Al di là degli scontri tra i leader e la competizione tra i grandi partiti, in Italia esiste una politica parallela pressoché inesplorata e popolata da liste con nomi strani, regole sui generis, personaggi bizzarri e idee non convenzionali—una specie di Sottosopra, per intenderci.
Questo mondo rovesciato rimane quasi sempre sotto la superficie, salvo riemergere in un’occasione specifica: la presentazione dei simboli al ministero dell’interno. Per le elezioni anticipate, questo rito è andato in scena il 12 e il 14 agosto; i contrassegni depositati sono stati 101, mentre quelli ammessi sono stati 75.
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In pochi però finiranno sulla scheda elettorale che avremo in mano il prossimo 25 settembre. In base alla legge elettorale (il cosiddetto “Rosatellum”), per partecipare i partiti devono presentare un minimo di 750 firme in ognuno dei 49 collegi plurinominali della Camera e dei 26 del Senato, per un totale di oltre 56mila firme.
Nonostante ciò certe liste e certi simboli meritano comunque un approfondimento perché, come ha ricordato a Pagella Politica il giornalista Gabriele Maestri (autore del sito I simboli della discordia che si occupa proprio di simboli elettorali), “rappresentano un’umanità varia che restituisce uno specchio dettagliato della società italiana.”
Qui di seguito ho raccolto un paio di esempi degni di nota.
Le liste “antisistema,” “no green pass” e antivacciniste
La caduta del governo Draghi ha portato alla creazione di un variegato—e litigioso—fronte “antistema,” che punta a recuperare i voti di tutte quelle persone convinte che Bill Gates voglia sterminarci con i vaccini e che la pandemia di Covid-19 sia stata un pretesto per instaurare una spietata “dittatura sanitaria.”
Il progetto più ambizioso in tal senso—e che potrebbe addirittura superare la soglia di sbarramento del 3 percento—è quello dell’ex senatore del M5S (poi fuoriuscito) Gianluigi Paragone, il fondatore del partito ItalExit che nel corso dell’emergenza sanitaria ha abbracciato praticamente tutte le posizioni antiscientifiche, antivacciniste, riduzioniste e complottiste sulla pandemia. Come suggerisce il nome stesso, ItalExit vuole uscire da tutto: Unione Europea, euro e Nato.
Oltre al partito di Paragone spicca la coalizione—anche se sarebbe più corretto parlare di “accozzaglia”—Italia Sovrana e Popolare, che tiene insieme un po’ di tutto: il Partito Comunista di Marco Rizzo, Ancora Italia (da cui è recentemente uscito il filosofo rossobruno Diego Fusaro), Azione Civile dell’ex magistrato Antonio Ingroia, lo youtuber Lambrenedetto XVI, la senatrice putiniana ex-M5S Bianca Laura Granato, formazioni apertamente fasciste e altri partitini.
C’è poi un altro cartello elettorale: VITA, capeggiato dall’ex deputata complottista Sara Cunial. Anche in questo caso c’è dentro un po’ di tutto: la formazione antivaccinista Movimento 3V (che significa Vaccini Vogliamo Verità), il No Paura Day (un movimento che ha organizzato molte manifestazioni anti-restrizioni), le Sentinelle della Costituzione dell’avvocato no green pass Edoardo Polacco, il Popolo delle Mamme, l’Alleanza Italiana Stop 5G e l’Unione Popolare dell’attore Enrico Montesano.
Per finire va citata Alternativa per l’Italia, la strana alleanza tra il Popolo della Famiglia dell’ultracattolico Adinolfi e il movimento Exit di Simone Di Stefano, l’ex leader di CasaPound che lasciato i “fascisti del terzo millennio” in disaccordo con la linea tenuta durante la pandemia.
Gilet Arancioni
L’ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo è una specie di Forrest Gump nostrano: un personaggio che in un modo o nell’altro ha attraversato la storia di questo paese, ben oltre le sue intenzioni o reali capacità.
Negli anni Novanta ha fatto discutere una sua proposta di “alleanza” tra carabinieri e popolo, contenuta in una relazione dal forte retrogusto golpista; negli anni Dieci è stato animatore delle proteste dei Forconi e ha cercato di arrestare per strada un deputato di Forza Italia; e nel periodo pandemico ha organizzato la prima grossa manifestazione anti-restrizioni, subito dopo la fine del primo lockdown.
Dopo un periodo in cui era un po’ sparito dalla circolazione, ora si è rimesso di nuovo in gioco con i suoi Gilet arancioniun movimento nato nel 2019 e ispirato dall’esperienza dei gilet gialli francesi, che per il colore gli ha fatto guadagnare l’appellativo di “Generale Aperol.”
Il primo punto del programma è molto semplice: “rimettere Roma e l’Italia al centro del mondo.” Tra gli altri punti principali si segnalano “l’accertamento scientifico [del Covid-19] per verificarne la pericolosità pandemica e la sua letalità,” le “dimissioni immediate di Sergio Mattarella, governanti e parlamentari in quanto abusivi e illegittimi,” e l’entrata in vigore della “lira italica” (che avrebbe il cambio di 1 a 1 con l’euro).
In un’intervista del Tg3—circolata molto sui social—Pappalardo ha spiegato che intende anche “portare avanti il messaggio di Cristo,” che sarebbe il seguente: “I ta pai ee eeeeeeh.”
Rivoluzione Sanitaria
Il simbolo più diretto di queste elezioni è senz’ombra di dubbio quello di Rivoluzione sanitaria: una ghigliottina stilizzata, e nient’altro.
La lista, che si presenta per la prima volta alle elezioni, è stata fondata dal giornalista Adriano Panzironi—il controverso fondatore di Life120, un regime alimentare che promette (senza alcuna base scientifica) di far vivere le persone fino a 120 anni grazie agli integratori venduti dallo stesso Panzironi, e addirittura di poter curare malattie gravi.
Nel 2019 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha comminato una multa di 260mila euro nei suoi confronti per la diffusione di contenuti pericolosi per la salute, mentre l’Ordine dei giornalisti l’ha sospeso per otto mesi. Nel 2021 Panzironi è stato assolto dall’accusa di truffa, mentre attualmente è sotto processo per esercizio abusivo della professione medica.
Nel presentare la sua candidatura, l’uomo ha scritto sulla sua pagina Facebook che “preferisco combattere in trincea che da un comodo divano con il telefonino in mano.” Uno degli obiettivi della campagna di Panzironi è, come dire, molto ambizioso: “ridurre la mortalità italiana del 50 per cento.”
Per farlo, serve per l’appunto una “rivoluzione sanitaria” da attuare attraverso il programma in 13 punti—tutti incentrati sulla riforma del sistema sanitario nazionale, la revisione delle etichette degli alimenti e la modifica dei fogli illustrativi dei farmaci.
Naturalmente, nel programma non può mancare una strizzata d’occhio agli antivaccinisti: al punto cinque si vuole infatti riconoscere il diritto di “obiezione di coscienza” per i medici su “qualsiasi trattamento sanitario, compreso la somministrazione di vaccini.”
Sacro Romano Impero cattolico e pacifista
Anche se in pochi lo sanno, il Sacro Romano Impero è—insieme alla Lega—uno dei più antichi e longevi partiti italiani.
È stato fondato nel lontano 1987 da Mirella Cece, un’avvocata che da oltre trent’anni si presenta per prima al Viminale per presentare il simbolo, cede il suo posto alle due persone dietro di lei e si mette terza, un numero che ritiene “perfetto.”
Il contrassegno del Sacro Romano Impero, tempestato di scritte in latino e dell’effigie della fondatrice, è stato invece depositato per la prima volta nel 1999 e finora non ha mai preso un voto. Fino a qualche anno fa, come avevamo scritto in un articolo apposito, le poche informazioni si potevano ricavare dal sito ufficiale fermo agli anni Novanta.
Il partito, si leggeva, è concepito “come proprietà privata” di Mirella Cece; ci si poteva iscrivere “come simpatizzanti o sostenitori” previo pagamento di una quota di 5 o 10 milioni di lire all’anno. Come ha spiegato la stessa in un’intervista con le agenzie di stampa, è “nato tutto da una battuta: mi hanno detto che ero un personaggio del Sacro romano impero. Andai alla stazione, comprai un libro di araldica, tagliai una corona e ci misi la mia foto.”
Oltre a una vaga ispirazione monarchica, del programma non se n’è mai saputo nulla. Ma del resto, che importa? Secondo Gabriele Maestri, la vera funzione di Cece è un’altra: quella di essere la “grande cerimoniera” del “grande rito democratico” che è il deposito dei contrassegni.
Partito della Follia creativa
Il Partito della Follia creativa è l’ultima creatura politica dello “psicosessuologo” Giuseppe Cirillo, in arte il “Dottor Seduction,” che negli anni scorsi si è presentato in alcune elezioni locali con altri simboli—tra cui il Partito delle buone maniere, il Partito dei preservativi gratis e Impotenti esistenziali.
L’anno scorso, alle amministrative di Roma, aveva messo tra i punti del suo programma la “distribuzione agli anziani di strisce pedonali portatili” per “mantenere decorosa la capitale, che ha strade fatiscenti con buche, colme di barriere architettoniche e strisce pedonali invisibili.”
Nel simbolo del Partito della Follia si vede una caricatura di Cirillo avvinghiato a una sirena. In un’intervista rilasciata al sito di Maestri, l’uomo ha detto che la follia rappresenta il “filone comune di tante mie iniziative da decenni: mi riferisco all’essere un po’ fuori dalle righe, borderline, al lanciare di frequente provocazioni a volte utili e a volte—lo riconosco io stesso—superflue.”
Menzione d’onore: Better Call Pierluca
Per finire, c’è il simbolo più denso di questa tornata: quello del Movimento per l’instaurazione del socialismo scientifico cristiano – No alla cassa forense, fondato dall’avvocato Pierluca Dal Canto, un altro professionista di lungo corso nel deposito dei contrassegni.
Il logo contiene praticamente tutti i punti programmatici: “no allo strategismo,” abolizione del signoraggio (una vecchia teoria del complotto pseudoeconomica), “no cavie” e “no carta verde,” “no moneta elettronica.” In caso di dubbi, poi, “Better call Pierluca”—meglio chiamare Pierluca.
Purtroppo il simbolo non è stato ammesso dal Viminale, ma il riferimento a Saul Goodman delle serie Breaking Bad e Better Call Saul gli garantirà un posto d’onore nell’olimpo dei più assurdi contrassegni italiani.