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Una mia foto sulla prevenzione sessuale è stata usata per una squallida campagna omofoba

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Anche se gli ultracattolici sono molto attivi sui social e su Internet, una parte non indifferente della loro propaganda è ancora analogica. Il campionario è molto vasto: ci sono i maxi-cartelloni antiabortisti di cui abbiamo parlato più volte su VICE; i bus anti-gender; i feti di plastica distribuiti alle manifestazioni; spille a forma di piedini di embrioni; le riviste autoprodotte.

Una di queste si chiama Informa Milano, sostiene di dire “quello che gli altri non vi dicono” e ha un metodo di distribuzione artigianale—nel senso che viene messa nella cassetta delle lettere di ignari cittadini.

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Anche se lo stile grafico potrebbe farlo sembrare un bollettino comunale, i contenuti sono di natura molto specifica: bufale. Come le malattie infettive “diffuse dai comportamenti dei gay”, “l’ideologia gender,” le “lobby gay,” l’aborto che “uccide i bambini,” e così via. Il tutto accompagnato da un linguaggio feroce, ossessivamente incentrato sui “vizi sessuali” e sulla “degenerazione morale” delle persone LGBTQ+.

Come ha ricostruito il giornalista Simone Alliva, il giornaletto esiste dal 2016 e finora ha avuto una circolazione pressoché inesistente. Del resto, la semiclandestinità è rivendicata nel sito della rivista. Il responsabile è Angelo Mandelli, membro dell’associazione antiabortista Ora et labora in difesa della vita e attivista di ProVita, onlus dietro ai Family Day e al Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona.

Nell’ultimo numero—oltre alle cose citate sopra—si prende di mira anche Pietro Turano, vicepresidente di Arcigay Roma e attore.

È stata, infatti, pubblicata una foto in cui Turano sorregge un cartello con un messaggio dai toni violentemente omobitransfobici. Si tratta di un falso: la scritta è stata aggiunta malamente con Photoshop e ribalta completamente il messaggio originario di una campagna di Arcigay del 2017 sulle strategie di prevenzione dell’Hiv come PrEP e TasP. Ne abbiamo parlato nel corso di un’intervista.

VICE: Ciao Pietro. Anzitutto, come sei venuto a sapere che una tua immagine era stata usata per fare propaganda omobitransfobica?
Pietro Turano
: Mi ha contattato un amico medico, che si è sempre occupato di salute all’interno di Arcigay, inviandomi la foto della pagina di questo giornaletto, ma non riuscivo a capirne il contesto. Inizialmente mi sono agitato, perché mi sembrava assurdo che la mia foto fosse stata prima manipolata con parole così forti, e poi anche stampata.

Solo dopo, approfondendo, ho scoperto da dove arrivasse. Nell’arco della stessa serata, poi, mi hanno contattato diverse persone, chiedendomi se fossi venuto a conoscenza dell’immagine. All’interno della comunità, quindi, ha avuto una certa visibilità. Per dire: l’amico che mi ha contattato per primo non è nemmeno di Milano.

Cos’hai pensato quando hai visto il tuo volto associato a quegli slogan e quelle pagine?
Ho iniziato a fare attivismo a 15 anni proprio per esorcizzare la paura della discriminazione e dell’emarginazione. E di quello che per alcuni era il mio punto debole ne ho fatto una bandiera, e in assoluto il punto di svolta di quella consapevolezza. Quindi figuriamoci se mi può scalfire una cosa del genere, soprattutto se fatta da certi personaggi.

Il fatto mi ha dato fastidio fondamentalmente per due motivi. Il primo è la presunzione di pensare di poter fare quel che si vuole con l’immagine di altri. Il secondo è che ho dovuto prendere in considerazione l’esistenza di quell’immagine. Anche pubblicandola in prima persona per denunciarla, o rispondendo alle tue domande, devo scendere a patti con il fatto che quell’immagine è in circolazione. Pur essendo falsa viene comunque vista, e non è piacevole.

Sui social hai annunciato che sporgerai querela. È la prima volta che ti capita, giusto?
Sì, sporgo querela per la prima volta. Sono anche contento che un’intera rete di persone—e anche questo è il bello di far parte di una comunità e di un’associazione—mi abbia scritto sin da subito per offrirmi aiuto. Non mi aspettavo che avrei preso la decisione di denunciare, ma penso sia importante farlo.

Nei miei anni di attivismo ho assistito a casi di ogni genere, anche molto più gravi del mio, ma purtroppo non tutte le persone si possono permettere di denunciare le situazioni che vivono. Penso che quando ci si trova in una situazione di “privilegio” sia necessario denunciare sia mediaticamente che legalmente.

È importante ribadire che non tutto è lecito. Non si può scrivere qualsiasi cosa spacciandola per “libera informazione.”

A questo proposito: questo giornaletto sostiene di fare “libera informazione,” ma è fatto dagli stessi personaggi che dicono che l’omofobia non esiste e—giusto per fare un esempio—descrivono il ddl Zan come un provvedimento “totalitario”. In un caso del genere, insomma, si può parlare di “libertà d’espressione” o siamo di fronte a qualcos’altro?
Io sono un personaggio pubblico, ma non ho dato il permesso a nessuno di utilizzare la mia faccia sulle loro pagine. Chi agisce in questo modo finisce sempre per utilizzare dei metodi prepotenti, mascherandoli come “libertà d’espressione.”

Per quanto sia sacrosanto il diritto di esprimere il proprio pensiero, la libertà d’informazione non è libertà d’odio; e soprattutto, non è libertà di promuovere campagne d’odio utilizzando impropriamente l’immagine di persone che spendono il proprio volto per lottare proprio contro quelle manifestazioni d’odio.

Non si capisce davvero perché, quando si parla di persone LGBTQ+ o questioni legate al genere, si debba aprire il dibattito su cosa sia o meno la “libertà d’espressione.” Perché dobbiamo rimetterci e trovarci dentro dibattiti in cui chiunque si mette a sindacare su cosa sia giusto o sbagliato nelle nostre identità o esperienze di vita?

Proprio per questo è necessario una legge adeguata, che ci tuteli da questo punto di vista e che influisca culturalmente sulla percezione collettiva. Esattamente come vale per tutte le altre minoranze già tutelate e difese dalla legge.

A questo proposito, sono state sollevate osservazioni anche sul ddl Zan.
Partendo dalla fattispecie di questo caso, non sappiamo dire se la futura legge—per come è ora—potrebbe effettivamente costituire aggravante: poiché diversamente da tutte le altre normative che tutelano le varie minoranze, in questo DDL è stato tolto il reato di propaganda d’odio.

Per raggiungere un compromesso con chi non lo voleva, anche dentro la stessa maggioranza, è stato inserito un articolo [il numero 4] che ribadisce libertà di opinioni sulla base di convincimenti personali. In realtà questo è già un diritto costituzionale, ma ripetuto in una legge nata per contrastare le discriminazioni rischia di legittimarne alcune di fatto depotenziandola in sede legale, sulla base di eventuali interpretazioni strumentali della norma.

Spero che non ci sarà spazio per queste eventualità, ma pensando al mio caso non posso non riflettere su questo pericolo plausibile.

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