FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Mangiare funghetti è un po' come sognare

Gli ultimi risultati di una risonanza magnetica mostrano l'aumento dell'entropia in parti simili del cervello nel sogno e nel "trip".
Image: Erik Fenderson

Se avete provato i funghi allucinogeni sapete già quanto il collegamento sogni/trip sia veritiero, anche se non avete fatto una risonanza magnetica cerebrale (fMRI). Il trip è molto spesso una sorta di sogno ad occhi aperti, dove la spiritualità diventa una sensazione fisica tanto quanto la fame, o il caldo. Il mondo non ha più confini, il tempo ha un ritmo estatico, tra un rutto e l'altro. Detto questo, se non l'avete mai provato, non mi sentirei di consigliarvelo. La buona notizia però è che anche il più bacchettone tra noi fa esperienza di qualcosa simile al trip ogni notte: nei sogni.

Questa similitudine si verifica in un modo reale, fisiologico: uno studio pubblicato da alcuni ricercatori dell'Imperial College di Londra ha mostrato le eccezionali analogie tra il funzionamento cerebrale nello stato onirico e nel trip, nello specifico quello indotto dal principio attivo contenuto nei funghi allucinogeni, la psilocibina.

Pubblicità

I ricercatori hanno considerato un campione di 15 volontari e hanno iniettato loro psilocibina, o un placebo, mentre veniva effettuata una risonanza magnetica cerebrale. Utilizzando un marker chiamato segnale BOLD (blood oxygen level dependent signal), il team è stato in grado di fare una mappatura dell'attività cerebrale sotto gli effetti della sostanza.

È stato scoperto che, sotto l'effetto della psilocibina, le parti del cervello responsabili del pensiero di alto livello—la consapevolezza o la coscienza di sé, la risoluzione dei problemi, i processi decisionali—non sono più sincronizzate tra loro, e l'effetto è quello di un'attività cerebrale “sconnessa e scoordinata.” Allo stesso modo, un trip incrementa l'attività in aree più primitive del cervello, come quelle responsabili della memoria, dell'emozione e dell'eccitamento; queste regioni sono in un certo senso “amplificate”. Non è difficile immaginare il potenziale di una combinazione di effetti del genere.

“Ero affascinata dalle similitudini tra il tipo di attività cerebrale nello stato allucinogeno e nello stato onirico, soprattutto perché entrambe riguardano le aree primitive del cervello collegate all'emozione e alla memoria,” afferma la dottoressa Robin Carhart-Harris.

“Il trip indotto dalla psilocibina viene spesso descritto come simile allo stato onirico, e le nostre scoperte, per la prima volta, hanno fornito una dimostrazione fisica di questa esperienza cerebrale.” La differenza, ovviamente, è che solo uno di questi trip può essere provato mentre si è svegli attorno a un falò in qualche deserto.

Pubblicità

Carhart-Harris evidenzia che non è una scoperta inutile, la comprensione approfondita degli effetti di sostanze come la psilocibina è un primo passo verso la comprensione della loro utilità in un contesto terapeutico. “Stiamo studiando gli effetto dell'LSD sulla creatività e cercheremo anche di capire se la psilocibina possa essere utile per alleviare i sintomi della depressione, permettendo ai pazienti di cambiare le proprie rigide strutture mentali orientate al pessimismo,” ha affermato. “Le sostanze psichedeliche vennero usate per scopi terapeutici negli anni '50 e '60, ma ora stiamo finalmente iniziando a comprendere la loro azione dal punto di vista cerebrale, e questo potrebbe servire per farne un buon utilizzo.”

I parametri ottenuti dal team sono affascinanti anche da un punto di vista entropico. L'entropia, propriamente, è la misura della casualità possibile in un sistema—solitamente in sistemi meccanici meno viscidi e, soprattutto, meno vivi del nostro cervello. Dalla risonanza magnetica dell'attività cerebrale durante l'esperimento è stato possibile osservare alcune reti neurali da questo punto di vista: ci si è concentrati su quello che il cervello aveva la possibilità di fare, non quello che stava facendo in quel momento.

È risultato che ci fosse più entropia, dunque più potenzialità, nelle regioni più primitive del cervello. Questo, secondo il team guidato da Carhart-Harris, potrebbe essere responsabile di quella “espansione della mente” di cui parlano i consumatori di allucinogeni.

Pubblicità

In termini più blandi, l'entropia misura la complessità delle reti. E cosa si intenda per complessità dal punto di vista cerebrale è ancora da decidere. Uno studio pubblicato quest'anno su Frontiers of Human Neuroscience ha svelato che in cervelli sobri la complessità crescente all'interno di specifiche reti neurali corrispondeva a una connettività meno funzionale a livello complessivo, almeno su una scala temporale a "grana fine". Quindi più una parte del cervello è impegnata verso l'interno, meno si rivolge all'esterno.

L'espansione della mente, quindi, sarebbe un compromesso, e da un punto di vista più grossolano (in scala maggiore), la complessità avrebbe l'effetto opposto dell'aumento di sincronizzazione. Tutto dipende davvero dalla specifica attività cerebrale.

“Questa struttura è la più coerente con l'ipotesi che la complessità neurale sia collegata alla sincronia neurale, o con l'idea che l'elaborazione di informazioni sia massimizzata quando i neuroni non sono sincronizzati su una scala temporale a grana fine,” ha suggerito lo studio. Quindi possiamo immaginarci l'attività cerebrale (o le sue funzioni e i suoi metodi) che si frammenta in pezzi sempre più piccoli dal punto di vista temporale, perda la sincronia, lasciando che siano le reti neurali individuali ad affrontare l'elaborazione.

Ma se l'attività diventa più estesa, è più probabile che avvenga uno scambio. Si possono considerare gli effetti dei funghetti e lo stato onirico come un'enfatizzazione di specifiche regioni del cervello. L'esperienza di alcune sensazioni, come l'amore, viene amplificata a spese del senso della coscienza di sé. Espansione e contrazione, contemporaneamente.

Forse l'amore provato durante un trip è meno “tuo”? È sicuramente una considerazione interessante.