La settimana scorsa sono comparso su ISideWith.com, un sito che combina gli utenti con il candidato alla presidenza più adatto a loro, sulla base di un questionario politico di cinque minuti. Il traffico al mio sito è salito alle stelle, con il numero di utenti che ha raggiunto i 43 milioni. Ci sono quasi 1900 candidati alla presidenza 2016 registrati, ma solo otto di noi ancora in corsa sono tra i profili di ISideWith.
Questa cosa sottolinea una verità scomoda sulla politica americana: la corsa alla presidenza è in pratica una gara mediatica. In caso qualcuno ne dubitasse, il caso esplicativo per eccellenza è Donald Trump. Se puoi comparire regolarmente e con prepotenza sui canali mediatici principali, puoi anche candidarti alla presidenza. Se non puoi, allora nessuno sa chi sei—per quanto grandiose possano essere le tue idee o la tua esperienza.
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A Ottobre 2014, quando ho formato il Partito Transumanista—focalizzato sulla scienza e la tecnologia—e intrapreso il mio percorso come candidato, ero abbastanza naive. Immaginavo che sarei entrato nella scena politica americana con un balzo, avrei visto il mio nome su un mucchio di schede elettorali, e la mia corsa per la Casa Bianca sarebbe stata di tutto rispetto. Non ho mai pensato che avrei vinto, ma credevo di poter sfidare e possibilmente cambiare un sistema politico già ampiamente criticato.
Mi sbagliavo. Il sistema è praticamente impenetrabile, incatenato da regole progettate decenni se non secoli fa. Queste regole sono pensate apposta per tenere i radicali come me lontano—anche quando i due candidati principali sono osteggiati fortemente dalle persone, come sta succedendo in questo ciclo. Tanto per cominciare, ci vogliono diversi milioni di dollari per arrivare sulle schede elettorali degli stati cruciali, come lo stato dove vivo, la California, dove il mio nome non compare né sulle schede né tra i candidati esterni. Questi milioni di dollari servono per pagare un esercito di addetti ai lavori che bussano porta a porta per ottenere circa 880.000 firme, necessarie perché un indipendente ottenga l’accesso alle schede di tutti e 50 gli stati. E ottenere quelle firme a supporto di un candidato transumanista non proprio ortodosso come il sottoscritto è ancora più difficile. Con un costo che va dai 3 ai 10 dollari a firma.
Per mettere le cose ben in chiaro, consideriamo il caso del Partito Libertario, il terzo partito per dimensioni in America. Per la prima volta dal 1996, il candidato del partito, l’ex governatore del New Mexico Gary Johnson, sarà sulle schede di tutti e 50 gli stati. Vent’anni è un periodo bello lungo da aspettare prima di comparire di nuovo sulle schede elettorali. Non avrà molta importanza in termini di voti, dato che le campagne della Clinton e di Trump hanno ricevuto almeno 25 volte i contributi che ha ricevuto Johnson—e, come ho imparato io stesso, la corsa alla presidenza è soprattutto una questione di risorse, non di capacità di comando o di carisma.
Con uno svantaggio tale per la mia candidatura e il mio piccolo partito politico, ho scelto di evitare la battaglia per comparire sulle schede e mi sono invece concentrato sui media per riuscire a portare avanti il movimento transumanista. Dopo tutto, è successo molto raramente che partiti indipendenti abbiano condizionato il risultato delle elezioni in America. Che ci piaccia o no, restiamo sempre con un capo di governo che ha la testa di un elefante o quella di un asinello.
La buona notizia, però, è che internet ha trasformato la corsa alla presidenza in un ottimo metodo per attirare l’attenzione delle persone verso una causa come quella transumanista. Bastano cinque minuti per compilare un modulo di candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, ma la legittimità nella mente di molte persone è reale. Alcune persone utilizzano la propria candidatura a buon fine, come il Partito Nutrizionista e il suo esponente Rod Silva, che sta cercando di migliorare il modo in cui gli americani mangiano. O il Partito della Marijuana, che vuole legalizzare l’erba e porre fine alla War on Drugs.
È un onore per me aver visto il transumanesimo crescere così tanto durante la mia candidatura. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di dire al mondo che la scienza e l’innovazione tecnologica stanno accelerando sempre di più i propri processi, e, come nazione, dobbiamo reagire al fenomeno con politiche pratiche e lungimiranti. Se non lo facciamo, potrebbe portare a una disuguaglianza sociale ancora più ampia, a un futuro che somiglia sfacciatamente a una distopia, e a una crisi ambientale globale gravissima.
Prendiamo l’esempio della manipolazione genetica. La Cina è il paese più vicino a creare bambini su misura—dall’intelligenza e forza potenziate—ma la Clinton e Trump non vogliono toccare l’argomento, restando concentrati su scandali sessuali ed email. Come si sentiranno tra vent’anni, quando una nuova generazione di bambini cinesi sarà geneticamente più intelligente e forte degli americani?
La farsa della politica americana non è mai apparsa così chiaramente come durante i dibattiti presidenziali del 2016. Non c’è stata alcuna domanda importante sul cambiamento climatico, nonostante sia una preoccupazione condivisa da tutti. Né alcuna domanda sull’intelligenza artificiale, nonostante la mia consulenza con la US Navy confermi il fatto che, in fatto di sicurezza nazionale, l’argomento sia tra i più discussi del 21esimo Secolo.
Il 19 ottobre, insieme a Gary Johnson, Jill Stein e Evan McMullin, ho partecipato a un dibattito online su ISideWith, dove abbiamo risposto alle stesse domande che Chris Wallace aveva posto alla Clinton e a Trump durante il terzo dibattito, in tempo reale. Mi ha sconvolto notare come non ci fosse alcuna domanda relativa a scienza e tecnologia. Niente ha condizionato—o condizionerà—il popolo americano come la scienza e la tecnologia. L’aspettativa di vita media nel mondo si è raddoppiata dall’inizio del secolo scorso, e penso che possa raddoppiare ancora nel giro dei prossimi 25 anni—una realtà che condizionerebbe drammaticamente i settori della previdenza sociale, del welfare e della sanità. Internet ci ha fornito la capacità di comunicare istantaneamente da un angolo all’altro del pianeta—aprendo anche a nuovi modelli di voto possibili. E i robot sono destinati a sostituirci in un gran numero di lavori entro questo secolo—lasciando disoccupati quasi tutti (probabilmente anche il presidente).
Queste non sono questioni secondarie. Queste sono le preoccupazioni più pressanti di cui dovrebbe occuparsi la politica—non il fatto che Trump sia un misogino o che la Clinton abbia perso le sue email.
Per la miseria, America, datti una svegliata! Queste parole sono il risultato di due anni di campagna: incredulità davanti al fatto che persone sane di mente possano aver accettato le stronzate di questo gioco ridicolo. Come ho spiegato ad Anonymous qualche settimana fa, quando mi hanno intervistato sul loro podcast: L’intera giostra delle elezioni è controllata dalle corporazioni nelle stanze dei bottoni e dalla classe ultra-ricca. Qualsiasi cosa, dai media, alle macchine per votare, alle scarpe che indossate per camminare fino alla cabina elettorale, fa parte della loro creazione. Siete guidati dai leader che disprezzate e state diventando persone che non volete essere. Ecco cos’è diventata la politica in America. E abbiamo tutti lasciato che succedesse.
Fatta eccezione per la campagna di crowdfunding con cui ho finanziato l’Immortality Bus, non ho preso un centesimo in donazioni per la mia campagna presidenziale. Ho fatto questa scelta perché penso che sia impossibile avere elezioni oneste quando ci sono di mezzo grosse quantità di soldi. In cima alla mia lista su come rendere l’America davvero grandiosa, c’è una riforma radicale delle leggi sui finanziamenti delle campagne politiche, così che nessun candidato abbia uno svantaggio. La seconda cosa da fare è riformare la copertura mediatica. Deve esserci un modo per portare i candidati minori alla ribalta—e non solo per vendere pubblicità per i conglomerati mediatici, ma perché questi candidati hanno idee valide e innovative.
Terzo—e questo è critico—dobbiamo includere i sondaggi di tutti i candidati. Sono comparso solo in un semi-sondaggio, un report di iQuanti basato sui Google Trend. Mi hanno messo quarto tra i partiti indipendenti. La mia campagna è durata oltre due anni, tra dibattiti, proteste in strada, interviste con media grossi, e via dicendo. E sono comparso solo in un sondaggio. Non stupisce il fatto che il sistema non cambi—nessuno ha sentito parlare di me, nonostante sia un giornalista affermato nella comunità tecnologica e scientifica. Il governo dovrebbe mettere le mani nel sistema dei sondaggi per assicurare che i candidati indipendenti siano oggetto di analisi regolare, così che non passino il proprio tempo e le proprie risorse tentando di affermare il proprio riconoscimento nominale.
Alla fine, se dovessi apportare un solo cambiamento sistematico, mi concentrerei sul processo elettorale, implementando un sistema di votazione a classifica. Questo sistema permetterebbe alle persone di votare i candidati indipendenti, ma, qualora il voto si dimostrasse inutile perché incapace di intaccare il risultato elettorale, andrebbe al secondo candidato nella classifica dell’elettore. Decine di milioni di americani non approvano la Clinton e Trump, ma sentono di dover votare per uno dei due perché altrimenti il loro voto andrebbe sprecato. Un sistema di votazione a classifica eliminerebbe il problema.
Le elezioni del 2016 non rappresentano un’anomalia. L’odio, il vetriolo, la nausea che tanti di noi provano sono reali. L’America è una nazione dolorosamente divisa, e senza modifiche sistematiche e ad ampio spettro al processo elettorale, le cose resteranno sempre così. Questo cambiamento inizia con un voto per i partiti e i candidati esterni al monopolio bipartisan che è diventata l’America. Il cambiamento inizia anche nel momento in cui comprendiamo che l’America è una macchina corporativa arrivista e cieca, e che, come in tutte le aziende, i lavoratori possono farsi valere scioperando, protestando e facendo in modo che la loro volontà sia ascoltata.
Zoltan Istvan è un futurista, autore di The Transhumanist Wager, fondatore e candidato presidenziale per il Partito Transumanista. Ogni tanto scrive per Motherboard a proposito del futuro che va oltre le capacità naturali dell’uomo.