Genova alle udienze.

CARLO A. BACHSCHMIDT, CONSULENTE TECNICO E REGISTA

Ricordo con piacere l’anno e mezzo di lavoro preparatorio: un’esperienza unica in cui organizzazioni lontane tra loro, quelle autonome e quelle cattoliche, hanno iniziato a dialogare e collaborare.

Ero volontario del Genoa Social Forum, mi occupavo della segreteria. Dopo sono diventato consulente tecnico per gli avvocati: abbiamo costituito il Legal Forum, l’ufficio per aiutare il lavoro dei processi vagliando foto, video, materiali e denunce. Il G8 ha influenzato la mia vita, anche sul fronte professionale. All'epoca del G8 facevo parte di un’associazione di promozione sociale, subito dopo i fatti del luglio 2001 ho lasciato la mia attività per dedicarmi a tempo pieno ai processi come consulente tecnico di parte.

Nel 2011, alla fine dei dieci anni di processi, ho girato il documentario Black Block per dare voce alle parti offese degli unici due capitoli del G8 che non hanno immagini: quello alla Diaz e quello alla caserma di Bolzaneto.

Quella notte, in quei due luoghi, hanno silenziato il movimento no global, reprimendolo totalmente. È stato un momento storico che non ha avuto effetto, non ha portato a nessuna reazione politica degna di nota. Il G8 non ha lasciato alcun segno se non sulle persone che l’hanno vissuto. Se non ci fossero stati i processi, ora forse non ricorderemmo il diciottesimo anniversario del G8 di Genova.

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