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Italia

Perché non uso il mio cognome e perché non lo cambio all'anagrafe

"Ma se non vuoi usare il cognome di tuo padre, perché non te lo fai cambiare all'anagrafe?" Ecco.

Qualche giorno fa sono stato bannato da Facebook. Non è stato un trauma perché non è che ci abbia mai fatto grandi cose, ma comunque è un bel fastidio dover ricostruire da capo tutta una rete di relazioni che avevo lentamente accumulato negli anni e nelle varie fasi della mia vita—dover chiedere di nuovo l'amicizia a tutta la gente di quartiere, del liceo, del mio ambiente lavorativo.

Nel mio caso infatti non si tratta di un ban temporaneo, di quelli che prendi quando scrivi una parola in blacklist e qualcuno dei tuoi simpaticissimi amici ti segnala per scherzo. O quando pubblichi cose ritenute pericolose. Facebook mi ha disattivato l'account e adesso per riaverlo mi chiede di consegnargli un documento, così da dimostrare che il mio nome su Facebook corrisponde al mio nome nella realtà. Cosa che però—piccolo problema—non posso fare.

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Perché il cognome che ho su Facebook, che è lo stesso con cui mi presento nelle occasioni sociali e con cui sono conosciuto tra gli amici e al lavoro, non è il cognome che ho sui documenti, a cui rispondo agli appelli d'esame in università, che uso per farmi pagare. Non è il mio vero cognome insomma. È il cognome di mia madre: Salvia.

Ci sono due motivi per cui lo uso. Uno è puramente eufonico: "Mattia" e "Salvia" sono due parole con lo stesso numero di sillabe e di lettere, con le stesse vocali che occupano le stesse posizioni, quindi come nome suona bene. L'altro è più personale nonché più banale e riguarda i difficili rapporti con mio padre. Padre che da un po' di tempo ho ricominciato a frequentare ma con cui non ho parlato per anni durante l'adolescenza. Diciamo che ho iniziato a rifiutare il mio cognome paterno per questo motivo e poi, col tempo, ho continuato a preferire quello materno per questioni estetiche.

Ovviamente il fatto di essere conosciuto con un nome in certi contesti e con un altro in altri crea problemi. In linea di massima non si tratta di cose gravi: più che altro sono fastidi come l'essere bannato da Facebook e non poterci fare nulla, il dover spiegare tutta la storia a qualcuno che per caso si trova in mano la mia carta d'identità o minori imbarazzi burocratici quando devo farmi pagare e sui documenti la gente si ritrova un nome che non aveva mai sentito prima.

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La cosa più fastidiosa, semmai, è una questione mentale che cerco di dimenticare ma che riemerge piuttosto di frequente. È una sorta di schizofrenia che mi fa pensare a me stesso come una persona con due nomi e due identità diverse che vengono fuori a seconda delle situazioni. Penso che questo, più che ai miei due nomi, sia legato all'esperienze che ho vissuto con quei due cognomi, al fatto che al primo siano collegate prevalentemente esperienze negative e al fatto di dover continuare mio malgrado ad averci a che fare finché continuerà a stare sui miei documenti.

"Ma scusa, allora perché non te lo fai cambiare all'anagrafe?" Mi sono sentito dire cose così milioni di volte e col tempo mi sono anche informato per farlo. Una volta era una cosa molto complicata, ma da qualche anno a questa parte la procedura è stata semplificata e adesso basta fare domanda alla Prefettura e aspettare di ricevere l'autorizzazione. Perché questa arrivi bisogna soddisfare una serie di requisiti, che servono ad appurare che tu abbia una buona ragione per cambiare cognome e per scegliere quello che vorresti portare.

Se il tuo cognome originario è volgare, offensivo o ti crea problemi di qualsiasi tipo, oppure se dietro il cambio c'è una valida motivazione di tipo affettivo—ad esempio, l'avere brutti rapporti con il proprio padre o il voler a tutti i costi portare il cognome della propria madre che altrimenti si estinguerebbe—tendenzialmente i vari Culetto Rosa, Felice Mastronzo e tutti gli altri potrebbero vedersi accettata la richiesta. Fatto questo, bisogna affiggere per 30 giorni un avviso sull'albo pretorio del comune di nascita e di quello in cui si risiede. Se trascorso quel periodo nessuno ha fatto obiezioni, è andata. Nuovo cognome, nuova vita.

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Fino a qualche tempo fa rientravano in questa categoria anche le persone che volevano assumere il cognome materno in aggiunta a quello paterno, ma dal 2016 le cose sono cambiate. Non c'è ancora una legge in materia—un disegno di legge che sancirebbe la possibilità di dare ai figli il doppio cognome, approvato alla Camera nel 2014, è ancora fermo in Senato—ma il precedente di una sentenza della Consulta, nata dal ricorso di una coppia italo-brasiliana che aveva chiesto di registrare il proprio figlio con il doppio cognome e si era vista negare questa possibilità.

A voler cambiare il proprio cognome sono poi anche figli di immigrati il cui cognome è stato italianizzato dai genitori e che vogliono tornare a portare quello originale, o italiani con un nome straniero stanchi di sentirsi fare domande su "da quanto tempo sono in Italia."

Comunque, per rispondere alla domanda sul perché non cambi il cognome: nella maggior parte dei casi il motivo per cui chi vuole cambiare cognome finisce per non farlo sta nelle pressioni sociali. La trasmissione del cognome per via patrilineare non è scritta da nessuna parte nel diritto civile, ma si fonda su una mera consuetudine. Proprio per questo l'idea che sia la normalità è ben difficile da sradicare e farsi cambiare il cognome di solito viene visto come un "rifiuto" o un "tradimento."

Nella maggior parte delle testimonianze che si trovano su internet è chiaro come sia questo il freno più importante. "Ho un cognome campagnolo e stupido, con una pronuncia davvero ridicola," scrive un utente su un forum in un topic al riguardo. "Vorrei cambiarlo, ma i miei non sono d'accordo con queste cose. Si lamentano che perderei la mia provenienza." Altri raccontano di non averlo fatto per questo motivo e di essersene pentiti. "Ottenuto il passaggio sta a te fare tutte le dovute comunicazioni a motorizzazione, stato civile, assicurazioni, datore lavoro, previdenza sociale," scrive un altro. "Finché sei uno studente senza niente intestato rifai tutti i documenti in un mese, dopo diventa il delirio."

Tra le mie conoscenze l'unica ad avere problemi di questo tipo è Lara, che nella vita di tutti i giorni usa il cognome di sua madre "molto semplicemente perché nel mio vero cognome c'è la parola 'cacca'." Il motivo per cui non va all'anagrafe a farselo cambiare, però, è proprio questo: per non dare un dispiacere a suo padre. "Stavo per farlo, ma quando l'ho detto a mio padre era talmente triste che ho deciso di sacrificarmi per lui e portarmi 'sta merda dietro per tutta la vita," mi ha detto. "Comunque in generale quando lo spiego le persone capiscono, quindi la vivo abbastanza serenamente."

Lo stesso discorso vale per me: probabilmente mio padre non sarebbe molto contento di vedere la mia scelta ufficializzata davanti allo Stato, e non me la sento di dargli un dispiacere gratuito. Allo stesso tempo, proprio perché accettare il proprio cognome è una consuetudine così radicata, anche il ramo materno della mia famiglia mi farebbe storie se provassi a cambiarmelo. Quando ho tentato di spiegare le mie intenzioni in questo senso mi sono sempre sentito dire di lasciar perdere, che il mio cognome è quello e devo accettarlo, di non essere immaturo.

Intanto per ora continuo ad avere due nomi, uno pubblico e uno che cerco per quanto possibile di tenere nascosto—cosa che in realtà ha poco senso visto che l'ho usato per quattro quinti della mia vita finora, in ogni tipo di occasione, e che decine e decine di persone mi conoscono così. Con le dovute differenze è un po' come per i nomi segreti dei nativi americani, che accanto al loro nome ne avevano un altro sacro, noto solo a loro e allo sciamano della tribù, che consideravano la loro vera identità.

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