Cinque anni fa mi sono trasferito in un quartiere di Brooklyn a New York, lontano dalle luci abbaglianti di Times Square, i grattacieli di downtown Manhattan, e i ristoranti chic del West Village. Il mio appartamento non era (e non è tuttora), circondato da boutique eleganti e nemmeno da Brownstone, le celeberrime case a schiera newyorchesi tipiche proprio di questa zona. Non ci sono neppure i passeggini con dentro i figli dei ricchi professionisti del quartiere.
Il primo giorno di nuova vita qui, io e i miei coinquilini abbiamo subito sentito voglia di pizza. Messo in moto Yelp, abbiamo trovato un posticino, la Toby’s Public House, a pochi minuti da casa nostra. Non si sa come, nonostante il nome vagamente simile a quello dei pub frequentati dagli hooligan a Manchester, la Toby’s Public House vantava alcune delle migliori recensioni per la pizza della zona.
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Disorientati e anche un pochino preoccupati, ci siamo incamminati verso il locale. I nostri passi perplessi hanno trovato sollievo solo quando, in testa, ci è balenata una delle grandi verità del mondo, e cioè che la pizza è come il sesso. Quando è buona, è veramente buona. Quando non lo è, va bene lo stesso.
Inaspettatamente, si trattava della pizza migliore che io avessi mai mangiato a New York.
Ricapitolando, un locale totalmente a caso, dal nome e gli interni uguali a quelli di un comunissimo e mediocre bar inglese serviva, non si sa come, la migliore pizza che io avessi mai mangiato in quella che è la città dalle centinaia di pizzerie. E intendiamoci, qui non si trattava del classico trancio da $2 (sebbene sull’arte della pizza al trancio di New York si potrebbe aprire un intero capitolo, ma questa è un’altra storia), bensì di una buona pizza napoletana, di quelle dalla crosta sottile, ma non troppo sottile, morbida, dall’impasto perfetto, con un mucchio di mozzarella di bufala fumante sopra (e non formaggio imbustato e grattugiato), e una passata di pomodoro bilanciata, dal sapore pungente.
(Sono italiano e, come tale, non ho problemi nell’affermale che la pizza napoletana sia come una vera e buona pizza dovrebbe essere. Sono cresciuto in Italia, vicino a Milano, e a Barcellona, dove ho passato la maggior parte della mia adolescenza a una pizzeria napoletana gestita da degli amici.)
Se c’è una cosa che ho imparato in questi sei anni di vita a New York, è che trovare una buona pizza napoletana in un quartiere che non dispone nemmeno di negozi d’alimentari decenti, sia molto difficile. A quanto pare, però, è più facile assaporare una pizza gustosa a New York che nella maggior parte delle città italiane.
Esatto, avete letto bene. Basta pensare al fatto che anche adesso, seduto qui nel mio ufficio a Williamsburg, mi basterebbe rimanere nel raggio di tre chilometri per trovare almeno mezza dozzina di ristoranti in cui viene servita dell’ottima pizza napoletana. Lo so che può suonare strano, ma vi sfido a guardarmi direttamente negli occhi e a dirmi che anche voi, nella vostra città o in qualsiasi altra località italiana (come Venezia), avete accesso a una simile varietà di pizze buone e preparate secondo tradizione.
Certo, avrete accanto dozzine di pizzerie. Ma la realtà dei fatti è questa: molte delle pizzerie o ristoranti presenti in città che non siano a Napoli (o zone limitrofe), servono pizza solo perché lo richiedono i turisti e perché tutti gli Italiani amano la pizza. E non si tratta nemmeno di una pizza napoletana buona. A seconda di dove vi trovate, una pizza consumata a Milano o Roma può risultare significativamente diversa da una presa a Napoli, soprattutto per via della diversa qualità degli ingredienti e dei pizzaioli che non sanno esattamente cosa stiano facendo (non basta guarnire dell’impasto con un po’ di salsa di pomodoro e formaggio).
Vi sfido anche ad andare a Firenze o Roma, mangiare la prima pizza che vi capita a tiro, e dirmi che è buona. (Amici romani, scusatemi, ma la pizza alla romana è sottilissima, troppo croccante e cucinata con un impasto piuttosto insipido. Non la si può proprio paragonare a quella napoletana).
La cucina italiana è estremamente regionale e, per questo motivo, l’unico posto in cui è possibile trovare dell’autentica e ottima pizza napoletana è a Napoli e dintorni. E se si lasciano un attimo i moti patriottici da parte, è facile appurarlo.
Nessuno al mondo ha perfezionato l’arte della pizza tanto bene quanto i napoletani (è questo il motivo per cui c’è un’associazione che richiede ai pizzaioli di prendere delle licenze obbligatorie dove non si promuovono cliché come quello di girare l’impasto in aria).
E sapete si possono trovare un sacco di napoletani, oltre che a Napoli? Esatto, a New York. Non a caso, la prima pizzeria statunitense è stata aperta da un napoletano, mentre la pizza newyorkese è ispirata direttamente a quella napoletana.
A rendere ottima la pizza newyorchese non sono però stati solo i numerosi immigrati italiani dei primi decenni del Ventesimo secolo. Nella Grande Mela è arrivata una nuova ondata di trapiantati italiani, fra i quali spiccano delle vere e proprie star della pizza. Negli ultimi anni, ad esempio, molte delle più famose pizzerie napoletane come Starita e Sorbillo hanno aperto le proprie filiali a New York (chiamate rispettivamente Don Antonio e Sorbillo NYC.)
Quindi, per concludere, amici stranieri, se vi trovare in Italia e siete alla ricerca di una buona pizza, fate prima un po’ di ricerche e andate all’avanscoperta di pizzeria napoletane autentiche. O forse fate prima a optare per piatti completamente diversi, dopotutto la cucina italiana è piena zeppa di prelibatezze.
Perché ok che una pizza italiana cattiva vada bene lo stesso, però a questo punto tanto vale comprare un biglietto per New York.
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Lorenzo Franceschi-Bicchierai scrive di hacker e cybersecurity su Motherboard. È nato in Spagna, ha trascorso l’infanzia nel nord Italia e vive a New York dal 2011.