“Sono giorni ormai che piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro”
Da persona appassionata di ristorazione, un settore in cui il sessismo è dilagante, mi trovo sempre più spesso ad affrontare dilemmi interiori. Posso continuare a considerare un ristorante “uno dei miei preferiti” se i proprietari, per scelta, non assumono donne né in sala né in cucina? Posso essere curiosa di provare la cucina di uno chef anche se so che è un violento o che ha opinioni fortemente razziste? Insomma: quand’è che la gola e la curiosità devono fermarsi davanti all’etica — personale prima ancora di professionale?
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Quando mi sono trovata davanti alla porta di Posto Ristoro invece mi sono posta il dilemma contrario: quando si parla di ristoranti, possono le idee giuste sostituire i sapori di un piatto, la piacevolezza dell’esperienza, insomma il puro divertimento gastronomico? Come avrei poi scoperto, il dilemma non si sarebbe posto. Posto Ristoro ha aperto una settimana fa a Castenaso, paese della periferia bolognese e, come i più accorti di voi avranno già notato, deve il nome a un libro piuttosto celebre: Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli.
“Non mi sono sentita capita perché non rispecchiavo uno ‘standard’ di cliente donna. Non si può fare questo mestiere senza dare l’adeguata importanza all’accoglienza”
L’accoglienza a Posto Ristoro è super informale e rilassante anche in dettagli (apparentemente) di poco conto: i bagni sono agender (le porte presentano le scritte Coming In e Coming Out e un piccolo cartello con riflessioni sull’argomento) ma soprattutto ci sono tamponi e assorbenti; nel corridoio ci sono specchi che chiedono a gran voce un selfie, perché dentro ci sono immagini di Lizzo, Jodie Foster e Billie Eilish.
Riassume Nora Tadolini: “Ho girato tantissimi ristoranti stellati e molto spesso — anche a livelli alti — non mi sono sentita accettata. Sono una donna, sono lesbica, mi vesto a modo mio e spesso quando entro in un ristorante vengo fraintesa, come se avessi sbagliato posto. Come nel resto della società, come quando entro in un negozio, il primo impatto conta. La discriminazione esiste e a me è capitata a tutti i livelli, sia come dipendente che come cliente. Non mi sono sentita capita perché non rispecchiavo uno ‘standard’ di cliente donna. Penso che non si possa fare questo mestiere senza dare l’adeguata importanza all’accoglienza.”
Nel libro di Pier Vittorio Tondelli il Posto Ristoro era il bar della stazione frequentato da eroinomani, gay e sex worker: “Sono giorni ormai che piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro”. Dietro l’apertura c’è Nora Tadolini, appunto, che conosco da anni e con cui ho condiviso diverse volte i tavoli dei ristoranti, precisazione che mi sembra doveroso fare insieme a quella che non ho pagato la mia cena perché mi ha invitato ma, sempre come vedremo tra poco, ho intenzione di tornarci il prima possibile e pagare molti conti a venire.
“Le scelte dei prodotti sono guidate dall’etica: l’unica carne che prendono è quella di selvaggina, gli unici formaggi sono quelli di capra, il pesce viene dall’Adriatico”
Nonostante sia stata lei ad aprire il locale, Nora non ama certo definirsi “proprietaria”, anzi, allo stesso modo in cui non vuole che nella brigata si parli di posizioni gerarchiche, capi e sottoposti: “Mi sento ancora una dipendente più che un’imprenditrice, quindi mi metto costantemente nei panni delle ragazze che lavorano con me,” spiega. “Le ragazze di Posto Ristoro sono Michela Mancini, Francesca De Gobbi, Carlotta Dalle Fabbriche, Giorgia Sansoni.
Un locale non lo si fa da sole ma lo si fa insieme ogni giorno, confrontandosi, sperimentando e anche facendo errori. Quando lavoravo per gli altri non mi sono mai sentita coinvolta. Ecco: io invece voglio ridare valore a ogni singola persona che mi aiuti a mettere un mattone dopo l’altro nella realizzazione del mio sogno.” Memore di tutti i luoghi di lavoro tossici che ho visto nelle mie esperienze personali e professionali mi chiedo quanto e come sia possibile creare un ambiente di lavoro diverso nei ristoranti — ma sicuramente me lo auguro.
Il valore dell’inclusività si vede anche dal menu. Io sono incinta quindi nei ristoranti ho una lunga lista di cose che non posso mangiare. Loro sono state subito gentili e disponibili nell’accogliere le mie necessità e, per quella che è la mia esperienza fino ad adesso, è raro. E lo stesso fanno con qualsiasi tipo di allergia, intolleranza o altra esigenza alimentare.
Ci sono tre percorsi degustazione diversi da cui pescare anche i singoli piatti: La Selvaggina, Il Pesce, Il Veggy e/o Vegan. Le scelte dei prodotti sono sempre guidate dall’etica: l’unica carne che prendono è quella di selvaggina, gli unici formaggi sono quelli di capra, il pesce viene dall’Adriatico (quanto possibile). “Ho scelto una cucina improntata più sui secondi, perché Bologna è la patria dei primi e volevo colmare un certo senso di vuoto che provavo,” spiega Nora. E infatti l’unica simil-pasta, ma stravolta nel rapporto forma-contenuto, sono i gyoza farciti di ragù di daino e cinghiale e serviti con besciamella di capra e fondo bruno. Una bomba. O ancora ci sono i tortellini — ma di cicerchie affumicate e cardoncelli.
È una cucina molto pop e diretta, a tratti godereccia, con influenze da tutto il mondo che si traducono ad esempio in un carrè di cinghiale con cipollotti senape e prugna strepitoso. Ogni piatto — dolci compresi, come un tronchetto di whisky e cioccolato dalla magnificenza impressionante — è servito in una porzione sostanziosa che per me è un altro segno di inclusività, lontana dallo snobismo del piattino microscopico che viene bene in foto.
I costi sono 60 euro per pesce e selvaggina e 58 per veg. Quattro portate più benvenuto della cucina più dolce a 8 euro oppure formaggi (anche vegan) a 10 euro. Nora ha lavorato a lungo nel mondo del vino quindi la cantina ha referenze per ogni tasca e inclinazione. Io e il mio compagno, mio personale metro di giudizio di quanto si stia bene o meno in un posto perché lo affronta senza impalcature concettuali e né favoritismi né pregiudizi, siamo curiosissimi di tornarci e approcciarci al menu veg, e abbiamo una lunga lista di persone da portare con noi, per un prezzo che giudichiamo approcciabile da buona parte degli amici appassionati.
“In qualche modo mi sento di costruire la mia casa anche se so bene che non è “esattamente” casa mia, dice Nora. “Posto Ristoro è un luogo aperto a più persone possibile, a tutt* coloro che avranno voglia di stare bene insieme a noi.” Posto Ristoro sarebbe una bella avventura coraggiosa ma lo è ancora di più a Bologna: “Volevo proporre qualcosa che non fossero solo tagliatelle, tortellini e lasagne. Li adoro, ci sono cresciuta, ma penso che a Bologna ci sia spazio anche per altro, e che sia pronta anche per Posto Ristoro.”
Anticipo a Nora una domanda che sono sicura arriverà a me dai miei lettori e a lei dai suoi clienti: perché a Posto Ristoro ha scelto di assumere solo donne o persone della comunità LGBTQI+? “Per la ricerca delle persone (non del personale) perché vogliamo essere quello 0,000001% che da questa opportunità. Se googli su Internet “brigata di cucina” quante donne vedi nelle foto? La ricerca risorse è spesso rivolta a uomini, anche solo nel linguaggio, maschile plurale. Noi vogliamo essere la differenza.”
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