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Chi non ha seguito—ossia la maggior parte della popolazione—le infinite scissioni che hanno frammentato quello che rimane del comunismo in Italia, potrebbe non sapere che qui esiste ancora il Partito Comunista.
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Di ispirazione rigorosamente marxista-leninista, questo “nuovo” Partito Comunista rinasce nel gennaio del 2014, quando la sigla Comunisti Sinistra Popolare—formatasi nel giugno 2009 da una scissione del Partito dei Comunisti Italiani, che a sua volta era il prodotto di una divisione interna di Rifondazione Comunista—ha deciso di ritornare, almeno nella titolazione, alle origini.
Il leader del partito è, naturalmente, Marco Rizzo. Ex di PCI e Rifondazione Comunista, nonché parlamentare ed europarlamentare per diversi anni, ultimamente si è fatto notare principalmente per aver espresso posizioni non allineate—come mandare un telegramma di cordoglio dopo la morte del dittatore Kim Jong Il e definire la Corea del Nord “uno dei pochi paesi al mondo che resiste […] all’imperialismo capitalista.”
Leggendo dai pratici documenti congressuali, che necessitano di almeno due mouse per essere scrollati fino in fondo, l’obiettivo del partito è piuttosto semplice: “L’abbattimento del capitalismo parassitario e moribondo per costruire il Socialismo-Comunismo, per la liberazione dell’umanità dal giogo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.”
Certo, è difficile realizzare una Rivoluzione di questa portata quando ci sono più cariche dirigenziali e organismi interni che iscritti; ciò nonostante, il Partito è sempre prodigo di direttive e indirizzi politici per i suoi militanti. Qualche giorno fa, ad esempio, è stato pubblicato sul sito ufficiale il regolamento “per uso Facebook ed ogni altro social-network,” votato all’unanimità dal Comitato Centrale del partito, si presume dopo estenuanti discussioni.
Siamo pur sempre nel terzo millennio e i social hanno un ruolo fondamentale, anche se il tuo approccio ideologico alla realtà è rimasto bloccato a Mosca negli anni Cinquanta del secolo scorso.
La premessa principale è che la regolamentazione dei “social-network,” la cui natura porta “oggettivamente all’ indivividualismo e alle peggiori performance di protagonismo,” debba essere condotta seguendo la più ferrea “dottrina leninista dell’organizzazione.”
Anzitutto, il comunista del 2015 non potrà fare “considerazioni e analisi politiche generali autonome,” perché quel compito è riservato solo agli account ufficiali del partito. Non dovrà nemmeno “taggare” altri membri del partito, sempre su “questioni politiche, storiche, filosofiche e culturali”; di contro, però, è fortemente “auspicabile” la condivisione dei “post degli organi nazionali.” Questi.
L’ultima raccomandazione, che vale la pena riportare per intero, è la seguente: “La pubblicazione di fotografie e filmati di manifestazioni del Partito devono esser improntate alla massima efficacia propagandistica e consapevolezza politica dell’evento.”
Ieri, di fronte alle reazioni ironiche dei giornali “borghesi” e agli sberleffi dei troll capitalisti degli utenti, il Partito Comunista non l’ha presa benissimo, e ha reagito pubblicando un agile comunicato politico di ottomila battute in cui cerca di spiegare il regolamento.
Sintetizzando al massimo, il documento afferma che il compito del tecno-comunista è quello di comprendere il funzionamento di questi nuovi mezzi creati dal progresso tecnologico e “sfruttarli a proprio vantaggio.” A ogni modo, il Partito “non vieta l’utilizzo di facebook e twitter,” ma si limita a “normare l’azione dei propri militanti,” che non devono lasciarsi abbindolare dalle sirene turbocapitaliste dei social ma piegarle ai propri fini e realizzare il paradiso socialista in Italia.
Per quanto il tutto sia assurdo, l’aspetto veramente peculiare non è tanto il regolamento in sé—qualsiasi struttura che voglia evitare pasticci comunicativi adotta misure simili—ma il tono incredibilmente anacronistico con cui viene espresso, unito a uno stile di scrittura da PCUS che sfida ogni sprezzo del ridicolo.
In più, questo scarto con l’effettiva realtà del 2015 è in un certo senso commovente, perché è evidente che a chi scrive queste cose non frega assolutamente nulla di sembrare pesantissimo, noioso o fuori dalla storia—anzi, è un tratto identitario da sbandierare con orgoglio.
Del resto, lo rivendicano loro stessi nello spiegone di ieri sera: ” Vi hanno dato fastidio queste regole? Inorridite di fronte a concetti come centralismo democratico, organizzazione, disciplina? Ne siamo contenti perché di voi non abbiamo bisogno.”
Comunque, se fossi un militante comunista non avrei dubbi su quale fotografia usare per imprimere la “massima efficiacia propagandistica” all’attività del Partito: quella di Marco Rizzo che compie gesti rivoluzionari in una bocciofila.
Sono sicuro che Vladimir Il’ič avrebbe apprezzato.
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